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«Niña, ho comprato i biglietti» la porta si chiude giusto dietro di lui, con una cartellina blu con scritto sopra il nome di qualche agenzia viaggi.

«Ah, quelli per te e Federico?» dico il nome del ragazzo con un po' di insicurezza, ma la sua risata mi da la conferma che ho detto la cosa giusta.

«No, quelli per te e me, e per giunta non è nemmeno troppo lontana come destinazione» si lascia cadere sul divano accanto a me, cingendo le mie spalle con un braccio.

«Considerando che io volevo restare qui, è sempre troppo lontana come destinazione» mi giro verso di lui, baciandolo, senza riuscire a resistere.

«Mh, molto meglio di un semplice "ciao"» mormora, stringendo i miei fianchi e portandomi sopra di sé.

«Ti sei già dimenticato dei tuoi piani bellicosi per Capodanno?» chiedo, accarezzando i suoi capelli e guardandolo, per una volta, dall'alto.

«Per niente, ma visto che partiamo domani ne abbiamo di tempo per fare le valigie» scrolla le spalle, facendo per tornare a baciarmi, ma io mi allontano.

«Domani? E dove andiamo? Quanto hai speso?» scendo dalle sue gambe, allungandomi per prendere la cartellina, che però lui afferra prima di me e allontana dalle mie mani.

«Segreto» esclama, alzandosi dal divano e andando in cucina.

«Mi puoi almeno prendere un bicchiere di succo?» chiedo, sporgendomi dal divano per farmi sentire dal ragazzo.

Lo sento sbuffare e ridacchio, ma quando lo vedo rientrare in salotto con un bicchiere del mio succo preferito e una bottiglietta d'acqua, non riesco a nascondere un sorriso grato.
Mi porge il bicchiere, piegando la schiena.

«Me lo merito un altro bacio?» chiede, allungando le labbra, che io gli bacio volentieri.

«Stavo pensando» comincia a parlare e io spengo la televisione per poterlo ascoltare meglio.

«Che dovresti finirlo prima di andare via, perché io non bevo quella schifezza» indica il mio succo, bevendo la sua acqua gelata.

Sospiro, appoggiando il bicchiere sul tavolino e abbassando lo sguardo, pensando a quando dovrò tornare in Argentina.

«Ho detto qualcosa di sbagliato?» chiede, accarezzando il mio viso e la gamba, guardando insistentemente le mie labbra serrate.

«No, è solo che» mi interrompo un attimo, pensando a come formulare il tutto «Sono stata qui solo per una settimana e mi è sembrata una vita, e pensare a tutto il tempo che dovrò passare lontano da te dopo aver condiviso tutto questo, mi mette una tristezza infinita» ammetto la mia debolezza, scrollando le spalle.

«Niña, troveremo qualche modo per vederci per Pasqua» appoggio la testa sul suo petto, ascoltando le sue parole rassicuranti.

«C'è l'università, e il campionato, e magari vuoi passare Pasqua con la tua famiglia» lui scuote la testa, senza nemmeno pensarci due volte.

«Jazmín, non essere così negativa» sospira, senza sapere cosa mi gira per la testa.

«Arturo ha intenzione di tornare a Rosario» sputo, senza riuscire più a nascondergli quella notizia.

«Cosa? Quando?» esclama, il tono della sua voce si alza sensibilmente, sintomo di quanti sia sconvolto dalla cosa.

«Me lo ha detto qualche giorno prima che partissi e, ti dirò la verità, per qualche tempo me ne ero anche dimenticata, per questo non te l'ho detto prima» gli spiego, cercando di farlo calmare almeno un po'.

«E tu cosa gli hai detto? Insomma, hai intenzione di tornare a Rosario o di provare a restare a Laguna Larga?» si schiarisce la voce, gli occhi pieni di speranza.

«Non voglio andare a Rosario, non ci tornerei per nulla al mondo, ma non posso restare a Laguna Larga da sola, anche perché restare lì vorrebbe dire spostarsi di continuo verso Cordoba, e frequentare un corso che non mi interessa» lui annuisce, pensieroso.

«Vuoi fare ingegneria dei materiali, no?» rispondo con un "sì" timido, cercando di capire cosa stia pensando.

