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«Sono le otto, Paulo, cosa ci fai qui a quest'ora?» io e Gonzalo ci guardiamo, lui stanco e perplesso, io stanco e basta.

«Sono uscito a fare una corsa» cerco di giustificarmi, ma lui alza un sopracciglio.

«Hai ancora i vestiti di ieri sera» mi fa notare. Lui è seduto sul letto, tra le lenzuola, i capelli corti spettinati.

«Ho preso la prima cosa che ho trovato nella valigia» ci guardiamo per un attimo, sa che sto mentendo.

«Dove sei stato stanotte, Paulo Dybala?» mi lascio cadere sul letto. Dormire da Fe è stato un miracolo, perché non sarei nemmeno riuscito a tornare all'hotel senza addormentarmi in macchina.

«In giro» mi stendo, le braccia piegate e le mani sotto la nuca, cercando di rilassarmi almeno per un attimo.

«Dove hai dormito?» si siede sul mio letto, guardandomi in modo malizioso.

«Non ho dormito» blatero. Sono troppo stanco per rispondere.

«E da chi hai dormito allora?» alza un sopracciglio, alludendo a qualcosa che non mi è nemmeno passato per la mente.

«Sono andato a Laguna Larga» sospiro, ammettendo le mie colpe.

«A Laguna Larga? Perché?» corruga la fronte, decisamente interessato dalla confessione che sto per fargli.

«C'è una ragazza» sussurro, sperando che non mi abbia sentito.

«Ci sono tante ragazze» si mette più comodo sul letto, aspettando di sentire il resto della storia.

«Hai ragione, ci sono tante ragazze, ma c'è questa ragazza» mi interrompe di nuovo, facendomi alzare gli occhi al cielo.

«Fammi vedere una foto» mi passa il cellulare, che ieri sera avevo lasciato sul comodino.

«Ti puoi calmare un attimo? Lasciami spiegare» sblocco il cellulare, cercando una sua foto nella mia galleria.

«È carina almeno?» sbuffo quando mi interrompe per l'ennesima volta, ma sorrido inconsciamente al pensiero di Jazmín così vicina a me, ieri sera, nel suo vialetto.

«Molto carina» trovo finalmente il suo contatto e gli faccio vedere la sua foto, scattata da me quest'estate, a Barcellona.

«Sei diventato tutto rosso! Mostra, mostra» si avvicina al mio telefono e me lo strappa dalle mani, guardando bene la foto.

L'ho scattata in una giornata di sole, i suoi capelli corti sciolti sulle spalle, mentre era in piedi su un muretto e stava guardando la Sagrada Familia.
La sua pelle liscia illuminata dalla luce calda e l'afa estiva la faceva sudare, rendendo la sua pelle ancora più luminosa.

«Bel culo» esclama, ridacchiando mentre io sento le mie guance andare a fuoco.

«Smettila! È bella anche in viso» abbasso lo sguardo, riprendendomi il cellulare e cercando un'altra foto.

«Ci credo, sei diventato più rosso del cartellino» mi da una spinta scherzosa, ridendo della mia espressione imbarazzata.

«Stai zitto tu» mi stendo a pancia in giù, affondando la faccia nel cuscino, cercando di evitare di continuare questa conversazione imbarazzante con Gonzalo.

«Come si chiama?» continua lui, alzandosi dal letto e andando a prendere i vestiti della divisa elegante della nazionale.

«Fe Jazmín» mormoro, girandomi dall'altra parte del letto, mettendomi una mano in fronte.

«Particolare, e com'è che la conosci? Un'amica d'infanzia?» si abbottona la camicia velocemente, per poi cercare i pantaloni.

«Perché ti stai vestendo? È ancora presto» guardo l'orologio sul comodino, aspettando una risposta.

«Dobbiamo essere giù alle otto e mezza» sbuffo, guardando il casino che avevamo lasciato in stanza ieri sera, prima di andare allo stadio.

