41. Semplici parole.

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Fidarsi di una persona significa in qualche modo 'regalare' una parte di te a quella persona. Significa avere il coraggio di mettere nelle sue mani una parte importante della tua vita. Quando ci si fida di qualcuno ci si aspetta che poi quella persona ci sarà per te nei momenti difficili, non che sia parte di questi ultimi. Non immagini che proprio la fiducia che hai riposto è ciò che rende un attimo doloroso. Ero sempre stata restia nel 'dare fiducia'. Ero sempre stata troppo codarda, troppo ferita per concedere a qualcuno una parte della mia poca forza.  Fino al suo arrivo. A lui avevo dato la mia fiducia senza nemmeno accorgermene, senza pianificarlo. Il mio cuore si era schiuso alle sue parole per lasciarle entrare e custodirle come il più prezioso dei tesori. La mia anima aveva accolto i suoi occhi e aveva avidamente trattenuto il verde luminoso che si era impossessato anche della mia mente.  Forse era per quelle ragioni che faceva cosi male.
Era un male diverso rispetto a tutti quelli che avevo già provato. Riusciva a farmi salire le lacrime in ogni momento, non riuscivo a sopportarlo dentro. Doveva uscire in qualche modo. Vederlo con quella ragazza mi aveva fatto più male di quanto credessi. E il fatto che ero stata io a spingerlo a fare tutto ciò, era decisamente insopportabile. Era un ragazzo alla fine, e si sapeva che i ragazzi non sopportavano la solitudine troppo a lungo. Eppure ci avevo sperato nel fatto che lui fosse diverso. Ero stata io a respingerlo più volte ma non volevo farlo. Non volevo allontanarlo davvero. E lui non l'aveva capito. Non poteva. Quel pomeriggio l'avevo passato in compagnia di quei pensieri e dell'immagine fissa di poco prima.
Dopo la scenata di Jace ero decisamente sconvolta ed ero scappata senza rivolgere nemmeno una parola a Derek, che aveva assistito a tutto. Ero scappata con le lacrime che mi rigavano il volto e avrei potuto giurare di aver sentito il suo sguardo su di me. Lo avevo sentito come un peso che mi aveva quasi fatto cedere le ginocchia tremanti. Ero corsa via e stavo camminando da quelle che mi sembravano ore ormai.

Il cielo si era ormai dipinto di nero e la luna chiara aveva già fatto capolino. Sentivo le gambe e la schiena doloranti, la testa rischiava di esplodermi da un momento all'altro e solo in quel momento mi accorsi di star tremando dal freddo.
Avevo indosso un maglione e il giubotto ma sentivo il freddo entrarmi nelle ossa lo stesso. Mi guardai intorno per capire dove fossi esattamente e mi accorsi di essere arrivata in centro. Distava più di un'ora a piedi da casa mia, come avevo fatto ad allontanarmi tanto? Ero abituata a 'perdermi' quando ero giù di morale come in quel momento, ma non mi ero mai spinta così lontano. Fortunatamente vidi dal cellulare che erano solo le otto di sera, sarei arrivata a casa in un orario decente almeno. Girai l'angolo per tornare indietro e vidi una caffetteria dall'altra parte della strada. Decisi di entrare per prendere un caffè, ne avevo decisamente bisogno. Presi il mio caffè e mi sedetti in un angolo del locale, avevo bisogno di riposarmi, le mie gambe e i miei piedi chiedevano pietà. Mentre bevevo il mio caffè, mi persi a guardare oltre il vetro che avevo di lato. C'era un turbinio di gente che passava; uomini e donne che tornavano da lavoro, ragazzi e ragazze che passeggiavano, bambini che giocavano o piangevano. Era cosi bello perdersi in quella normalità. Sarebbe stato davvero uno strazio tornare a casa, avevo dimenticato quanto poteva essere bello osservare il mondo.

"È bello, vero? Osservare il mondo da fuori, come se tu non ne facessi parte." una voce attirò la mia attenzione distogliendomi dai miei pensieri. Pensai di averla immaginata o che fosse stata la mia coscienza a parlare, ma mi voltai e mi irrigidii all'istante scoprendo che era un ragazzo, aveva i capelli biondi e dei grandi occhi azzurri. Era in piedi davanti a me, con una chitarra in spalla e un'espressione assorta in volto. Lo guardai stranita e lui accorgendosene mi rivolse un sorriso imbarazzato.

"Scusa, ti sembrerò un pazzo." si passò nervosamente una mano tra i capelli chiari. "Ti ho vista così assorta nei tuoi pensieri, avevi gli occhi di chi osserva con nostalgia qualcosa che non ha più... Scusa, non sono uno psicologo nel caso te lo stessi chiedendo" ridacchiò ancora più imbarazzato. "Io sono Noah comunque."

La ragazza di vetro (DISPONIBILE CARTACEO!)Where stories live. Discover now