66. Un sole luminoso.

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"Mamma, mamma guarda! Oggi sono stata bravissima, la maestra mi ha detto che il mio disegno sulla famiglia è stato il più bello!" Gli enormi occhi blu della bambina brillavano di felicità, mentre cercava lo sguardo di sua madre per cogliere la gioia della notizia appena data.

"Si, sei bravissima tesoro,lo so." La rassicurò la mamma, cercando di prestarle attenzione, anche se in quel momento era impegnata, come quasi sempre. "Adesso vai in camera tua però." Il sorriso della bambina si spense e smise di agitare il foglio col suo disegno davanti al viso della madre. La mamma le lasciò un bacio sulla guancia, accorgendosi dell'improvviso cambio di umore della figlia. "Ti prometto che dopo mi farai vedere tutti i disegni che vuoi, aspettami in camera tua." La bambina riacquistò la gioia e saltellò verso camera sua, contenta come non mai. Cominciò a disegnare, facendo del suo meglio, disegnò tantissime cose, ogni cosa che le paresse anche solo carina, cosi che sua madre avesse tanti disegni da guardare e passasse più tempo con lei. Dopo molto tempo, la piccola capì che doveva essere ora di cena perché cominciò a sentire dei brontolii allo stomaco e si convinse che la mamma sarebbe apparsa dalla porta in qualche istante con un vassoio di zuppa al pollo che a lei piaceva tanto e avrebbero mangiato e guardato i suoi disegni insieme. Ma la mamma non arrivò quella sera, l'ultima cosa che sentì prima di addormentarsi fu la porta di casa che sbatteva e la voce alta e rude di suo padre.

La luce chiara entrava dalla finestra di lato della stanza, le tende erano tanto chiare da scomparire quasi completamente nel bagliore solare. Dovevano essere le dieci o le undici di mattina, ma quel giorno la luce del sole era più forte che mai. La stanza era immersa in brusii delle poche persone che c'erano e parlottavano a bassa voce tra loro, ticchettii di scarpe che sbattevano contro il pavimento di marmo e talvolta si sentiva il din dell'ascensore che si apriva sul piano. L'odore di disinfettante e candeggina era pungente e le pareti bianche e opprimenti. Eravamo nella sala d'attesa del reparto di psichiatria, nel quale avevano spostato mia madre quella mattina, dopo che era sorprendentemente uscita dal coma.

Ancora non riuscivo a crederci: si era finalmente svegliata. Ero scoppiata in lacrime appena Dylan era entrato in cucina tre ore prima e io ancora non riuscivo a fermare l'agitazione e le lacrime che minacciavano di uscire ogni minuto. Avrei voluto dire di essere stata felice, sollevata, ma la verità era che non sentivo felicità, ne sollievo. Sentivo solo paura, una dannata paura di tutto. Temevo di non riuscire a starle accanto nel modo giusto, temevo che avrebbe riprovato a togliersi la vita, temevo di rivedere quell'ospedale e quei tubi ai quali era stata attaccata per quasi due mesi. Temevo di perderla di nuovo. Volevo recuperare il tempo perduto, volevo farle sapere che avevo letto la sua lettera fino a consumarla con le lacrime, volevo sorriderle e rivedere i suoi occhi azzurri tanto simili ai miei. Volevo presentarle Jace e parlarle di lui per ore, mentre lei mi rassicurava, dicendomi che sarebbe andato tutto bene e che sarei stata felice. Volevo decisamente troppe cose per essere seduta in una sala d'aspetto di un ospedale.

"Dottore." Vidi mio fratello balzare in uno scatto dalla sedia, mentre io non mi ero nemmeno accorta che il medico era appena uscito dalla porta che portava nel reparto. Balzai subito in piedi anch'io e il dottore pose il suo sguardo distaccato su di noi. "Dottore, come sta nostra madre? Cosa è successo? È sveglia?" Dylan sparò a raffica le domande e il dottore gli intimò di calmarsi.

"È uscita dal coma ma ancora non sappiamo niente con esattezza. È stato un coma lungo e profondo e potrebbe avere dei traumi, o qualsiasi altra cosa. Dobbiamo aspettare, ma stiamo facendo tutti gli esami necessari. Sarà fuori pericolo quando saranno passate le settantadue ore. Non posso dirvi altro al momento, mi dispiace." Ci rivolse un sorriso malinconico e fece per andarsene di corsa ma lo fermai.

"Aspetti, possiamo vederla? È sveglia?" Chiesi con una voce che mi sembrò lontanissima e spenta.

"È sedata, però potete entrare uno alla volta, non più di cinque minuti, mi raccomando." Detto questo se ne andò e io rimasi lì immobile, finché la voce di mio fratello richiamò la mia attenzione.

La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Where stories live. Discover now