13. Una giornata complicata.

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Al mattino decisi di scendere per preparare la colazione a Kat, mentre lei dormiva ancora. Durante la notte l'agitazione mi aveva tenuta sveglia per un bel po', ma alla fine ero riuscita ad addormentarmi, anche se solo dopo aver rielaborato la schifosa serata precedente ed essere arrivata ad una pseudo-soluzione; l'obiettivo era uno: farla pagare a quel bastardo di Tyler, schiacciare la sua reputazione sotto i miei piedi e magari assestargli un bel pugno in faccia per rovinargliela un po'. Arrivata in cucina, vi trovai Dylan, chino sul suo bicchiere di succo al pompelmo.

"Buongiorno." dissi iniziando a preparare un vassoio da portare in camera per Kat. Non volevo cominciare la giornata, anche quella, con il piede sbagliato, quindi mi sforzai di comportarmi in maniera civile e sperai che mio fratello facesse lo stesso. Gli rivolsi un rapido sguardo, mentre prendevo dei biscotti dalla scatola, e notai che aveva un'aria a dir poco distrutta; aveva gli occhi iniettati di sangue ed enormi occhiaie scure. Mi chiesi cosa avesse fatto la sera precedente per ritrovarsi in quello stato, non volendolo, in realtà, sapere veramente. Ovviamente non parlavamo mai, se non per litigare, e, anzi, sentivo una sorta di insofferenza che lui provava quando eravamo nella stessa stanza, la stessa che provavo io quando sapevo che in casa c'erano i miei genitori. Però, lo conoscevo abbastanza da sapere che se esisteva qualcuno più "autodistruttivo" di me, quella persona era proprio lui. L'avevo capito quando a dieci anni aveva cominciato a frequentare brutta gente, solo per non restare a casa, e perchè credeva di non essere "abbastanza" per frequentare persone migliori, anche se, in realtà, lui odiava quella gentaglia;  si notava dal suo sguardo assente che aveva cominciato ad avere da allora in poi. Perchè le persone che amavi ti 'regalavano' la vita, una luce particolare nei tuoi occhi si accendeva, quando eri con loro; non ti facevano sprofondare nel buio ancora di più... i tuoi occhi non erano neri pece. Come, invece,lo erano i suoi. La mancanza d'affetto che ci portavamo dietro a causa dei nostri genitori, non contribuiva certo all'aumentare della fiducia in noi stessi; quindi entrambi ci sentivamo inferiori a tutti, alla vita stessa. Eravamo uguali, anche se così lontani, avevamo quel vuoto che ci avrebbe legato per sempre.

Finii di preparare un vassoio con caffè, succo d'arancia,biscotti, omelette e bacon e rientrai in camera, Kat dormiva ancora. Presi il cellulare e vidi che c'era un messaggio da un numero sconosciuto. Sbloccai lo schermo e aprii la cartella dei messaggi. "Buongiorno, Desteny. Oggi non hai da fare, vero? Jace."  rimasi imbambolata davanti al messaggio per un minuto intero, poi iniziai a bombardarmi di domande. Come aveva avuto il mio numero? Perchè era prepotente anche tramite messaggio? Perchè il mio stupido cuore batteva come un forsennato quando c'era in giro quell'idiota? Perchè mi sentivo tanto stupida? Cosa voleva ora da me lui?  Ovviamente evitai anche di provare a darmi qualche risposta, tanto sarebbe stato inutile. Fui tentata dal non rispondere, ma alla fine la mia curiosità ebbe la meglio, come sempre. "Come hai il mio numero? Cosa vuoi?"  inviai il messaggio con il nervosismo alle stelle, quel ragazzo mi stava coinvolgendo decisamente troppo. Notai che Derek mi aveva chiamata, più di una volta la sera prima, e sentii di nuovo un moto di rabbia sovrastarmi; ma il lato positivo era che avevo finalmente scoperto la verità: lui era uno stronzo, come il suo amico, Jace aveva ragione.

"Buongiorno" sentii la voce di Kat affianco a me, ancora impastata dal sonno.

"Hei, ti sei svegliata! Buongiorno." si alzò a sedere stropicciandosi gli occhi e fui contenta di constatare che aveva un'aria decisamente più rilassata e riposata. "Ti ho preparato la colazione." dissi porgendole il vassoio accanto a me.

"Wow" sgranò gli occhi nel vedere tutta quella roba davanti a se'. "L'hai preparata per me o per un intero reggimento?" sogghignò. In effetti, avevo un po' esagerato, ma volevo che si rimettesse, in piene forze.

"Ehm, forse mi sono un po' fatta prendere la mano." abbozzai un sorriso e lei scoppiò a ridere vedendo la mia espressione. Quel suono mi riempì il cuore  e non mi accorsi nemmeno di star ridendo con lei finchè il trillo del mio telefono ci distrasse. Lo presi e forse una piccolissima parte di me sperava fosse proprio lui. "Ho i miei trucchetti, non preoccuparti. Allora, non hai risposto alla mia domanda."  lessi e la mia espressione mutò, tanto che Kat se ne accorse.

La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Where stories live. Discover now