24.

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«Paulo!» esclamo, rabbrividendo a causa della temperatura bassissima dell'acqua «L'acqua è gelata, ti prego» mi lamento, guardandolo a fatica a causa dell'acqua che mi finisce continuamente negli occhi.

«Cosa ti ha fatto pensare, stamattina quando ti sei svegliata, che la tua bellissima maglietta bianca sarebbe rimasta al sicuro, o perlomeno intatta, con me intorno?» chiede spontaneamente, tra le risate, facendomi sentire ancora più in imbarazzo.

Si avvicina a me, posizionandosi anche lui sotto il getto di acqua fredda. Alza il viso, chiudendo gli occhi. L'acqua gli scorre sul viso liscio senza trovare alcun intralcio, e poi sul suo corpo, facendo aderire i vestiti.

«Non ti sei fatto la doccia stamattina e hai pensato di venire allo stadio per fartela?» chiedo, infastidita, cercando di allontanarmi, ma lui mi trattiene vicino a sé con le braccia.

«Tanto anche se cerchi di scappare non sai dove andare» ridacchia, facendomi fare una giravolta sotto il getto della doccia.

«Guarda che questo non vale come ballare sotto la pioggia» lo informo, mentre lui stringe la mia mano destra e posiziona la sinistra sul mio fianco, facendomi cenno di posizionare la mia sulla sua spalla.

«Lo so, ma ne ho voglia» mormora in risposta, abbassando lo sguardo.

«Non c'è neanche la musica» seguo i suoi movimenti sconnessi e poco coordinati, cercando di trattenermi dal ridere.

«E io non so ballare, vuoi continuare con la lista delle cose che mancano?» chiede con il solito pizzico di sarcasmo che tanto mi infastidisce.

«Manca James Rodriguez nudo che si fa la doccia qui davanti, ad esempio» lo assecondo, alzando lo sguardo verso il soffitto per evitare di guardare la sua maglietta bianca che ormai è diventata trasparente.

«Se la mettiamo così, manca anche una bella Rihanna che canta Work sotto la doccia con quel completino che aveva agli AMA's» alzo entrambe le sopracciglia, guardandolo da un certo punto di vista stupita per la sua memoria e dall'altro divertita da ciò che ha appena detto.

«Non pensi che dopo questo discorso poetico sia ora di andare?» chiedo, allontanandomi definitivamente da lui.

«Sì, hai ragione» ammette, annuendo e abbassando lo sguardo, per poi fermare il flusso di acqua della doccia e precedermi per i corridoi dello stadio.

«Io direi che abbiamo entrambi bisogno di un cambio» gli faccio notare, cercando di staccare la mia maglia bianca dall'addome e dal petto.

«Ho un paio di cose in macchina, non dovrebbe essere un problema» scrolla le spalle, aprendo la porta d'ingresso e lasciandomi passare per prima, come fa sempre.

Il tragitto fino alla macchina è silenzioso. Ripenso a ciò che è appena successo, a me e Paulo che balliamo sotto la doccia di uno spogliatoio come due perfetti idioti, e di quanto mi sia sentita a mio agio con lui, stranamente.

«Ci sei, niña? Che c'è, l'acqua ti appesantisce e cammini più lentamente del solito?» chiede, aprendo il bagagliaio della Jeep per tirare fuori qualche indumento indefinito.

«Zitto che è solo colpa tua se sono bagnata» mi lamento, ma lui fraintende e alza un sopracciglio, per poi cominciare a ridere sonoramente, con una maglietta della Juventus in mano.

«Ma ti senti quando parli?» mi domanda, tra le risate incontrollabili che lo scuotono da capo a piedi.

«Dammi quella maglia senza fare tante storie, pervertito» alzo gli occhi al cielo, prendendomela da sola quella benedetta maglia e facendo per entrare in macchina per cambiarmi.

«Cosa fai? Non puoi bagnarmi i sedili della macchina» mi ferma subito, con gli occhi spalancati e l'espressione del viso dipinta di paura.