«Paulo, sono le otto e dieci, mi sa che ti conviene prepararti» strabuzzo gli occhi, saltando in piedi e cercando la mia camicia.

«Cazzo! Potevi avvisarmi prima?» trovo la camicia piegata sul comodino e i pantaloni appoggiati alla sedia della scrivania posizionata davanti ai due letti matrimoniali.

«Tanto stai due secondi a prepararti» mi passa la cravatta mentre io mi sto ancora togliendo la maglietta e gli rivolgo un'occhiataccia, visto che lui è già vestito.

«Quindi? Non mi hai ancora risposto» si siede sul letto, cercando i gemelli sul comodino.

«Mi hai fatto una domanda?» chiedo, infilandomi i pantaloni e afferrando la cintura, che prima Gonzalo ha saggiamente posto sul mio letto per velocizzare il mio processo.

«Ti ho chiesto come la conosci» sorride, sistemandosi i polsini della camicia, per poi alzarsi e chiudere la sua valigia.

«L'ho conosciuta perché è un'amica di Lautaro» ammetto, abbottonandomi la camicia e riponendo le cose alla rinfusa nella mia, di valigia.

«Lautaro Martinez? Non sapevo avesse amici a Laguna Larga» sospiro, chiudendo la valigia e girandomi verso il mio letto, controllando di non aver dimenticato nulla.

«Lautaro mio nipote» ammetto, sentendomi quasi male a pensarci.

«Lautaro tuo nipote? Quello che ha diciannove anni?» strabuzza gli occhi, guardandomi come se avessi detto la cosa peggiore al mondo.

«Sì?» la mia risposta suona più come una domanda e mi gratto la nuca, evidentemente in imbarazzo.

«Mi stai dicendo che ha diciannove anni?» alza un po' il tono di voce e io gli faccio cenno di stare zitto, perché non vorrei che nessuno lo sentisse.

Annuisco, abbassando lo sguardo, senza voler vedere l'espressione stupita e contrariata di uno dei miei migliori amici.

«Diciannove anni!» ripete, e io trovo il coraggio di alzare lo sguardo solo per vederlo stupito, sembra manchi poco che si metta le mani nei capelli «Hai venticinque anni, e vai con una di diciannove! È a malapena maggiorenne!» continua, facendomi sentire sempre peggio.

«Non ci sono andato» preciso, come se facesse la minima differenza.

«Prima eravate da soli a Torino due settimane, poi stanotte; cosa fate? Tornei di carte molto appassionanti?» dice, ironicamente.

«Lo sai anche tu che preferisco il Non T'Arrabbiare» cerco di sdrammatizzare, ridacchiando, ma lui mi fulmina con lo sguardo.

«Paulo, ascoltami» lascia la sua valigia in mezzo alla stanza e si avvicina a me, posandomi una mano sulla spalla con fare paterno «Non importa quanto sia sexy una ragazza, se poi ti fa finire nei casini, e fidati, una diciannovenne ti farà finire in mezzo ad una bufera mediatica prima o poi» dice, seriamente. La sua voce si è abbassata, come a rendere la situazione ancora più solenne.

«Non creerà nessuna bufera mediatica, a lei non interessa dell'attenzione» mormoro, cercando di difenderla in ogni modo.

«Non ancora» sospira, poi si allontana, prende la sua valigia e fa come se nulla fosse accaduto.

«Che fai, non vieni? Sono le otto e mezza, se continui a stare lì come un ebete arriveremo in ritardo e ci beccheremo un'altra sgridata» esclama, trascinandomi dietro di sé.

lollissimo

questa volta pov Paulo perché non l'ho mai fatta e mi andava

ditemi cosa ne pensate perché ho bisogno di attenzione

ah e poi ho deciso che aprirò una rubrica alla fine di ogni capitolo che servirà per insultare i personaggi e far sfogare tutta la vostra frustrazione nei loro confronti, quindi

insultate Lautaro QUI

ciaone♥️♥️

¡Mala Mía!paulo dybalaWhere stories live. Discover now