33. Tutt'altro che un regalo.

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"Hai bisogno di qualcuno che sappia leggerti dentro nonostante tu sia fatta di scarabocchi."

Quella mattina la voglia di alzarmi, o semplicemente di respirare, era decisamente pari a zero. Era venerdì ed era il giorno del mio compleanno, il giorno che odiavo di più al mondo. Se avessi potuto cancellare quella data dal calendario l'avrei fatto senza pensarci sù due volte. Odiavo da sempre il mio compleanno; da piccola era sempre uno dei giorni più brutti per me, semplicemente perchè ero sempre stata piena di aspettative, come ogni bambina, e ovviamente mai nulla era andato come previsto. Per un motivo o per un altro i miei genitori lo dimenticavano, erano state poche le volte in cui lo avevano ricordato e per me era stato un duro colpo all'inizio, ma col passare del tempo mi ci ero abituata e avevo iniziato a considerare quel giorno uguale a qualunque altro, casomai peggiore. Kat cercava tutti gli anni di convincermi a festeggiare, ma io mi ero sempre opposta. Da piccolissima sapevo di aver festeggiato dei compleanni solo per via di alcune foto che avevo visto in qualche vecchio album. Ma comunque mi meravigliava scoprire che i miei genitori erano, in qualche modo, stati "normali" in passato, ovviamente prima che il vizio di mio padre portasse la distruzione della famiglia.

Mi costrinsi ad alzarmi solo perchè ormai avevo accumulato una collezione di ritardi e assenze a scuola e non potevo rischiare di perdere l'anno a causa del mio umore. Non prestai la minima attenzione a ciò che indossavo e non misi nemmeno un filo di trucco, ero di un umore nero e non ne avevo proprio la testa. Scesi per avviarmi a scuola e mi ritrovai davanti Dylan pronto per uscire.

"Buongiorno." esordì.

"Hei, io devo anda-" feci per dirigermi verso la porta ma mi bloccò.

"Aspetta." cacciò qualcosa dalla tasca e me la porse. "Buon compleanno." mi rivolse un timido sorriso. Mi stava porgendo l'orologio che gli avevo dato qualche settimana prima per pagare i suoi debiti, l'orologio di mia nonna e quello che sembrava un cioccolatino.

"Ma cosa..." lo guardai confusa.

"So che ci tieni." presi l'orologio e lo guardai stranita. In realtà ci tenevo davvero, mi ricordava mia nonna; era morta quando avevo dodici anni ed ero stata molto legata a lei nonostante non potessi vederla molto spesso. Era diversa da mia madre, era sempre stata presente per me quando poteva, e le avevo voluto davvero bene.

"E i soldi dove li hai presi?"

"Mi sono trovato un lavoro, in una pizzeria qui dietro, ho chiesto un anticipo al proprietario, che è un amico di un mio amico, e sono riuscito a pagare tutti i debiti senza averne bisogno." mi spiegò indicando l'orologio.

"Grazie." gli rivolsi un mezzo sorriso. "E questo?" indicai il cioccolatino.

"Per addolcire la giornata." mi sorrise ancora una volta facendomi l'occhiolino. "Ora vado, ci vediamo dopo Desteny."

"Va bene, ciao." un sorriso aleggiò anche sul mio volto e sentii una sensazione strana... come uno strano calore al petto, era davvero piacevole...probabilmente si chiamava affetto, era simile a ciò che provavo quando Kat mi rivolgeva uno dei suoi sorrisi calorosi.

Arrivata a scuola, pregai di non incontrare Kat con Jace o Steven. A Jace non avevo detto nulla di quel giorno e Kat mi aveva già tempestata di messaggi e chiamate che io avevo volutamente ignorato per evitare la sua isteria di prima mattina. Le volevo bene davvero ma quando si trattava di compleanni, notizie o feste era irriconoscibile e si trasformava in un mostro di cuori, abbracci e gioia irrefrenabile. Tendevo a passare inosservata e mi piaceva, ma con Kat in quelle condizioni era impossibile; un anno avevo persino trovato dei palloncini nel mio armadietto che ovviamente erano volati e si erano dispersi per tutto il corridoio con mezza scuola che mi fissava. Da allora l'avevo sempre pregata di tenere a bada il suo entusiasmo almeno davanti a tante persone, ma quasi ogni volta non lo aveva fatto, ovviamente.

La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Where stories live. Discover now