1. La ragazza di vetro

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"Scegliete chi vi ha scelto, quando ancora non c'era niente da scegliere." Avevo letto una volta, in un libro di cui non ricordavo neppure il nome. Frasi come questa ti inducevano a riflettere, a formulare mille pensieri...anche se a me non portavano ad alcuna novità. Io non avevo scelte e gli altri non mi avrebbero scelto, a prescindere da ciò che poteva esserci da scegliere. Io ho sempre saputo di essere diversa, ero quella strana della famiglia, timida, scontrosa...quello che poteva essere definito un "fulmine a ciel sereno". Ero la faccenda da risolvere, il caso da scoprire; tutti cercavano di avvicinarsi, solo per capire cosa si celava dietro quel sorriso finto di una sedicenne strana, ma nessuno aveva mai sfondato quei muri e non ero nemmeno sicura che qualcuno ci avesse mai provato davvero. Avevo imparato a convivere con me stessa ed erano i miei pensieri a tenermi sempre compagnia. Questa era la mia vita e l'avevo accettata, non mi aspettavo nulla di più e stavo bene, a modo mio. Ai miei genitori importava solo che io non creassi problemi, mentre mio fratello si comportava come se io non esistessi e io, avendoci fatto l'abitudine, facevo lo stesso. Avevo anche una migliore amica, lei era la parte migliore di me, riusciva a scorgere un lato del mio carattere che nessun altro poteva vedere, con lei mi sentivo meno sola e il silenzio che avevo dentro sembrava fare meno rumore quando eravamo insieme. Eravamo diverse, lei sempre solare, sorridente, semplice, e io.. bhè , il contrario.

In inverno amavo passare interi pomeriggi in biblioteca, in tranquillità tra una lettura e l'altra dopo aver studiato. A me piaceva studiare; molti alla mia età lo consideravano noioso, ma io ero sempre stata curiosa, fin da piccola, e studiare riusciva a soddisfare gran parte di quella curiosità. In più, mi permetteva di tenere la mente impegnata; riuscire a non pensare, a distaccarmi dai problemi reali, lo consideravo un paradiso.

Quel pomeriggio decisi di passare in caffetteria prima di rintanarmi in biblioteca, presi il mio solito caffè amaro e un pacchetto di skittles da portare con me. Arrivata in biblioteca decisi di finire prima un test di matematica e poi l'analisi di una lettura. Dovevo completare i compiti per l'estate poiché il giorno dopo sarebbe stato il mio primo giorno di scuola del mio penultimo anno di liceo. Gli anni precedenti erano stati tranquilli, nessuno tranne Kat (la mia migliore amica) e i professori si erano mai accorti della ragazza fantasma sempre in fondo alla classe in silenzio, e a me stava bene cosi; ero molto più brava a pensare e stare in silenzio, che a parlare e fare amicizia. A questo proposito avevo sempre pensato che la frase "I am a thinker, not a talker"  (sono un pensatore, non un oratore) in una delle canzoni di David Bowie, fosse perfetta per descrivermi, soprattutto se poi continuava e ascoltavi la parte in cui affermava "I've no-one to talk to, anyway" (e comunque non ho nessuno con cui parlare). Ma comunque non era che mi considerassi questa grande mente eccelsa, semplicemente sapevo di non essere come gli altri, sia per quanto riguardava i lati positivi, che quelli negativi. Non avevo nessuno con il quale parlare che non fosse me stessa, oppure nel migliore dei casi potevo sfogarmi con la mia migliore amica, anche se era raro, perchè odiavo far pesare agli altri quelli che erano i miei, e solo i miei problemi. 

