4. La speranza è l'ultima a morire.

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La domanda era: come facevi quando riuscivi ad estraniarti da tutto? Quando ti allontanavi anche da te stesso, quando eri così lontano da non conoscere più la tua identità, ne la strada di casa. Come facevi quando ti sentivi così vuoto, trasparente? Quando eri tu stesso a voler essere così, quando ci diventavi principalmente per colpa tua, del tuo dolore, e della tua voglia di abbandonare tutto senza guardarti indietro, lasciando le cose belle e quelle brutte? Ero confusa, persa, in quel mondo di cui non sopportavo il peso, che mi privava di troppe cose e mi faceva essere la parte peggiore di me... Corsi nel primo posto che mi venne in mente: il terrazzo. Lì avrei potuto sfogarmi e piangere fino a scomparire...se solo fosse stato possibile cambiare le cose. Non mi riconoscevo più nemmeno io. Dovevo fare qualcosa, ma riuscivo solo a stare lì, inerme, a rigirarmi la mia vita tra le mani. Avevo ferito Kat e la cosa peggiore era la compassione che avevo letto nei suoi occhi. Detestavo essere guardata in quel modo. Ma era tutta colpa mia, tutto ciò che toccavo andava in frantumi. Riuscivo a distruggere tutto: stavo distruggendo me stessa e il rapporto con la mia unica amica. Ero un completo disastro. L'aria frizzante di fine settembre sembrava cominciasse a farsi sentire, un fruscio di vento sollevò da terra alcune delle foglie ormai seccate dalla stagione, mentre il rumore di alcuni passi avanzava verso di me, entrando pian piano nel mio campo visivo. Era il ragazzo tatuato che avevo visto il giorno prima, mi stava davanti e mi fissava con una sigaretta a mezz'aria. Asciugai le lacrime in fretta, odiavo piangere davanti a qualcuno, e lo guardai in volto per la prima volta. Aveva degli occhi davvero belli, erano verdi, sembravano diamanti. Erano di quegl' occhi che a guardarli ti ci perdevi senza riuscire a trovare più la strada di casa, perché quella era diventata casa tua. Mi alzai e lui parlò per la prima volta.

"Scusa ero lì dietro e ho sentito dei rumori... tutto bene?" il ragazzo passò il peso da un piede all'altro, leggermente a disagio, anche se la sua espressione neutra riusciva a coprire tutte le sue emozioni quasi alla perfezione.

"Si... Pensavo non ci fosse nessuno." replicai, a stento, alzandomi di terra. Quei bellissimi occhi mi fissavano incuriositi e si iniziò a leggere l'imbarazzo sul mio volto. Odiavo arrossire, odiavo mostrare le mie emozioni.

"Anch'io credevo non ci venisse più nessuno in realtà. Ma a quanto pare non è così.. beh, allora... a che anno sei? Non ti ho mai vista qui in giro." Ovviamente non mi aveva mai vista. Ero invisibile in quella scuola, come dargli torto?

"Sono al penultimo, tu?" non capivo perché mi stesse parlando, ma risposi comunque.

"Ultimo anno." Il suo cellulare squillò, dall'altra parte si sentì dire qualcosa, lui rispose con un breve "si, arrivo" e riagganciò. Tornò a guardarmi. "Ora devo andare, ci vediamo... in giro." mi liquidò, quasi balbettando, con un mezzo sorriso finto spiaccicato in volto.