«Resta a Torino! Al Politecnico ci sono così tante facoltà di ingegneria che ne perdi il conto, e staresti qui con me, senza dover pensare alle varie spese di cui dovresti occuparti a Laguna Larga» propone, un sorriso esaltato stampato in volto.

«Stai scherzando o è una cosa seria?» chiedo, alzando un sopracciglio e allontanandomi un po' da lui.

«È una cosa seria, perché dici così? A me sembra una buona idea» mi guarda con la fronte aggrottata, e sembra un po' offeso a causa di ciò che ho chiesto.

«È una follia, Paulo! Non posso venire a Torino, non conosco nemmeno l'italiano e dovrei laurearmi in Italia in una facoltà del genere? E poi non voglio pesarti addosso in un modo del genere, non sarebbe giusto nei tuoi confronti» di nuovo, la mia parte irrazionale cerca di prevalere, ma è quella razionale che la vince. Se avessi un po' meno di giudizio, avrei detto subito di sì.

«Lo potresti imparare! Dio, sei una delle persone più intelligenti che io conosca e pensi di non potere imparare l'italiano? L'ho imparato io, e non sono nemmeno un decimo di quanto sei tu dal punto di vista culturale. E lo sai che non mi peseresti: averti qui con me mi rende solo felice e mi aiuta ad essere più rilassato, e quindi concentrarmi meglio sul mio lavoro» poggia la sua bottiglietta sul tavolino.

«Paulo, io non conosco una parola di italiano e dovrei cominciare dall'inizio adoperando termini tecnici, che non sarebbe nemmeno la cosa migliore con cui cominciare. E poi non conosco nessuno a Torino se non te» scrollo le spalle, mentre lui sembra voler dire qualcosa, ma poi chiude la bocca, cercando di trovare un altro motivo per farmi trasferire qui.

«Ti sembra presto per cominciare a vivere insieme? È questo?» dice, dopo qualche secondo di silenzio, con un sussurro impaurito che non mi sembra nemmeno suo.

«No, Paulo, non è questo! Certo, non è la cosa più normale per due persone che stanno insieme da pochi mesi, ma vivrei volentieri con te, anche se vedrei molto di più tua madre» ridiamo entrambi, anche se lui lo fa un po' più amaramente.

«Io ci terrei che venissi qui a Torino, soprattutto se è per studiare ciò che vuoi e stare lontana da quel... Matia» fa schioccare qualche volta le dita, cercando di ricordare il nome e non chiedermelo.

«Starei lontana da lui in ogni caso, fidati» rabbrividisco all'idea di rivedere quel ragazzo che tanto mi aveva sconvolto da piccola.

«Ne riparleremo, prima che tu te ne ritorni in Argentina, vero?» chiede, capendo che non è il caso continuare a parlare di questo argomento.

«Sì, ne riparleremo» annuisco, accucciandomi di nuovo sul suo petto e sentendo il battito del suo cuore rimbombare nel suo petto.

🥂🥂🥂

«Ma ieri non eri andato in agenzia viaggi? Non dirmi che ci andiamo con l'aereo privato» trascino la mia valigia dietro di me, guardandolo con uno sguardo confuso.

«Sono andato in agenzia per prenotare una cosa, non per il volo, ci andiamo con l'aereo privato» dice, guardandosi in giro per cercare qualcuno.

«L'ultima volta, stavi per cominciare a picchiare il tipo del metal detector, hai seguito qualche corso per riuscire a controllare la rabbia?» lo prendo in giro, mentre saluta una guardia e mi fa cenno di seguirlo.

«No, e ti dirò di più, sono diventato ancora più geloso perché stiamo insieme, Giacomo?» l'omone si gira e mi saluta con un cenno della mano.

«Qualche problema?» chiede al ragazzo, alzando un sopracciglio con fare preoccupato.

«No, ma volevo chiederti, ci saranno solo uomini al metal detector?» io alzo gli occhi al cielo, cercando di nascondere una risata mentre lui lo guarda confuso.

lollissimo

onestamente, la storia mi sta scappando di mano, ho in mente tantissimi personaggi nuovi e particolari che mi fanno sbregare

mi dovranno sedare per farmi scrivere seriamente questa storia

ciaone

¡Mala Mía!paulo dybalaWhere stories live. Discover now