18. Una bellissima eccezione.

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Con mia grande sorpresa riuscii a studiare mentre Jace si limitava ad ascoltare; mi aiutó negli esercizi di matematica che non riuscivo a fare, li spiegò tanto bene che era impossibile non capire persino per me. Era davvero portato per le spiegazioni di matematica. Lo scorsi a fissarmi più volte ma cercai di non incrociare il suo sguardo, non riuscivo a non pensare all'incubo della notte precedente alla vista del verde intenso dei suoi occhi. Mentre mi perdevo nei miei pensieri con il libro di storia davanti, sentii Jace alzarsi e uscire in corridoio. Forse si stava annoiando guardando me studiare, non potevo biasimarlo. Inoltre, se non ci fosse stato lui mi sarei concentrata di più sulla storia che sugli inutili pensieri che gli riguardavano, quindi mi sarebbe andato anche bene se se ne fosse andato per davvero...mi costrinsi a pensare, anche se una punta di delusione sfiorava la mia mente. Lo sentii rientrare poco dopo ma non alzai lo sguardo finché non posò sul tavolo un sacchetto di skittles e una barretta di cioccolato. Lo guardai con fare interrogativo.


"Pensavo avessi fame." fece spallucce e tornò a sedersi.
"Mm..grazie." mi limitai a rispondere, prima di tornare sul mio libro di storia.
Dopo un po' riuscii a imprimere nella mente quello che mi serviva per il test di storia, fortunatamente.
"Finito." rivolsi un sorriso sollevato a Jace, il quale stava armeggiando con il cellulare da un po'di tempo.
"Bene. Andiamo?" sollevò lo sguardo dallo schermo, mettendo a posto il telefono e si alzò subito.
"Si." lo imitai, presi la mia roba e uscimmo dalla biblioteca.
"Non li mangi?" mi chiese appena salimmo in auto. Avevo ancora il skettles in mano intatti e la tavoletta di cioccolata.
"Magari dopo...adesso non ho molta fame." risposi imbarazzata. La mia mente a volte non lasciava spazio al cibo, non m'importava essere bella, sapevo di non esserlo. Non perché avessi chissà cosa che non andava fisicamente, bensì tutto ciò che mancava dentro. Tutto il calore e l'amore che non avevo, tutte le emozioni che non sentivo.
"Mi accompagni a casa?" ero stanca, davvero stanca. Non tanto fisicamente, quanto mentalmente. Ero stanca dei miei incubi, ero stanca di quelle maledette pillole per il mal di testa che dovevo prendere ogni giorno, perchè non dormivo e avevo sempre mal di testa allucinanti. Ero stanca di non riuscire nemmeno a mangiare liberamente, perchè mi si chiudeva la stomaco molte volte e non potevo farci assolutamente niente. Ero stanca di fingere con tutti, anche con me stessa. Ero stanca di alzarmi la mattina e dover affrontare da capo sempre la stessa merda, ogni giorno. Ero stanca di sentire "che occhiaie che hai", "che broncio". Volevo che mi dicessero che avevo un bel sorriso, volevo sorridere, volevo ridere fino a scoppiare. Volevo scoppiare, esplodere, non implodere. Volevo vivere la mia vita, volevo non dover tornare a casa mai più. Volevo scappare e andare lontano, ricominciare da zero. Volevo un posto dove poter essere me stessa, per cominciare a vivere, un posto, anche frivolo e abbandonato che mi regalasse la pace che bramavo. Volevo il mio posto in quel mondo. Volevo così tante cose...

"Certo." sospirò e mise in moto l'auto. Mi accompagnò a casa, gli rivolsi un saluto veloce e corsi in casa. L'ultima cosa che volevo era una predica di mio fratello sul fatto di non frequentare Jace, quindi sfrecciai in camera mia subito. Non avevo più parlato con Dylan dalla notte precedente e volevo continuassimo così per un bel po'. Restai in camera saltando la cena, nessuno bussò alla mia porta. Il giorno dopo Kat non venne a scuola, mi aveva chiamato per dirmi che aveva l'influenza. Passai l'ora di pranzo in terrazzo, cercai di concentrarmi su un nuovo romanzo ma Jace si era ormai impossessato della mia mente. Non mi aveva più chiamato, nè mandato un messaggio... Non aveva motivo per farlo ovviamente, ma quegli assurdi pensieri pervasero comunque nella mia mente.
A lezione di letteratura il signor Klaris ci assegnò un libro da leggere ed elaborare in coppia. Le coppie vennero scelte a sorteggio e vista la fortuna che avevo perennemente dalla mia parte mi capitò come compagno l'unica persona al mondo con cui non avrei mai voluto condividere nulla, nemmeno l'aria. Derek. Feci per oppormi ma Klaris fu categorico: o facevo il compito con il compagno che mi era stato assegnato oppure potevo dire addio alla promozione nella sua materia, visto che era uno dei compiti più importanti del semestre.

"Desteny." Derek a fine lezione era davanti a me, ovviamente. Più le cose andavano male , più dovevano peggiorare, altrimenti non sarebbe stata la mia vita.
"Non passerò nemmeno un minuto con te." lo avvertii a priori.
"Preferisci essere bocciata?"
"Decisamente." confermai, senza sfiorare il suo sguardo.
"Ma non puoi." mi sfidò.
"Io faccio ciò che voglio." affermai, cercando di apparire convincente, anche se in realtà non lo ero. Non volevo dargliela vinta ma davvero non potevo essere bocciata nella mia materia preferita per colpa di un imbecille.
"Potresti provare ad ascoltarmi senza pensare al lavaggio del cervello che ti ha fatto quel coglione allora." si alterò e io alzai lo sguardo su di lui, sorpresa.
"Il coglione sei tu." feci per andarmene ma mi bloccò per un braccio. "Lasciami." cercai di divincolarmi.
"Io non sono come Tyler. Ascoltami per un secondo. Sapevo fosse un po stronzo con le ragazze ma non credevo...fosse un malato." i suoi occhi mi imploravano e si leggeva l'agitazione nella sua voce. Non riuscivo a fidarmi, ma sapevo che era sincero in quel momento. "Non puoi rischiare la bocciatura per me. Se vuoi posso convincere Klaris a lavorare da soli..." lo bloccai.
"Ci vediamo alle sei in biblioteca giovedì. A condizione che parliamo solo ed esclusivamente del compito." non potevo rinunciare a quel corso, il mio odio verso di lui doveva passare in secondo piano.
"Si, va benissimo." ripose con un mezzo sorriso sorpreso. "Grazie." disse prima che io abbandonassi l'aula. 

Non mi fidavo di lui, per niente. Ma mi risuonarono in mente le parole di Jace sul racconto della sua famiglia. "Non era più il bambino felice con cui giocavo." "Iniziò ad odiarmi e io finii per odiare lui e il resto del mondo." Forse erano stati solo vittime di un'infanzia difficile, Jace aveva sofferto e si leggeva il suo dolore ancora oggi. Ma anche su Derek era stato tracciato un segno indelebile di rabbia e dolore. Forse era come Jace, come me. Forse la sua era solo una maschera, forse non era davvero come Tyler. La differenza tra Jace e Derek,però, era che se anche avevano vissuto lo stesso passato difficile, di Jace mi ero fidata dal primo momento in cui lo avevo visto, mentre di Derek non riuscivo a fidarmi così ciecamente. Non riuscivo a fidarmi di nessuno in realtà, nemmeno di me stessa... Jace era l'eccezione in molte cose, era la mia eccezione. Speravo davvero lo fosse.



La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Where stories live. Discover now