55.

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Arrivo a Torino nel primo pomeriggio e le basse temperature della città italiana mi fanno subito rabbrividire.
La felpa che Paulo mi ha prestato per dormire da lui è pesante, ma non abbastanza per proteggermi dal gelido inverno torinese.

Guardo le persone che stanno aspettando agli arrivi, esaminando anche in lontananza per vedere se ci sono dei volti familiari.
I suoi occhi verdi riescono a farsi distinguere dalla folla, rubandomi un sorriso mentre marcio verso di lui, trascinando la valigia dietro di me.

Allaccio le braccia dietro al suo busto prima che possa dire qualsiasi cosa, seppellendo il viso nel suo petto e inspirando il profumo buonissimo che emana. Dio, quanto mi è mancato.

Mi lascia dei baci tra i capelli, cercando di non far cadere il cappuccio della giacca e rivelare all'intero aeroporto di essere Paulo Dybala.

Mi allontano un po' da lui, accarezzandogli i capelli più corti e avvicinandomi di nuovo per baciarlo, premendo le labbra sulle sue e, prima di staccarmi di nuovo, passando la lingua sul suo labbro inferiore, per sentire, finalmente, di nuovo il suo sapore.

Sorride, prendendomi per mano e facendomi fare un giro su me stessa, osservandomi da capo a piedi, come se lui fosse un morto di fame e io l'ultima porzione di alfajores disponibile al mondo.

Mi stringe di nuovo a sé, accarezzando i miei fianchi sotto la felpa con le sue mani gelide, facendomi rabbrividire.

«Non solo ti rivedo dopo un mese e sembri essere addirittura più bella di prima, ma hai pure addosso i miei vestiti» mormora, a pochi millimetri dal mio orecchio. La sua voce roca mi fa sentire immediatamente meno freddo «Tu mi vuoi uccidere» continua, allontanandosi da me e sorridendo teneramente.

«Mi sei mancato tantissimo» ammetto, stringendogli la mano.

«Come sono andati gli esami?» chiede, dirigendosi verso l'uscita dell'aeroporto e cingendomi le spalle con il braccio.

«Sono andati, diciamo, ieri ho fatto l'orale» sospiro, ricordando il caldo infernale che mi ha accompagnato in queste intense settimane di studio.

«Immagino sia andato bene, a te non va mai niente male» gli rivolgo uno sguardo poco convinto, mentre lui rovista nelle tasche del giubbotto con la mano libera.

«Ho litigato con Lea la scorsa settimana, non sono riuscita a concentrarmi molto sullo studio e l'orale è andato di conseguenza» ammetto, prendendo la mia valigia e mettendola nel bagagliaio, mentre lui fa il giro della macchina e si siede al posto del guidatore. Mi siedo accanto a lui, accendendo quasi subito il riscaldamento dell'auto.

«Avete litigato? A me siete sempre sembrate inseparabili» si mette la cintura, controllando lo specchietto, per poi girarsi verso di me, che lo sto guardando da quanto ci siamo seduti in macchina. Com'è possibile che sia sempre così bello?

«Abbiamo litigato» annuisco, guardandolo negli occhi «Perché non le avevo detto che sarei venuta a Torino» cerco di trovare le parole più semplici per spiegargli la discussione che abbiamo avuto.

«Non capisco» stringo le sue mani tra le mie, nel disperato tentativo di capire come spiegargli una cosa del genere.

«Diciamo che Lea si è sentita trascurata in questo periodo, dice che da quando mi rivolgi delle attenzioni penso e parlo sempre e solo di te, senza lasciare spazio a lei per raccontarmi cosa succede nella sua vita» sospiro, abbassando lo sguardo. È stata dura andare a scuola senza di lei in questi giorni «E poi mi ha detto che si fa Arturo, da mesi ormai» aggiungo, ancora perplessa da quella confessione.

«Arturo? Ma Arturo tuo fratello?» aggrotta la fronte, e io annuisco semplicemente, senza sapere cosa aggiungere. Sospira, girando la chiave nel quadro e ingranando la prima, per poi posare una mano sulla mia coscia, accarezzandola.

