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«Posso guidare io?» chiedo, le chiavi della sua macchina in mano e il mio telefono nell'altra.

Nahuel e Paulo si scambiano uno sguardo preoccupato e sembra che stiano avendo una completa conversazione nei pochi attimi in cui i loro sguardi si incontrano.

«Non la Maserati» sorride il secondo, porgendomi le chiavi della sua Jeep facendo finta di niente.

«Non ti fidi abbastanza di me?» alzo un sopracciglio esaminando le chiavi che tiene in mano con uno sguardo perplesso.

«Non c'è benzina» Nahuel scrolla le spalle e ridacchia, per poi dare una leggera spinta all'amico perché confermi la sua tesi.

Faccio finta di non aver capito che il tutto è una balla e prendo le chiavi che mi sta porgendo Paulo, per poi uscire dall'appartamento.

«A che ora hai detto che sarebbe arrivato?» chiedo, scendendo le scale davanti ai due che si stanno dicendo qualcosa sottovoce.

«Mi ha scritto che sarebbe atterrato alle tre e mezzo circa» dice Nahuel, controllando il cellulare.

«Che strano, siamo in ritardo!» esclamo, girandomi verso l'altro ragazzo, che è stranamente silenzioso.

«Aspetterà in aeroporto, gli facciamo già un enorme favore ad andarlo a prendere» sbuffa Paulo, guardando dall'altra parte.

È venuto a sapere da me che Lautaro sarebbe venuto a giocare a Torino e sicuramente non l'ha preso nel migliore dei modi, visto che praticamente tutta la sua famiglia gli aveva nascosto il fatto che il nipote lo avrebbe presto raggiunto in Italia.

«Non fare così, c'è anche Dolores» lo prendo per mano e lo trascino con me nel garage. Mi dispiace che Paulo e Lautaro abbiano un rapporto conflittuale e so in parte di esserne la causa.

«Sei sicura di voler guidare tu?» mi chiede, aprendo la portiera del passeggero e salendo in macchina.

«Sì, non sono una completa inetta come pensate voi» guardo i male i due che hanno ancora un'espressione preoccupata dipinta in viso e salgo in macchina, per poi allacciare la cintura.

💘💘💘

«Dio mio» boccheggia Nahuel, scendendo velocemente dalla macchina e piegandosi per terra, tenendo con le mani lo stomaco.

Paulo sbatte un paio di volte le palpebre e poi si gira sconcertato verso di me che, con la solita calma che mi contraddistingue, slaccio la cintura e mi sistemo i capelli.

«Ma è il mondo che gira intorno a me o solo Fe che non sa guidare?» esclama il ragazzo fuori dalla vettura, cercando un appiglio sul fianco liscio della macchina.

«Se non vuoi tornare a casa a piedi stai zitto» taglio corto io, scendendo scocciata dalla macchina e sbattendo la portiera, infastidita dal comportamento di entrambi.

«Ehi, calmati! Puoi evitare di sbattere la portiera?» Paulo mi segue a ruota e sembra ancora più infastidito di me.

In questi ultimi giorni, gli unici in cui sono stata qui, la situazione è sempre stata molto tesa. Io ho dormito poco per via del viaggio e del fuso orario, lui per colpa mia che mi alzavo continuamente dal letto senza riuscire a trovare un attimo di pace.

A questo si è anche aggiunta la scoperta del trasferimento di Lautaro e il fatto che io avessi il ciclo. Un periodo rosso, insomma. Letteralmente.

«Problemi in paradiso?» sento Nahuel borbottare, prima che il ragazzo lo zittisca con qualche insulto veloce e indefinito, che non riesco nemmeno a intendere.

Sospiro, continuando a camminare davanti ai due. Entro nell'aeroporto, invaso dalla massa di persone e dall'odore di disinfettante mischiato a quello emanato dalla felicità di chi parte e dalla tristezza di chi deve abbandonare chi ama.

¡Mala Mía!paulo dybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora