64.

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«Sono sfinito» la porta di casa si chiude con un suono sordo giusto dopo la breve dichiarazione di Paulo, seguita dal tonfo causato dal borsone con i vestiti del l'allenamento che ha fatto cadere a terra come al solito.

Alzo lo sguardo dalla padella, facendo svolazzare i ciuffi di capelli che sono sfuggiti al mio vano tentativo di fare una coda.

«Bentornato» esclamo, mettendomi in punta di piedi per baciarlo. Con le sue mani gelate mi accarezza il viso e il collo, facendomi rabbrividire.

«Ti prego, hai le mani gelate» mi allontano da lui, tornando alla padella dove sto facendo cuocere la cena.

Sento la risatina insolente di Paulo, poi le sue mani gelati sulla mia vita, sotto la felpa slavata di mio fratello che stamattina avevo deciso di indossare.

«Cosa cucini, niña?» appoggia il mento sulla mia spalla, osservando la padella mentre mastica qualcosa, probabilmente un pezzo di pane.

«Una frittata, l'unica cosa che potessi cucinare con quello che hai nel frigo e il poco tempo che mi è rimasto. Stasera ho accompagnato tua madre in aeroporto, prima ho messo apposto la camera degli ospiti e messo a lavare le lenzuola, ho pulito per terra in tutta la casa e, quando volevo prepararti la cenetta come una perfetta casalinga, ho scoperto che nel tuo frigo c'era solo latte di soia, qualche busta di insalata e una quantità impressionante di uova» riassumo la mia giornata a grandi linee, spegnendo il gas.

«E dimmi, in tutta questa frenesia, ti sei ricordata di fare il bagnetto a Lucifero?» mi rivolge un sorriso di scherno, facendomi alzare gli occhi al cielo.

«Simpatico, Dybala, veramente» prendo un piatto e ci metto la frittata, per poi metterla in tavola accanto a due terrine piene fino all'orlo di verdura.

«Tranquilla, Cenerentola, è arrivato il Principe Azzurro» fa finta di sistemarsi una giacca elegante sulle spalle, con la schiena dritta e il portamento di un vero principe.

«Siediti, Principe, che sto morendo di fame» annuisce, probabilmente d'accordo sulla parte della fame, e si accomoda davanti a me, prendendo subito un pezzo di pane dal tagliere e mettendoselo in bocca mentre condisce l'insalata.

«Hai detto che hai lavato le lenzuola della camera degli ospiti, pensavo che visto il cattivo sangue che scorre tra te e mia madre le avresti bruciate di nascosto» dice, tra un boccone e l'altro.

«Tranquillo, ho aggiunto del disinfettante al detersivo, così se ti venisse la malsana idea di farmi dormire in quelle lenzuola sarei al sicuro» ribatto, dicendo effettivamente la verità.

Paulo scoppia a ridere proprio mentre sta masticando l'insalata, facendo sì che gli vada di traverso. Mi alzo in piedi, battendo sulla sua schiena con una mano per evitare che si soffochi e mi muoia davanti.

«Penso che lei avrebbe fatto lo stesso, se si fosse trovata in una situazione simile» ammette poi, dicendomi ciò che già immaginavo, ossia che l'odio che sua madre prova nei miei confronti non si è attenuato nemmeno dopo la magnifica serata di Natale che abbiamo passato insieme.

«Sì, penso anch'io» mormoro, abbassando lo sguardo verso il mio piatto.

«Ehi, tutto bene? Ti vedo un po' giù» il suo sguardo preoccupato incontra il mio e, dopo qualche attimo di silenzio, sospira, alzandosi dalla sua sedia, posizionata esattamente davanti alla mia, e fa il giro del tavolo, piegandosi sulle gambe e guardandomi dal basso.

«Cosa pensi che io debba fare per piacerle?» chiedo, un po' intimidita dalla figura di Alicia che in qualche modo è sempre presente, anche se ormai si trova dall'altra parte del mondo.

¡Mala Mía!paulo dybalaWhere stories live. Discover now