22.

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«Buongiorno niña, dormito bene?» mi stropiccio gli occhi quando sento la voce squillante di Paulo dentro la mia stanza. Ieri sera ha insistito perché stessimo alzati fino a tardi per finire di vedere un film e io sono stanchissima. Apre le tapparelle e le finestre, facendo entrare tantissima luce dentro la stanza e infastidendomi ancora di più.

«Chiudi quelle maledette tapparelle, Paulo, voglio dormire» gemo, girandomi dall'altra parte e cercando di non vedere la luce.

«Dai, Jazmín» si siede accanto a me sul letto, appoggiando la mano sulla mia vita «Stai solo due settimane in Italia e vuoi passarle a dormire?» ci guardiamo per un attimo, poi sbuffo e richiudo gli occhi.

«Daai» allunga fastidiosamente la a, facendomi gli occhi dolci e cercando a convincermi.

«Solo un'oretta, ti scongiuro» lo prego, coprendomi il viso con il lenzuolo leggero. L'aria condizionata lenisce il caldo bestiale che c'è fuori, però dormire con una coperta con queste temperature è da psicopatici.

«No, o ti alzi da sola o ti porto in cucina di peso» afferma, cercando di essere convincente. Mi giro dall'altra parte, facendogli capire ciò che ho intenzione di fare.

Sento il lenzuolo spostarsi dal mio corpo e poi le sue mani accarezzano i miei fianchi. Sussulto non appena mi solleva dal materasso e posiziona il mio stomaco sulla sua spalla, tenendomi stretta per le gambe.

«Paulo! Lasciami andare!» esclamo, cercando di muovermi per protestare, ma lui sembra non farci caso e manca solo che fischietti mentre mi porta in cucina.

«L'hai svegliata?» sento mormorare da qualcuno, a bassa voce perché probabilmente non vuole disturbare il mio sonno.

«A me pare di sì» sento ridacchiare qualcun altro e mi rendo immediatamente conto di cosa ho addosso. Dei pantaloncini corti e una canottiera, senza nemmeno il reggiseno.

«Dai, mettila giù, vediamo più di quanto dovremmo da qui» sento le guance scottare e il petto di Paulo vibra mentre ride sonoramente.

«Buongiorno» mormoro, tirando giù i pantaloncini anche se ormai il guaio era già stato fatto.

«Buongiorno, dormito bene?» ridacchia il ragazzo di ieri, che riconosco come Nahuel.

«Sì dai, è il risveglio che è stato traumatico» guardo male Paulo, ma lui ride con i suoi amici e mi fa l'occhiolino, facendomi alzare gli occhi al cielo.

«Ti ho preparato un toast, se vuoi, è di là» mi informa Federico, sorridendo teneramente. Oh, almeno uno che non fa riferimenti al mio culo messo in bella mostra a perfetti sconosciuti di prima mattina.

«Grazie mille» abbasso lo sguardo e vado in cucina, trovando un piatto sull'isola con sopra un toast e accanto un bicchiere d'acqua.

Mi siedo su uno degli sgabelli, afferrando il panino e addentandolo subito. Ieri Paulo ha avuto la benissima idea di mangiare solamente il gelato per cena per preservare il suo fisico statuario e io, non abituata a questa dieta ferrea, sto morendo di fame.

«Quindi tu sei la ragazza che Paulo ha conosciuto in Argentina» prendo uno spavento considerevole, portandomi una mano al cuore mentre Federico ridacchia e si scusa velocemente, impaziente di ricevere una risposta.

«Sono io» ammetto, neanche fosse una tragedia aver incontrato quel ragazzo abbronzato quasi per caso a Laguna Larga.

«Ha parlato molto di te» appoggia i gomiti sull'isola della cucina mentre io continuo a mangiare il toast «Solo cose belle» precisa poi, facendomi ridere.

«Ah sì? E cosa ha detto» chiedo, immediatamente incuriosita dall'argomento. Cosa mai avrà potuto dire quel dannato ragazzo ai suoi amici su di me?

«Ha detto che doveva aiutarti a conquistare un ragazzo, ma non ha mai detto nulla di più su questo tipo» guardo Paulo e Nahuel giocare a Fifa sulla televisione a schermo piatto in salotto «E poi ha detto che se non fosse riuscito a farlo, ti avrebbe dovuto portare in Italia, ed eccoti qui»

«Quel ragazzo è Lautaro» ammetto, parlando velocemente e sperando che non mi abbia sentito veramente. Ma cosa mi è venuto in mente? Sbandierare tutto a uno dei migliori amici di Paulo come se lo conoscessi da una vita non è assolutamente una cosa da me.

«Lautaro Dybala?» chiede, stupito dalla mia rivelazione. Ah, allora l'ha sentito. Cazzo.
Annuisco con nonchalance, come se la cosa non mi toccasse più quando in realtà solo sentire il suo nome mi fa rabbrividire.

«Ma Lautaro Lautaro? Lauti?» continua lui, facendomi ridere sonoramente per la sua incredulità.

«Proprio quel Lautaro, è così strano?» chiedo finendo il toast e allontanando il piatto mentre sorseggio l'acqua.

«No, è solo che» cerca le parole adatte, ancora incredulo «Sembra surreale, tu innamorata di un ragazzo e poi vai via due settimane con suo zio» mi fa notare, facendomi aprire gli occhi sulla situazione.

«Io e Paulo siamo amici, mi ha portato qui per farmi allontanare dalla brutta situazione che si è formata giù in Argentina» gli spiego, cercando di convincere me più del ragazzo che sta parlando con me.

«Mh» annuisce lui «E non c'è nulla tra te e Paulo?» alza le sopracciglia ritmicamente, facendomi sorridere mentre metto il piatto e il bicchiere nel lavandino.

«Niente» scuoto la testa, abbassando lo sguardo e sedendomi nuovamente accanto a lui.

«Continua a sembrarmi strano, Paulo non perde mai» mi fa notare, sorridendo tra sé e sé.

«Cosa vuoi dire?» prima che Federico possa rispondermi il protagonista della nostra conversazione si presenta in cucina con un sorriso smagliante.

«Stavate parlando male di me, voi due?» chiede, prendendo un contenitore per il mate e le erbe che gli servono per prepararlo.

«Esatto, come fai a indovinare ogni volta?» dice ironicamente Federico, scendendo dallo sgabello e facendomi l'occhiolino.

«Vi lascio da soli, piccioncini» se ne va sorridendo maliziosamente e si prende una sberla da Paulo, che scuote la testa sorridendo come un bambino.

«Cosa ti stava dicendo quel pervertito?» chiede, prendendo il posto del suo amico e sorseggiando il suo mate, osservando Federico che prende il suo posto sul divano e continua la partita che aveva cominciato lui.

«Nulla» mormoro, ripensando alle sue parole. Cosa vuol dire che Paulo non perde mai?

«Strano, sembravi molto coinvolta» mi fa notare, con un tono che assomiglia molto a quello infastidito che assume solo raramente.

«Non lo ero. E adesso preparati, eri tu quello che voleva andare a "visitare l'Italia" e che adesso sta passando la mattina a giocare a Fifa?»

¡Mala Mía!paulo dybalaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora