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Guardo lo schermo del cellulare un'altra volta, leggendo per quella che sarà la trentesima volta lo stesso nome. Devo chiamarla, ma cosa dovrei dirle?
Quando abbiamo litigato, ha praticamente fatto tutto lei, senza nemmeno lasciarmi lo spazio per darle una spiegazione, che in ogni caso non c'è.

Riconosco di aver sbagliato e averle negato delle attenzioni che invece lei mi aveva sempre rivolto, concentrandomi completamente su Paulo e sui sentimenti che mi faceva provare.

Mi decido a premere l'icona della cornetta e attendo. Dopo un paio di squilli, il mio sguardo corre veloce all'orologio, calcolando velocemente il fuso orario. In Argentina sono le dieci, quindi dovrebbe essere perlomeno raggiungibile.

«Pronto» la sua voce è leggermente infastidita, e la posso capire.

«Ciao Lea» mormoro, cercando di mascherare il mio sospiro di sollievo con un colpo di tosse.

«Fe» replica, secca. Stiamo per un attimo entrambe in silenzio. Vorrei dire qualcosa, ma non so come cominciare.

«Penso che ci siano delle cose da chiarire» sospiro poi, appoggiando il fianco al bancone della cucina.

Paulo è tornato da Bologna al massimo da un'ora e ha ancora addosso la camicia e i pantaloni eleganti mentre guarda qualche serie televisiva, seduto sul divano.

«Almeno su qualcosa siamo d'accordo» la sua voce non si addolcisce nemmeno un po', dando una forte spinta verso il basso al mio umore.

«Possiamo... non so, parlare tranquillamente, senza inutile sarcasmo o cinismo?» le chiedo, già disperata per come sta andando questa telefonata.

«Va bene, che cosa vuoi dirmi?» sospira Lea, dopo qualche attimo di silenzio. Mi rigiro un bicchiere tra le mani, lasciandolo appoggiato sul ripiano, pensando a come formulare una frase di senso compiuto.

«Riconosco di aver sbagliato. Tutto ciò a cui pensavo in quel periodo erano Lautaro e Paulo e ho trascurato la mia migliore amica, dimenticando anche solo le piccole cose, tipo la tradizione dei film di Zac Efron con le patatine bianche tutti i venerdì» l'atmosfera sembra congelarsi un attimo, ma poi la sua risata leggera alleggerisce il tutto.

«È quasi un mese che non portiamo avanti questa tradizione» mi fa notare, con tono malinconico.

«Fammi finire, poi parliamo di quel bono raro di Zac Efron» esclamo, cercando di non perdere il filo del e finire a parlare dell'attore americano.

«Okay okay, scusami» sento Lea ridere sonoramente dall'altra parte della linea e mi si scalda il cuore a sentire quel suono dopo tanto tempo.

«Io... Pretendevo tanto da te ma nell'ultimo periodo ti ho dato nemmeno un quarto di quello che non mi facevi mai mancare tu, e me ne sono resa conto solamente quando me l'hai schiacciato in faccia» mi siedo sul bancone della cucina, tenendo in equilibrio il telefono tra l'orecchio e la spalla mentre porto le ginocchia al petto e le cingo con le braccia.

«Ho sbagliato anche io a dirtelo così, non avrei dovuto tenermelo dentro per tanto tempo e poi scoppiare» sospira lei. Mi fa piacere che dopo tanto tempo riusciamo a parlare tranquillamente.

«E mi dispiace di averti detto di tuo fratello così» dice, decisamente a voce più bassa. Ripenso a quella scena e non so se inorridire o scoppiare a ridere.

«È stato abbastanza sconvolgente, effettivamente, ci ho messo un po' a metabolizzarlo» ridacchio, cercando di tranquillizzarla sul fatto che non mi dia assolutamente fastidio che lei e mio fratello si frequentino.

«Lo so e credimi che volevo dirtelo da un po', ma non mi sembrava mai il momento giusto e non sapevo come avresti reagito» rivolgo il mio sguardo a Paulo, che mi sta fissando insistentemente da un po'. Copro l'estremità inferiore del telefono per evitare che Lea mi senta.

¡Mala Mía!paulo dybalaWhere stories live. Discover now