38. Dimmi che t'importa di me.

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"Vorrei condividere questo ricordo con te figlia mia, spero capirai.   Leggi la lettera quando sarai pronta e abbine cura. Mamma."

Rilessi quel bigliettino centinaia di volte, lo imparai a memoria ma non lo capii, non riuscivo a capire. C'era un anello, sembrava una fedina, il biglietto e una lettera ripiegata tantissime volte. Doveva essere la fedina del matrimonio dei miei, perché la stava dando a me? Probabilmente l'avrei capito leggendo la lettera, ma se dovevo essere pronta per farlo, in quel momento ero tutto tranne che quello. Lessi il biglietto altre cinque volte, ma niente. La lampadina non mi illuminò, davvero non trovavo spiegazione a tutto ciò, anzi ero sempre più confusa. Perché  darmi qualcosa che rappresentasse il loro matrimonio? Non ero certo presa da quel momento visto che è da lì che erano iniziati i problemi. Sapevo di essere dura nei loro confronti ma non trovavo normale la rabbia e il risentimento che provavo, quindi automaticamente scaricavo la colpa sulla situazione che avevano creato. Odiavo provare odio, ancora di più verso di loro perché avrei dovuto amarli, proteggerli, com'era giusto, normale. Invece mi avevano portato ad essere così tanto piena di rabbia e dolore che tutta la mia vita automaticamente era stata condizionata. Il mio carattere non aveva aiutato, ma di certo loro avevano gran colpa e non gliela avrei perdonata facilmente. Dopo un po chiusi la scatolina, la sotterrai in fondo al cassetto accanto al letto dove tenevo cianfrusaglie varie e tentai di immergermi nella lettura di un nuovo libro.

Il weekend lo passai nella mia camera, senza vedere nè sentire nessuno, a parte qualche visita occasionale di mio fratello che io subito avevo liquidato.

Il lunedì mattina mi alzai controvoglia, ovviamente, mi vestii a caso e mi avviai a scuola come uno zombie. Cercai di arrivare giusto in tempo per il suono della campanella, e non prima per riuscire a non parlare con nessuno, soprattutto per non incrociare Jace.

"Desteny!" sentii chiamarmi da dietro e tutti i piani per passare inosservata andarono pian piano a farsi benedire. Mi girai e incrociai gli occhi color nocciola di Derek che mi fissavano curiosi.

"Hei" bofonchiai in saluto.

"Buongiorno, tutto bene?" chiese analizzandomi. Non dovevo avere un gran bell' aspetto.

"Si, certo, a te?" risposi cercando di abbozzare un mezzo sorriso.

"Abbastanza." mi rivolse un sorriso che in altre circostanze mi avrebbe davvero scaldato il cuore. Stavamo avanzando verso l'entrata ma all'improvviso si bloccò e mi girai per capire il perché.

"Che succede?" chiesi cercando di avere un tono più gentile possibile.

"Ecco..." assunse un'espressione imbarazzata e iniziò a toccarsi nervosamente i capelli. "Mi chiedevo se... Questo pomeriggio fossi libera...insomma se ancora vuoi, me lo avevi detto tu, altrimenti non avrei insistito e..." continuò agitandosi.

"Derek calmati, non ti sto capendo."

"Non so se ti ricordi ma...ti eri offerta per aiutarmi con le materie in cui sono stato rimandato al corso precedente e..." Merda. Era vero. Mi ero completamente dimenticata. Perché perdeva così tanti colpi la mia testa incasinata?

"Oddio scusami, mi ero completamente dimenticata... Mi dispiace." scattai in un tono lamentoso.

"No, non preoccuparti." ridacchiò lui.

"Va bene allora oggi ci vediamo in biblioteca, okay?" chiesi, sperando di non dimenticare anche quello per fine giornata.

"Se per te non è un problema, va bene, è perfetto."  il suo volto si illuminò.

La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Where stories live. Discover now