20.

6K 144 29
                                    

«Signor Dybala» sento esclamare una voce e socchiudo gli occhi, cercando di riprendermi dal torpore. Una donna vestita palesemente da turista è in piedi, davanti a noi e ha gli occhi spalancati.

Paulo geme, stendendo le braccia e girandosi dall'altra parte. Prendo la sua mano e leggo l'orario sull'orologio costosissimo che ha al polso.

«Cazzo, Paulo, è tardissimo!» esclamo, tirandomi in piedi e facendolo svegliare di botto. Il nostro aereo parte tra esattamente cinque minuti e non sappiamo nemmeno a che gate dobbiamo andare.

«Muovi quel culo sodo, dobbiamo correre» continuo, prendendo la mia valigia e incoraggiandolo ad alzarsi. Lui si stropiccia gli occhi, socchiudendoli.

«Che ore sono?» chiede, mettendosi in piedi e stiracchiandosi tranquillamente, come se non stessimo per perdere tempo il volo.

«Le quattro e mezza» lo trascino con me e lui afferra la sua valigia all'ultimo secondo, per poi affiancarmi e fidarsi ciecamente di dove sto andando. E io non sono mai stata in un aeroporto.

«Vieni, muoviti» mi incita, indicando un gate con su scritto "Torino". Gli corro dietro, battendo impazientemente la punta del piede mentre lui si affretta a mostrare i biglietti e i passaporti.

La hostess lo squadra poco decentemente e poi mi rivolge uno sguardo di sufficienza, guardando male i miei leggings e la felpa leggera che ho addosso.

«Andiamo» Paulo mi prende per mano e la gentilissima signorina alza entrambe le sopracciglia, ridacchiando, mentre guarda il suo collega che scuote la testa, sorridendo.

Saliamo in aereo e seguo Paulo, stringendo la sua mano mentre tutta la gente vestita bene in prima classe ci guarda annoiata. Lui si lascia cadere sul sedile del corridoio, indicandomi quello vicino al finestrino.

«Comunque quella hostess era bruttina» mima con le labbra, facendomi ridere, mentre sistema il suo zaino sotto il sedile e si allaccia la cintura. Lo imito, cercando di rilassarmi.

«Stai tranquilla» mi prende la mano, disegnandomi dei cerchi invisibili con il pollice sul dorso nel disperato tentativo di farmi calmare. Io annuisco, poco convinta.

Una signora sulla sessantina ci indica al marito, vestito di tutto punto, assumendo un'espressione adorante in viso. Io chiudo gli occhi. Chissà quanta gente avrà pensato che io e Paulo stiamo insieme come questi due signori.

Gli assistenti di volo annunciano il decollo e io sospiro, cercando di farmi forza. Stringo maggiormente la mano di Paulo, terrorizzata.

«Andrà tutto bene» mi rassicura, nascondendo una smorfia di dolore con un sorriso tenero.

«Scusami» mormoro, in imbarazzo per tutta questa paura che mi ha assalito all'improvviso e che non riesco a reprimere.

«Tranquilla, passa tutto» mi stringe la mano e mi osserva in silenzio, passando in rassegna prima i miei occhi, poi le guance, le labbra.

«Prova a dormire, aiuta» mi consiglia, spostando lo sguardo sul finestrino dietro di me. Annuisco, appoggiandomi al sedile e chiudendo gli occhi, cercando di mettermi comoda.

«Pensa solo che quando riaprirai gli occhi molto probabilmente saremmo sopra l'Atlantico o, se ci va male, sotto» mormora, ridendo tra sé e sé. Gli do uno strattone, facendogli capire che non sta aiutando, ma sorrido anche io.

Quando mi sveglio siamo sull'oceano, come aveva predetto Paulo. L'acqua è di un blu scuro e solo pensare a quanto sia profondo e quanti animali ci possano vivere mi sorprende. Non avevo mai visto una cosa così bella.

