35. Parole amare.

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Jace partì velocemente ma guardandomi alle spalle riuscii lo stesso a scorgere le figure di diversi uomini che uscivano dal bar affannosamente.

"Mi dici che diavolo è successo?!" gli urlai agitandomi sul sedile.

"Niente. Cazzo non riesci proprio a farti gli affari tuoi eh?" rispose velenoso, ma non mi stava realmente prestando attenzione. Continuava a tenere gli occhi fissi davanti a se e un'espressione tutt'altro che tranquilla in volto.

"No! Dimmi che è successo in quel dannato bar Jace." Emise una specie di grugnito ma non rispose. Era decisamente arrabbiato e aspettai che si calmasse prima di parlare di nuovo.
Era successo qualcosa di grave in quel bar, ne era uscito completamente sconvolto, non l'avevo mai visto così. Rientrammo dopo un po nel parcheggio del locale in cui avevamo lasciato Kat e Steven. Jace fece per scendere ma lo bloccai mettendogli una mano sul braccio. A quel tocco sussultò , era più calmo ma la tensione era ancora palpabile.

"Jace."

"Non ne voglio parlare Desteny." disse sospirando.

"Voglio sapere che diavolo è successo. Li ho visti quei tizi. Non voglio che ti ficchi di nuovo nei guai." dissi con un tono più dolce possibile.

"So badare a me stesso." rispose liberandosi dalla mia presa e scendendo dall'auto.
Sospirai frustrata e lo raggiunsi. Era davvero snervante, avevo bisogno di sapere, avevo bisogno di sapere che non era in pericolo, che era andato tutto bene. Anche se ovviamente non era e non poteva essere così.

"Cosa hai saputo di tuo fratello?" gli chiesi prima di rientrare nel locale mentre lui era avanti a me di spalle. Si irrigidì e si bloccò alla mia domanda.

"L'ho perso." gli sentii dire e a quelle parole mi sentii sprofondare.
Mi avvicinai e mi parai davanti a lui. Lo guardai negli occhi e vidi di nuovo quell'oscurità; era completamente perso, riuscivo a leggerlo, ma aveva comunque lo sguardo duro e indifferente di sempre. Sapevo quanto dolore avesse provato pronunciando quelle parole, ma non riuscivo a capire perché lo stesse nascondendo così, anche a me.

"Cos'è successo?" gli chiesi in un sussurro dopo qualche istante. Mi avvicinai ancora; in quel momento sentivo solo il bisogno di stringerlo forte, fargli sentire che c'ero.
Mi guardò intensamente per lunghi istanti e alla fine distolse lo sguardo in modo malinconico.

"Ti ho mentito." disse abbassando lo sguardo.

"Su cosa?" chiesi stranita.

"L'uomo che dovevo incontrare era...era un amico di Mark. Era gente che conoscevo prima. Odio continuare ad averci a che fare ma è l'unico modo. È l'unico modo per trovarlo." sospirò pesantemente.

"Perché è l'unico modo? E perché hai detto di averlo perso?" gli chiesi confusa.

"Perché loro hanno i contatti giusti. Sono gli unici a cui mi posso rivolgere per cercare di non finire in guai seri. Con la polizia ci finirei sicuramente, lui non me la farebbe passare liscia. E mi renderebbe impossibile ritrovare mio fratello. Non posso rischiare. Anche se...dopo stasera sono quasi sicuro che sia impossibile ormai." affermò completamente demoralizzato.

"Perché dici questo?"

"Quel tipo mi ha detto che molto probabilmente non è in un orfanotrofio. Pensa sia...sia stato venduto." disse a denti stretti.

"Venduto?" chiesi ancora più confusa.

"Si tra grandi pezzi di merda, spacciatori,ricconi spietati... Introducono, per così dire, nelle loro attività anche i figli arrivati ad una certa età. Tra di loro capita che qualcuno paghi bene l'altro per avere magari suo figlio che gli fa il lavoro sporco." il suo tono era sprezzante e disgustato, come il mio sguardo. "Nel bar ho dato di matto e sono quasi finito in una rissa." concluse sospirando.

La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Kde žijí příběhy. Začni objevovat