«Paulo» lo supplico. So che cerca di non farlo perché sa che mi mette in imbarazzo, ma sono anche consapevole che il suo sguardo cade spesso sul mio petto a causa della maglia quasi trasparente e bagnata che ho addosso.

«Metti questa maglietta sopra e poi ti togli quella da sotto» mi consiglia. Io scrollo le spalle, sono un po' perplessa dalla sua spiegazione, ma decido di assecondarlo per evitare di farmi tranciare la testa perché sono entrata nella sua macchina con i vestiti bagnati.

Mi infilo la maglia della Juventus, notando che mi sta un po' larga, poi sfilo le maniche della maglietta sotto e me la tolgo dopo averla fatta passare per le gambe.

«Vedi, non era mica difficile» esclama, afferrando la mia maglia e gettandola distrattamente nel suo bagagliaio.

«Voglio vedere tu come fai» lo prendo in giro, allacciando le mani sotto il seno e alzando un sopracciglio come cenno di sfida.

«Non ti scandalizzi a vedermi senza maglia, vero?» chiede, ma non aspetta neanche una risposta che se l'è già tolta. Vedo chiaramente il tatuaggio che ha sul costato e quello a fasce sul braccio, prima che si metta un'altra maglia.

«Perché io ho la maglia della Juventus e tu hai una maglietta normale?» chiedo, continuando a guardarlo mentre chiude il bagagliaio, non dopo aver preso un paio di asciugamani e avermene dato uno.

«Perché quella maglia della Juventus è la prima cosa che mi è capitata sotto mano e che potesse starti» si giustifica, scrollando le spalle «Dovrei darti più spesso cose mie, se ti stanno tutte così bene» mormora poi, prima di appoggiare l'asciugamano sul sedile e salire in macchina.

Lo imito, però sto attenta ad essere la più veloce nel raggiungere lo stereo, per poter scegliere la musica che preferisco.

«Torniamo a casa, vero?» chiedo, legandomi i capelli in una coda disordinata e osservando le strade di Torino trasformarsi da periferia a centro.

«Certo, pranziamo e poi vediamo cosa fare. Diciamo che avevo altri piani per oggi, ma ci arrangeremo in qualche modo» sorride leggermente, guardando nello specchietto retrovisore.

«Ma cosa pensava quel custode quando continuava a chiedere se ci fosse qualcuno? Credeva che ci saremmo svelati, gli avremmo stretto la mano e ci saremmo complimentati con lui per il lavoro che svolge?» chiedo, cercando di mettermi comoda su quel dannato asciugamano. Sono sicura che quando dovrò scendere avrò tutto il retro delle cosce rosso.

«Beh, cos'altro doveva fare? Urlare come un ossesso?» Paulo ridacchia alle sue stesse parole, dettate da un umorismo di pessimo gusto.

«Non lo so cosa doveva fare, non faccio mica il custode dell'Allianz Stadium» abbasso il volume della radio per permetterci di parlare meglio, ma il silenzio cade quasi subito sulla conversazione.

«Posso chiederti una cosa?» si ferma al semaforo e si gira verso di me, dandomi la sua completa attenzione.

«Perché fai sempre così?» aggrotta le sopracciglia, confuso «Mi chiedi sempre se puoi chiedermi qualcosa invece di chiedermela direttamente» preciso, appoggiando la schiena allo schienale.

«Abitudine» scrolla le spalle «Ma quindi posso chiedertela questa cosa?» ridacchio, annuendo.

«Dev'essere davvero importante se continui a fare così» lo prendo in giro, ma lui non sembra avere alcuna reazione.

«Perché sei così insicura del tuo corpo?» chiede velocemente, lasciandomi a bocca aperta.

lollissimo

solo io posso aggiornare una volta a distanza di sette ore e una volta a distanza di sette giorni. amatemi.

comunque ho scritto questo capitolo per una cosa che serve tipo tra trentamila capitoli, quindi leggetelo bene

buona giornata♥️

ciaone😘😘

¡Mala Mía!paulo dybalaWhere stories live. Discover now