Mi giro verso Paulo che dorme beato, la sua mano ancora stretta alla mia. Ha le cuffiette alle orecchie e il film che stava guardando prima di addormentarsi continua ad andare avanti.

Mentre dorme sembra quasi un bambino: la le labbra leggermente socchiuse, le sopracciglia corrugate in una costante espressione di confusione. Stendo le gambe, cercando di levarmi di dosso il torpore che mi aveva assalito mentre dormivo.

Lascio la mano di Paulo per legarmi i capelli, senza cercare di metterli apposto e sapendo che al momento sono troppo in disordine anche solo per immaginarli.

Quando mi giro nuovamente verso di lui, ha gli occhi aperti e un'espressione soddisfatta in viso mentre si stiracchia e si toglie le cuffie, dandomi la sua completa attenzione.

«Sembri fatta da appena sveglia» alzo gli occhi al cielo, sbadigliando.

«Sei sempre così carino nei miei confronti» sbuffo, guardando di nuovo fuori dal finestrino.

«È bellissimo vero?» chiede, e mi giro per trovarlo in piedi accanto a me, piegato per avere il viso a pochi centimetri dal mio. Sta guardando anche lui il paesaggio. Tutta quella meraviglia si riflette nei suoi occhi chiari.

«Guarda che dicevo che la vista è bellissima, mica io» si gira verso di me, ridacchiando, e io deglutisco, incapace di dire nulla e presa improvvisamente dall'imbarazzo «Anche se pure questo bel faccino non scherza» si complimenta da solo, facendomi alzare gli occhi al cielo di nuovo.

«Egocentrico» mormoro, tornando a guardare quella immensa distesa di acqua.

«Eri tu che mi stavi fissando maniacalmente» mi fa notare, appoggiando la mano sulla mia spalla.

«E questa dove l'hai letta?» chiedo, stupita da quella parola così ricercata che è appena uscita dalla sua bocca.

«Su Facebook» scrolla le spalle, senza neanche cercare di far finta di dirmi che quella parola è una delle più presenti nel suo vocabolario quotidiano.

«Apprezzo l'onestà» una hostess si schiarisce la voce, facendo spostare Paulo per poter passare con il carrello e portare la cena a tutti i passeggeri.

«Visto che tu mi dici quando i ragazzi mi guardano il culo, mi sento in dovere di fare lo stesso» annuncio, cercando di parlare a bassa voce onde evitare che la ragazza mi senta.

«Quella hostess ti stava guardando il culo come se fosse quello di Belen Rodriguez» sputo, mentre lui ha un'espressione a metà tra il soddisfatto e il divertito in viso.

«Non preoccuparti, niña, non ho intenzione di dare la mia attenzione a nessuno se non a te al momento, e a quelle alette di pollo che stanno servendo per cena» si lecca le labbra, facendomi scoppiare a ridere.

«Onorata di avere tutta la tua attenzione» ringrazio l'hostess e appoggio il vassoio sul tavolino, prendendo il cellulare che avevo lasciato in carica prima di addormentarmi.

«Non essere gelosa, Jazmín è solo un'amica» sento Paulo mormorare, mi giro e vedo una scena raccapricciante. Un milionario venticinquenne sta parlando con un'aletta di pollo.

«Ma ti facevano mangiare colla vinilica al posto dello yogurt da piccolo?» gli chiedo, cercando di rimuovere la copertura dei contenitori senza scottarmi. Un'impresa impossibile.

«Credo di essere caduto dal seggiolone da piccolo» alza le spalle con nonchalance, mangiando la sua benedetta aletta di pollo.

«Si vede» sospiro, mettendo in bocca una forchettata di spinaci e rischiando seriamente di ustionarmi la lingua.

lollissimo

boh

volevo scrivere un capitolo ridicolo e l'ho fatto

ciaone😈😈

¡Mala Mía!paulo dybalaOpowieści tętniące życiem. Odkryj je teraz