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Andare via da Laguna non è mai stato un pensiero che si è soffermato nella mia testa per più di qualche attimo, e solo a considerare l'idea mi sono sempre sentita una sorta di traditrice.

Questo piccolo paesino di a malapena ottomila anime, se si contano anche i gatti di tutte le zitelle che ci vivono, mi ha accolto subito quando sono scappata da Rosario, senza essere mai troppo invadente o indiscreto.

Nella mia mente contorta, lasciare Laguna Larga voleva dire tradire tutte quelle persone che mi avevano incontrato una volta per strada ed erano comunque state educate con me, i vicini da cui passavo sempre a chiedere il sale che Arturo si dimenticava di comprare, o più semplicemente i miei amici.

Lea, sicuramente, è stata la persona che ha accettato di meno la notizia del mio trasferimento così improvviso. La sua prima reazione è stata quella di spalancare la bocca e ripetere per un numero indefinibile di volte "Ma stai scherzando? Arturo dimmi che sta scherzando ti prego", per poi abbassare lo sguardo e riguardare tutte le foto che abbiamo fatto insieme in questi sei anni.

Dolores è rimasta un pochettino male all'inizio, ma dopo aver detto una decina di volte "Ma ci sentiamo eh!" si è presentata a casa mia con quella che ha definito la "confezione famiglia" di preservativi. Perché, e qui cito le sue testuali parole, "se esiste una confezione famiglia di fazzoletti o, che so, carta igienica, deve esisterne una anche di preservativi!". Fatto sta che questa scatola gigantesca avrebbe occupato metà della mia valigia e quindi ho deciso di fare la magnanima e regalarla a mio fratello.
Grande errore, visto che il giorno dopo mi ha portato da un ginecologo per farmi prescrivere la pillola.

Perpetua e le sue amiche mancava poco che facessero i salti di gioia e, anche se non ho visto la scena dal vero ma me l'hanno solo raccontata, penso che abbiano anche detto qualche insulto sottovoce che però il mio interlocutore non mi ha riferito.

Lautaro aveva semplicemente appreso la notizia, senza fare tante scenate né piangere davanti a tutti. Io gliel'avevo detto, lui era rimasto zitto un attimo e poi aveva semplicemente annuito. Qualche ora dopo mi aveva spiegato che gli era arrivata un'offerta dalla Juventus per trasferirsi a Torino, alle giovanili. Inutile dire che sono rimasta un po' sconcertata dalla contemporaneità dei due eventi, ma non ho osato farglielo notare.

Arturo era stato zitto durante tutto il viaggio in macchina verso l'aeroporto, aveva trascinato la mia valigia attraverso il parcheggio, per poi rallentare la mia partenza con scuse più o meno valide. Gli ho detto che mi sarebbe mancato e lui mi ha detto di chiamarlo appena fossi atterrata in Italia, senza nemmeno aspettare di fare lo scalo a Roma e arrivare sana e salva a Torino.

Appena arrivata a Torino ho avvisato tutti del fatto che fossi in terra nemica, ma comunque sana e salva.

Come sarà stare qui per un periodo più prolungato delle due settimane canoniche?
Considerato il fatto che l'ultima volta anche se avevamo passato insieme solo quattordici giorni avevamo litigato almeno un giorno sì e uno no, potrebbe rivelarsi un'esperienza disastrosa.

Tutti i miei dubbi vengono sciacquati via dalla figura distinta di Paulo, in piedi, un po' lontano dalla massa di persone accalcate agli arrivi, con un cappuccio sulla testa e il solito sguardo vivace.

Mi avvicino a lui lentamente, cercando di mantenere un'espressione non troppo eccitata per evitare di dare nell'occhio e fare in modo che lo riconoscano, ma il mio piano viene mandato all'aria quando sono abbastanza vicina a lui perché possa prendermi per la vita, far sollevare i miei piedi di qualche centimetro e farmi fare un giro intorno a lui.

«Ciao niña» mi lascia un bacio dolce sulle labbra, per poi guardarmi negli occhi e lasciarmene altri mille sul viso.

«Mi sei mancata, non sai quanto» lo prendo per mano e lo seguo verso l'uscita dell'aeroporto, non ancora pratica con queste cose.

¡Mala Mía!paulo dybalaWaar verhalen tot leven komen. Ontdek het nu