9. Un meraviglioso istante.

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Dopo due giorni dovetti ritornare a scuola, i tre precedenti erano stati un inferno e non avevo certo un bell'aspetto. Avevo due occhiaie scure e profonde e gli occhi perennemente rossi per le incessanti lacrime versate. Misi una maglietta nera, dei jeans chiari e una felpa. Avevo ancora la testa in completa confusione e l'idea di dover incontrare o parlare con un altro essere umano non aiutava di certo. Passando dall'ingresso principale di scuola vidi Kat, Tyler e Derek con altri ragazzi, loro fortunatamente non mi videro, così riuscii a ignorarli e proseguire. Kat mi aveva tempestato di chiamate per tre giorni e io le avevo risposto soltanto una volta con un messaggio in cui le dicevo di avere l'influenza. Mi sentivo in colpa, ma non potevo fare altrimenti. All'entrata vidi Jace su un muretto che fumava, mi vide quasi subito ma io distolsi lo sguardo e continuai a camminare. Riuscii a seguire abbastanza le prime lezioni. A pranzo decisi di prendere una mela e andare in terrazzo, erano giorni che non riuscivo a mandare giù nulla e sentivo le mie ossa diventare sempre più sporgenti. Arrivai sul terrazzo e decisi di continuare la lettura di un libro che avevo abbandonato giorni prima. Poco dopo sentii dei passi dietro di me, sapevo già chi era ma rifiutai di girarmi prima di sentire la sua voce.

"Di nuovo qui eh?" mi girai e lo vidi. Jace Morgan mi fissava con quel suo sorrisetto da strafottente. "Non sei venuta a scuola in questi giorni." continuò.

"No, cosa fai adesso? Lo stolker?" risposi fredda con un'ironia che non riuscì a sembrare tale, a causa del mio tono. Non mi andava di parlare con lui e non capivo perché lui lo stesse facendo. Feci per andarmene ma la sua voce mi bloccò.

"E' brutto carattere o solo un modo odioso di fare?" 

"Cosa?" sentii montare la rabbia.

"Essere un ghiacciolo ambulante." la sua voce era carica di... non avrei saputo dirlo con certezza, forse, era infastidito? Ma da cosa? Certo non si sarebbe potuto riferire al mio comportamento perchè non lo conosceva nemmeno, non conosceva me, nè la mia vita. Ma chi si credeva di essere per giudicarmi? Non sapeva niente e mi stava giudicando proprio come il resto delle persone, quel genere di persone che giudicavano il libro dalla copertina.

"Nessuno ti ha chiesto di venire qui a parlarmi. Non sei nessuno, non puoi giudicarmi, non sai niente di me. E preferirei essere un ghiacciolo per tutta la vita piuttosto che uno stupido montato e finto come te." sputai quelle parole con tutta la rabbia che avevo accumulato in corpo.

"Nemmeno tu puoi giudicarmi." disse avvicinandosi con uno sguardo intenso e ancora più infastidito.

"Hai cominciato tu." risposi reggendo il suo sguardo.

"Comunque non è mica di tua proprietà questo posto. Chi ti dice che sono venuto per parlare con te? Io qui posso starci quanto mi pare e posso parlare con chi mi pare." aveva un sorrisetto compiaciuto, sembrava sicuro di sè quanto strafottente, ma si capiva che in realtà c'era dell'altro, che lui non era solo ciò che mostrava, ma soprattutto ciò che nascondeva.

"Bene, allora posso decidere anch'io di non parlare con te no?" non gliel'avrei mai data vinta.

"Perché? Ti spaventa sentire la verità?" sussurrò avvicinandosi ancora di più. Non riuscivo a muovermi, era come se i suoi occhi verdi mi tenessero incollata con lui, in quel posto.

"Che ne sai tu della verità su di me? Io me ne vado." dissi costringendomi a distogliere lo sguardo.

"No, tu vieni con me." disse afferrandomi per un polso.

"Tu sei pazzo, non vengo da nessuna parte." alzai la voce, liberandomi dalla sua presa. Sapevo che non aveva cattive intenzioni ma era pur sempre uno sconosciuto... eppure riuscivo a non sentirmi a disagio con lui. Riuscivo a non nascondermi dietro le mie debolezze, anzi, lui me le sbatteva in faccia e mi ci faceva fare i conti.  "Voglio solo farti vedere un posto, dopodiché ti lascerò stare e se lo vorrai non ti parlerò più." era serio.

La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora