Capitolo 1

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La sveglia suona puntuale, come sempre. Mi alzo controvoglia e mi dirigo verso il bagno per vedere il disastro di capelli che ho in testa: sono troppo e dico troppo lunghi.

Da quando sono guarita ho fatto un patto con mio padre: avrei lasciato che i miei capelli crescessero fino a quando non sarebbero stati lunghi come quelli di nonna; ma adesso che papà e nonna non ci sono più, non voglio più tagliarli- mi sentirei in colpa.

Mi sciacquo il viso con dell'acqua fredda e mi faccio una coda alta; passo un po' di fondotinta sul viso e applico del mascara sulle ciglia. Mi lavo i denti e corro giù dalle scale per prendere le mie cose.

Vivere da sola è bello, sotto certi aspetti. Non devi aspettare che il bagno si liberi oppure non devi fare ciò che ti impongono gli altri- hai molte libertà. Però sotto altri è davvero malinconico, almeno per me. Sapere che i tuoi genitori non ci sono perché sono a lavoro è un conto, ma sapere che non ci sono perché sono morti è un altro. Ma comunque dopo poco ci fai l'abitudine.

Prendo i borsoni con tutti i vestiti e scendo. Oggi è il mio primo giorno al college e sono abbastanza nervosa perché come prima cosa dovrò interagire con altre persone e, seconda cosa,  non mi piace affatto socializzare. Inoltre ho deciso di fermarmi al campus, almeno per il primo anno, nonostante abbia una casa tutta mia; ma papà voleva che io andassi al college e che vivessi come una del college. Ed io sono una persona che mantiene le promesse.

Tiro un sospiro di sollievo quando appoggio tutte le borse nella macchina e metto in moto. Sono le 8.15 e ho appuntamento con il rettore della Seattle University alle 9.00; sono una delle poche studentesse liceali ad aver avuto il fantastico onore di vincere una borsa di studio per venire a continuare la mia vita qui. Ho conseguito dei meriti? Ovvio che no. Infatti mi puzza un po' questa situazione, ma allo stesso tempo mi sento sollevata di iniziare una nuova vita. 

Ci metto una mezz'ora per arrivare alla mia destinazione, dato il traffico, ma sono ancora in tempo.

Spengo il motore e mi dirigo verso la segreteria: la Seattle University è grandissima- non ho mai visto una struttura così grande.

"Buongiorno, sono Amanda. Ho un appuntamento con il signor Sunshine." Dico alla signora di mezza età dietro la scrivania della segreteria. Mi sorride in modo cordiale e mi indica il corridoio.

"Ultima porta a destra."

Faccio un cenno di ringraziamento con la mano e mi dirigo verso l'ufficio del Signor Sunshine. La porta è aperta, ma per educazione busso lo stesso sullo stipite.

"Avanti." Risponde lui. È un uomo panzuto, con la barba scura e gli occhi chiari. Quando mi vede mi sorride e mi viene in contro per stringermi la mano, ricambio la stretta e gli sorrido.

"É un piacere averla qui, Amanda. Ero amico di sua madre. Gliel'ha mai detto?"

Scuoto la testa."No, signore. Mia madre non era una che parlava molto del suo passato. Era più per il futuro." Forzo un sorriso, deviando il suo sguardo quando cerca di incontrare i miei occhi. 

Mi sorride comprensivo "Beh, era una donna saggia e anche suo padre. Il vecchio Will era davvero in gamba."

"Si, è vero." Incomincio a sentirmi male. Non parlo molto della loro morte o di loro in generale. Loro vivono nel mio ricordo.

"Oh, signorina, non si abbatta. I suoi genitori erano unici e lo sa pure lei." Annuisco e forzo un sorriso, ancora una volta, anche se non so quanto credibile sia. "Comunque, l'ho chiamata qui questa mattina non solo per farle firmare queste scartoffie, ma anche per altro. Volevo dirle una cosa."

Rimango leggermente confusa. Che cosa vuole dirmi? Mi guarda con un sorriso e mi indica la poltroncina nera che c'è davanti a me. Mi siedo e vedo che incomincia a cercare qualcosa in uno scatolone.

Can we grow up together? •H.S.Where stories live. Discover now