33 - justice

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La porta in vetro si spalanca un'altra volta; ora fa il suo ingresso una donna dai lunghi capelli scuri, mano nella mano con quella che presumo sia sua figlia: occhi vispi, un peluche stretto al petto, codine sulla testa.

La signora si ferma sulla soglia, guardandosi intorno alla ricerca di qualcuno che possa aiutarla.

Poi i suoi occhi cadono casualmente su di me, seduto su questa sedia da almeno due ore, i miei amici al mio fianco che lottano per non continuare a piangere e nello stesso tempo per non lasciarsi sopraffare dal sonno.

Il suo viso dai tratti delicati si piega in una smorfia di comprensione, gli occhi cerchiati da occhiaie violacee e le labbra screpolate che lo sciupano tristemente.

Le palpebre mi si chiudono per un istante, cerco di immaginare la sua figura in uno stato migliore.
Vado avanti di questo passo da quando ci hanno fatto accomodare qui.
Mi sembra quasi di star delirando; e probabilmente lo sto facendo veramente.

Finalmente un poliziotto giunge in suo aiuto, stanco si dirige verso di lei.

«Avete notizie di mio marito?» domanda di getto, con la voce flebile.

La bambina alza lo sguardo verso l'uomo in divisa, curiosa.

«Signora» comincia il poliziotto, appoggiandole scoraggiato una mano sul braccio con fare indulgente. «Nel week-end hanno perso la vita due persone. Come da rito, l'assassino ha deciso di mettere fuoco ad ambedue i corpi» comunica a voce monocorde l'agente.

La donna si appoggia tremolante una mano sulla bocca, gli occhi già colmi di lacrime. «Non abbiamo la certezza che uno dei cadaveri possa...» rivolge uno sguardo alla bambina, che seppur piccola segue ogni parola. «...possa corrispondere all'uomo che sta cercando. Dovrebbe recarsi all'obitorio per accertarsene» termina.

La signora annuisce con gli occhi sbarrati, le gambe che le traballano.
Prima di uscire prende in braccio sua figlia, stringendola tra le braccia magre.

E purtroppo, la sua macchina è proprio difronte alla centrale di polizia.
Proprio nella mia visuale, lasciandomi essere partecipe al pianto isterico al quale da luogo una volta entrata nell'auto.

Chiudo gli occhi e deglutisco con forza.
Mi immagino di essere da tutt'altra parte, magari in uno di quei prati verdi immensi al tramonto, il sole che si specchia nel mare.

Istintivamente mi porto le ginocchia al petto sulla poltroncina in pelle della centrale.
E come d'impulso le mie mani si sollevano per aggrapparsi languide al braccio di Hoseok, seduto al centro tra me e Taehyung.

Ascoltiamo le lancette che si muovono, il ticchettio fastidioso e le voci in sottofondo di alcuni agenti.

Soffriamo in silenzio, stiamo tentando di resistere perché non riusciamo a capacitarci di come tutto possa essere finito in un istante.

Di come la ragazza che i miei amici vedevano lavorare da anni, possa essere deceduta nel modo più orribile che possa esistere al mondo.

Di come Namjoon si sia ritrovato davanti agli occhi il corpo senza vita di sua sorella, della persona che è cresciuta con lui, che ha sofferto con lui, che ha deciso di andare a vivere da sola alla tenera età di diciotto anni soltanto per non essere un peso.

Chanmi era una persona altruista, non doveva morire in questo modo. Uccisa, torturata... da un figlio di puttana che si diverte a togliere la vita alle persone. Un tale mostro che vaga e vaga per la città seminando dolore.

Sono sul punto di piangere ancora, ma questa volta per la rabbia.

Namjoon non si meritava di veder volare in cielo prima sua madre, e poi anche sua sorella.

E neppure suo padre...

Passano minuti interminabili prima che Taehyung apra bocca, mettendo fine al silenzio.

«È colpa mia...» soffia in un sussurro, facendoci girare immediatamente verso di lui. «Sono stato io a convincere Namjoon di non avvertire la polizia. Magari se l'avessimo fatto—»

«Ma che stai dicendo?» lo interrompe Hoseok, guardandolo triste. «Eravamo tutti d'accordo, Tae. Pr-probabilmente se avessimo avvisato la polizia lunedì scorso Chanmi sarebbe... sarebbe morta ancor prima» mormora, per poi serrare le palpebre.

Tiro su col naso. «Abbiamo provato a salvarla a modo nostro ma non ci siamo riusciti...» mugugno, tremando.

Vedo delle lacrime che attraversano inarrestabili le guance di Hoseok.

«S-Sapevo che le avrebbero fatto più male se avesse detto qualcosa...» sussurra Taehyung. «...ma non pensavo che l'avrebbero uccisa così in fretta»

E anche il suo viso si riga di sofferenza, colpendomi dentro.

Ma è proprio in quell'esatto momento che sentiamo una porta aprirsi, e vediamo da lontano due figure di uguale altezza che a passo debolissimo camminano verso di noi.

Ci alziamo tutti e tre, i miei amici si affrettano ad asciugarsi il viso sui loro maglioni autunnali.

Namjoon si avvicina a noi sollevando le labbra in un sorriso malinconico che mi fa rabbrividire.

«Grazie per essere rimasti qui...» biascica con la voce scarsa, gli occhi gonfi e rossi.

Suo padre ci sorride come suo figlio, poi si avvia verso la porta di uscita per lasciarci soli.

«N-non andiamo da nessuna parte» mormora Hoseok, facendomi tornare gli occhi umidi.

Namjoon china il capo, strofinandosi il viso. «Hanno detto che l'aggressore l'ha uccisa nel giro di qualche minuto. Il bar doveva essere vuoto quando è successo...» ci informa, con sguardo basso. «Le hanno lacerato il collo in un modo che non hanno ancora capito, ha perso troppo sangue ed è morta per questo»

Annuiamo, tentando di non lasciarci andare di nuovo. Ma risulta essere tanto, tanto difficile.

«Non si sa proprio niente su chi possa essere stato?» domando io, stringendomi i fianchi con le braccia.

Namjoon scuote la testa. «No. Non hanno trovato niente che possa appartenere all'omicida, come sempre d'altronde» sibila. «C'è qualcuno in questa città che uccide la gente come se fosse un passatempo e nessuno si decide a... non so... mandare squadre speciali o cose del genere per trovarlo e dargli la pena di morte»

«La città non ha soldi, Nam. È così isolata che quasi nessuno si accorge della sua esistenza...» mormora Hoseok, demoralizzato.

Il viso di Namjoon si piega in una smorfia di rabbia, per poi lasciare nuovamente spazio alla disperazione.

«I-Io n-non capisco perché proprio lei... perché dovevano prendersela con Chanmi...» singhiozza subito, coprendosi la faccia con le mani.

Sento una stretta allo stomaco a quella vista, e ci facciamo tutti e tre più avanti per abbracciarlo e stringerlo a noi.

Percepisco il suo petto che vibra sotto di me, e prima che io me ne accorga sto piangendo di nuovo, in silenzio.

E Hoseok e Taehyung stanno facendo lo stesso.

«Vog-voglio solo che ci s-sia giustizia per lei» si lamenta Namjoon, abbassando piano il tono della voce.

Io annuisco in preda ai singhiozzi, affondando il viso nella manica della mia felpa larga.

Ma ho come la sensazione che non sarà facile.

Purtroppo... purtroppo non lo sarà affatto.

Thirst For You | kookminWhere stories live. Discover now