Finii di studiare e decisi di finire il libro che avevo iniziato un paio di giorni prima. Un'altra cosa che adoravo era la lettura; amavo perdermi nelle pagine piene di parole per ore intere, amavo l'odore della carta stampata e la tranquillità che percepivo in quegli attimi. Tutte cose banali ma vere; i libri mi salvavano dalla fossa di solitudine in cui mi trovavo. Mi aiutavano a schiarire i pensieri più nitidi, a mutare le concezioni più radicate, a colmare i vuoti. Provare emozioni del genere con delle semplici parole non era da tutti, nè per tutti, mi dicevo, e io mi consideravo immensamente fortunata nell'essere una delle poche persone ammesse al 'circolo dei sogni' che riusciva a regalarti un semplice libro. 

Tornai a casa per l'ora di cena, toccai a malapena le patate bollite di mia madre tra i vari discorsi dei miei , che io ormai non ascoltavo più, e andai in camera. Poco dopo squillò il cellulare, sapevo chi era: Kat mi chiamava per una chiacchierata pre-primo giorno. Lo facevamo da anni, lei che blaterava parole con eccitazione e io che fingevo qualche affermazione entusiasta. Risposi quasi subito e sentii un urlo.

«S.O.S Subito.» rispose con voce allarmata -«sono decisamente nel panico. Non so cosa mettere e non sono assolutamente pronta a ritornare in quella gabbia di scuola.» sbuffò sconfortata.«Allora, Jeans chiari o scuri? O magari la gonna che ho comprato la settimana scorsa? Aiutami.»

«Sembra davvero un caso di vita o di morte, avresti potuto usare la chiamata di emergenza.» risposi in tono sarcastico ma affettuoso, era l'unica che riusciva a farmi usare quel tono, di solito ero molto più fredda e non curante nelle risposte.

«AH. AH. Mi sa che opterò per una gonna con i ricami floreali e una camicetta, o forse un top..» continuò a blaterare. «Mi stai ascoltando vero? A te non lo chiedo nemmeno cosa hai deciso di mettere, tanto conosco la risposta. Ah, quasi dimenticavo: notizia bomba!»

«Spara.»

«Ho sentito che nei nuovi corsi ci saranno molti giocatori della squadra di football, e sai cosa vuol dire questo?» concluse quasi urlando dalla gioia.

«Che sarai più distratta del solito durante le lezioni?»

«No, significa ragazzo per me, ragazzo per te, uscite, feste e tanto divertimento!»

«Ok, secondo me dovresti concentrarti un po' di più sui corsi in sé che ai benefici che potrebbero portare alla tua vita sociale, no?»

«Eddai, non fare la guastafeste Dè! Ci divertiremo, e dopo mi ringrazierai, ne sono sicura. Soprattutto dopo che avremo rimesso il naso su quei dannati libri, mi pregherai di trovarti delle distrazioni così!» disse, era l'unica a chiamarmi "Dè". Gli altri usavano il mio nome per intero: Desteny, come nome non era male ma a me non piaceva per niente.

  «Ne sei proprio convinta?» ghignai, sapevamo entrambe che sarebbe stato esattamente il contrario. A lei non piaceva studiare, non le piaceva la scuola in generale, ma era abbastanza intelligente da cavarsela comunque con buoni voti, senza nemmeno impegnarsi troppo. Era più il tipo che si interessava alla moda e al make-up, ma non era certo una di quelle oche bionde senza cervello che si vedevano in TV. Lei aveva carisma da vendere, ed ero assolutamente sicura che, finito il liceo, avrebbe fatto tanta strada in quel settore, o in qualunque altro posto volesse.

«Diciamo al 70%. Sai, sono una persona ottimista.» rispose lei assolutamente sicura delle proprie parole.

«Non farò nulla per distruggere i tuoi sogni, almeno fino a domani dai.»

« Appena vedrai quei bei ragazzi avremo gli stessi sogni, amica mia. Puoi starne certa.» disse risoluta e io decisi di porre fine a quella conversazione prima che fosse stato troppo tardi, o magari prima che lei mi organizzasse direttamente il matrimonio con quei tizi che nemmeno conoscevo.  

«Va bene, magari hai ragione.» ironizzai. «Dai ora è meglio dormire, ci vediamo domani. 'Notte Kat.»

«Va bene. A domani, sogni d'oro.»


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