"Ciao" risposi a mia volta. Distolse lo sguardo, spense la sigaretta e se ne andò velocemente. Non ero sorpresa per quel comportamento, anzi mi risultava strano il fatto che mi avesse anche solo rivolto la parola. Probabilmente mi aveva vista piangere e gli dovevo aver fatto pena. Ma decisi di abbandonare quel pensiero, dovevo concentrarmi e risolvere la situazione con Kat. Dovevo scusarmi, non volevo perdere anche lei.  Arrivai nella classe di francese, per la prima volta quell'anno e c'erano tutti ragazzi/e che non conoscevo. Non che negli altri corsi parlassi abitualmente con qualcuno, ma conoscevo abbastanza la storia di tutti. Presi posto in fondo all'aula e vidi, due file più in là, il ragazzo che avevo visto poco prima sul terrazzo che parlava con la sua cerchia di amici, tutti carini e alcuni tatuati come lui. Che coincidenza. Aveva detto di essere all'ultimo anno, sicuramente era stato rimandato in francese, oppure era un nuovo corso anche per lui. Durante gli ultimi due anni si sceglievano corsi facoltativi che, volendo, si potevano cambiare, anche se poi non era semplice riuscire ad essere al passo con tutto il programma poi. Notai che tutte le ragazze li guardavano e parlottavano tra loro, molto probabilmente del loro "affascinante" aspetto. Erano carini sì, ma non meritavano certo la mia completa ammirazione per i loro pettorali scolpiti. Lui non mi vide per tutta la lezione e una volta finita cercai di uscire in fretta dalla classe, sperando di riuscire a parlare con Kat durante l'ora di pranzo. Mi girai a prendere la felpa di corsa e notai che il ragazzo del terrazzo mi fissava, aveva un'aria interdetta stampata in volto. Presi la felpa e uscii il prima possibile dall'aula. Arrivai in mensa, ma Kat non c'era, così decisi di cercarla nel giardino della scuola. La trovai in un angolo a parlare con un gruppo misto di ragazze e ragazzi, tra cui riconobbi Tyler e Derek. Mi avvicinai a Kat e attirai subito la sua attenzione.

"Ciao, possiamo parlare?" dissi con tono sommesso.

Derek si girò verso di me -"Hei Desteny, ti unisci a noi?" chiese con un largo sorriso.

"Magari la prossima volta, grazie." lo liquidai. Lui farfugliò un "va bene" di risposta e io tornai a guardare Kat, che mi prese per un polso e mi trascinò lontano dal gruppo.

"Dimmi." Si rivolse a me con tono gelido. Feci un respiro profondo e iniziai a parlare. Non ero brava a dire certe cose ad alta voce.

"Tutto quello che hai detto prima, è ... tutto vero. Sono egoista e sono un disastro come amica e come persona. Ma nemmeno io voglio perderti, ti voglio bene e non ce la farei senza di te nella mia vita. Ti rendo le cose difficili, ogni volta, e fossi al tuo posto non sopporterei certi comportamenti ma cercherò di migliorare, ce la metterò tutta... scusami." dissi tutto d'un fiato. Lei aveva gli occhi lucidi e io stavo per scoppiare in lacrime per la terza volta quel giorno, ma cercai di trattenermi.

"Scusami tu Dè, non è colpa tua. Avrei dovuto starti vicina senza farti pesare niente. Ma io voglio davvero aiutarti.."

"Lo so..." senza poter fare nulla per evitarlo scoppiai in lacrime e lei mi abbracciò, stringendomi forte. Mi allontanai poco dopo, con riluttanza. "Ti voglio bene Dè." disse sorridendo. Annuii e mi asciugai  le lacrime di quella che sembrava una sorgente dentro di me; una sorgente stracolma di emozioni che era stata tappata per troppo tempo, pronta ad esplodere da un momento all'altro.

"Dai, andiamo a fare amicizia." dissi sorprendendola. Lei mi guardò disorientata. "Tu fai tanto per me, penso che provarci sia il minimo che io possa fare per te." alle mie parole lei sfoggiò un sorriso che le andava da un orecchio all'altro.

"Allora andiamo." disse prendendomi per un braccio. Volevo provarci, volevo farlo per lei, ma anche per me. Volevo cambiare, ma sapevo già che non ce l'avrei fatta, avevo perso la speranza da tempo... ma lei no, ed era quella speranza a tenerci unite. Quindi, visto che la mia non esisteva più, avrei lasciato che fosse la sua a tenermi stretta alla mia migliore amica.


La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Where stories live. Discover now