«Mi dispiace, non volevo farti litigare con la tua migliore amica» mormora, quasi impaurito di dire una cosa del genere e probabilmente temendo una litigata con me.

«Non è colpa tua, lo sai anche tu» lo rassicuro, prendendo tra le mani la sua mano e rivolgendogli uno sguardo, cercando di rassicurarlo.

«Però un po' ha ragione anche lei: da quando ci stiamo frequentando entrambi non abbiamo fatto altro che pensare a come vederci, trascurando un po' tutto il resto» sfila la mano dalle mie per cambiare marcia, tenendo lo sguardo fisso sulla strada.

«Lo dici come se in questi mesi avessi giocato rovinosamente» piego la testa di lato, cercando di capire cosa intenda.

«Chi mi ha preso al fantacalcio sta per buttarsi da un ponte» mormora, arrabbiato più con sé stesso che con chiunque altro.

«Non ho la minima idea di cosa sia il fantacalcio» ammetto, senza cercare di fingere di sapere più di quello che in realtà so.

Paulo ridacchia, fermandosi al semaforo e girando leggermente la testa di lato per guardarmi negli occhi. Ci scambiamo degli sguardi complici, silenziosamente, aspettando che il semaforo diventi verde.

«Non so come abbia fatto a vedere così tante cose in questo mese e reputarle belle, per poi vedere te oggi e capire che sei la più bella di tutte» mi accarezza la guancia, per poi ripartire, lasciandomi piacevolmente sorpresa dalle sue parole.

«Grazie, non me l'aspettavo» mormoro, senza sapere cosa aggiungere. I suoi occhi vivaci sono attenti, osservando la strada.

«È la verità, niña» scrolla le spalle, entrando nel garage di casa sua. Parcheggia agevolmente tra la fila di macchine, per poi slacciarsi la cintura e stamparmi un bacio sulla guancia, scendendo dalla macchina.

«Prendo io la tua valigia, non preoccuparti» dice, mentre scendo dalla sua macchina sportiva, seguendolo verso l'ascensore mentre trascina il mio trolley.

«Su ci sono Fede e Nahuel, gli ho detto di andarsene prima che arrivassi perché probabilmente saresti stata troppo stanca per vedere chiunque a causa del viaggio, ma l'ultima volta che quei due mi hanno ascoltato erano passati un paio di anni dal rigo di Giordano Bruno» sospira, entrando nell'ascensore. Ridacchio alla sua affermazione, leggermente stupita.

«Sai chi è Giordano Bruno?» chiedo, ignorando tutto ciò che mi ha detto prima. Vedere Fede e Nahuel dopo tanto tempo non mi da sicuramente fastidio.

«Sono un uomo dalle mille risorse» mi fa l'occhiolino, per poi prendere il telefono e cingermi i fianchi con un braccio.

«Ti fai sempre le foto in questo ascensore» gli faccio notare, mentre lo vedo aprire l'applicazione della fotocamera.

«Hai ragione, e io e te non abbiamo ancora una foto insieme» mi guarda, alzando leggermente un sopracciglio.

«Non è sicuramente il momento per farne una, visto che sembra che sia appena atterrato un aereo di linea sulla mia faccia» mi guarda negli occhi, divertito dalla mia affermazione.

«Se non esistessi dovrebbero inventarti» mormora, lasciandomi un bacio a fior di labbra, per poi appoggiare il mento sulla mia testa. Nascondo il viso nelle pieghe del suo giubbotto, rabbrividendo per quanto sia freddo.

lollissimo

yoooooooo friendssss
sono ufficialmente in vacanza e giuro che sto per fare i salti di gioia!!🤩🤩

come è stata la fine della scuola per voi? avete già avuto le pagelle? io sì, e sono abbastanza contenta!

spero che il capitolo vi sia piaciuto, aspetto vostre opinioni su questo e sull'intera storia

adesso vado a sotterrarmi sotto una coperta e a guardare film di natale stupidamente romantici giusto per ricordarmi quanto sono single

ciaone💖

¡Mala Mía!paulo dybalaWhere stories live. Discover now