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«Oh cazzo» sospiro, cercando di non farmi sentire da nessuno nell'appartamento. Mi alzo dal divano, dirigendomi verso Paulo e una delle persone che temo di più.

«Ciao Fe» la sua voce sembra non essere fredda come l'ultima volta che l'ho sentita, e questo mi rassicura un po', ma si vede che mi saluta solo perché è una persona educata.

«Alicia, quanto tempo» sfodero uno dei miei migliori sorrisi finti, cercando di farle capire quanto poco sia felice di vederla. E penso che il sentimento sia reciproco, visto che l'ultima volta che ci siamo ritrovate nella stessa stanza la sua voglia di uccidermi e poi fare a pezzi il mio cadavere per nasconderlo meglio era ancora alle stelle.

«Non molto in realtà, poco più di un mese» dice il ragazzo, per poi tossire, abbastanza divertito dalla situazione. La donna si fa tranquillamente strada nell'appartamento per poi sedersi ad una delle sedie del tavolo della cucina.

«Sei un masochista» sibilo a denti stretti. Lui sorride serenamente e mi fa cenno con la testa di raggiungere la madre. Mi siedo davanti a lei e poggio le braccia sul tavolo, intrecciando le dita.

«Paulo mi ha detto che eri tornata, quindi sono passata a farvi visita» annuncia Alicia con un sorriso smagliante. Strano, sembra non ci siano doppi fini.

«Non hai intenzione di tagliarmi a pezzettini e poi mettermi nel frigo?» mi faccio scappare. Il ragazzo ridacchia e posa una mano sulla mia spalla, facendomi sentire la sua presenza dietro di me.

«No» ridacchia, portandosi i capelli corti lontano dal viso pulito e sistemandosi gli occhiali in imbarazzo.

«Nemmeno di uccidermi e poi dare il mio corpo in pasto ad Abba?» alzo un sopracciglio, sperando veramente che non dica di sì.

«Non darei mai il tuo corpo in pasto ad Abba, povero cagnolino» alzo gli occhi al cielo e guardo Paulo per cercare di fargli capire che questa missione è un completo fallimento.

«Mamma» la richiama lui, facendola focalizzare sul vero motivo per cui è venuta qui.

«Fe Jazmín» annuncia Alicia, guardando prima il figlio e poi me. Il suo sguardo non sembra essere più tagliente come un coltello, ma adesso si potrebbe associare di più ad un paio di forbici con la punta arrotondata.

«Alicia» dico io, rendendo tutta questa situazione molto più ridicola. Sembra quasi un duello nel Far West e mi stupisco che Paulo non stia ancora morendo dal ridere.

«Mamma» ripete lui, interrompendo il nostro scambio di sguardi. Se i suoi sono confusi sul da farsi, i miei lo sono ancora di più.

Alicia sospira, giocando un po' con le sue chiavi di casa prima di alzare lo sguardo e guardarmi negli occhi.

«Mi dispiace per come ti ho trattato, è stato meschino da parte mia e un comportamento assolutamente non adatto a una donna adulta quale sono. Ti prego di scusarmi» il tutto sembra più una supplica che una semplice frase di scuse, e sto per dirle di non penare così tanto quando ricomincia a parlare.

«Paulo mi aveva parlato molto di te prima che tu venissi qui per Natale e io ti avevo immaginata come una donna giovane, nel fiore degli anni con grandi prospettive davanti, quando in realtà ti sei presentata a me come una semplice ragazzina di diciannove che aveva appena finito di fare gli esami per il diploma. Cerca di metterti nei miei panni, sei anni sono tanti, sono praticamente una barriera insuperabile, uno scudo galattico, il masso davanti alla grotta in cui è stato sepolto Gesù» Paulo la interrompe e la sua mano si stringe sulla mia spalla.

«Mamma» dice, poi scuote la testa per dirle di smetterla con le similitudini assurde.

«Ti ho trattato male un po' perché volevo vedere se saresti rimasta con lui o se alla prima difficoltà l'avresti lasciato, un po' perché mi diverto a spaventare le ragazzine almeno un pochettino prima di far vedere loro le foto di Paulo quando aveva ancora i capelli come Justin Bieber e Zac Efron all'inizio degli anni duemila» Alicia viene interrotta di nuovo dal figlio, probabilmente in imbarazzo.

¡Mala Mía!paulo dybalaWhere stories live. Discover now