Fight fire with fire

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Zelda


Guardo la pistola che Quattro mi ha appena piazzato tra le mani come se fosse una specie di pianta carnivora pronta a sbranarmi al minimo movimento.

Ho letto parecchi libri sulle armi, è un argomento che mi ha sempre affascinato.
Io e Damien, il mio terzo fratello in ordine di età, da bambini ci divertivamo a costruire finti fucili per giocare agli Intrepidi.
Nostro padre si arrabbiava, dicendo che non avevamo un briciolo di rispetto per il suo lavoro e che saremmo diventati dei delinquenti: ammetto che forse aveva ragione a infuriarsi e a prenderla sul personale, in fondo vedeva ferite da arma da fuoco ogni giorno e non doveva essere uno spettacolo piacevole.

Sospiro pensando a Damien.

Lui è l'unico che mi facesse sentire parte della famiglia, o almeno ci provava.
Da piccoli eravamo inseparabili: assieme a nostro cugino Travis formavamo un trio molto affiatato, inventavamo mille giochi e ci divertivamo un sacco.

Tutto è finito con la morte della mamma.
Damien è diventato sempre più freddo nei miei confronti, ha cominciato ad ignorarmi perfino a cena e, in seguito, ha accettato un incarico che lo ha portato ad andare ad abitare nella zona più lontana del quartiere degli Eruditi.

Dopo la morte di mia madre, questa è stata la cosa che mi ha ferito di più.
Credevo mi volesse bene, che fosse un alleato oltre ad un fratello, invece mi ha abbandonata senza mai voltarsi indietro.
Travis ripeteva in continuazione che non era colpa mia, che l'aveva fatto perché non riusciva a sopportare di starmi vicino, perché assomigliavo troppo alla mamma, a cui Damien era attaccatissimo.

È vero, la sua morte ha sconvolto lui più di tutti gli altri miei fratelli messi assieme.
Ma anche io soffrivo ed ero la più piccola, avevo solo sette anni.
Avrebbe potuto esprimere quello che provava, sfogarsi con me come faceva abitualmente quando nostro padre lo sgridava.
Avremmo dovuto parlarne, invece ha preferito scappare come un codardo, lasciandomi in mezzo a quei dottori pazzi.

La frustrazione si accende dentro di me come se avessi gettato un fiammifero su un cumulo di polvere da sparo.

La pistola è pesante, devo sostenerla con entrambe le mani per tenerla alzata davanti al viso.
Imito la posizione che Quattro ci ha appena illustrato – gambe divaricate e braccia parallele al terreno – e premo il grilletto.

L'arma rimbalza all'indietro e per un soffio non mi colpisce la guancia.
Il rumore prodotto dal colpo minaccia di perforarmi i timpani.
Con uno sbuffo di irritazione noto che il mio proiettile non ha nemmeno sfiorato il bersaglio.

Al mio fianco, Leslie sta tendendo la pistola il più lontano possibile da sé e non ha ancora sparato un colpo.
Posso solo immaginare cosa voglia dire per una Pacifica, che è vissuta con la convinzione che le armi siano la più grande sciagura dell'umanità, tentare di superare questa avversione per la violenza. Dovrà gettarsela alle spalle, se vuole rimanere negli Intrepidi.

E poi, chissà cosa l'ha spinta a sceglierli.
La guardo con la coda dell'occhio: un giorno o l'altro glielo chiederò.

Quattro sta passando in rassegna ogni trasfazione, lanciando commenti sarcastici verso Oliver, che ha quasi atterrato con un braccio uno dei Candidi - Paul lo chiama –, dopo il contraccolpo dovuto allo sparo. L'istruttore scuote la testa e il suo cipiglio si fa sempre più cupo man mano che si avvicina a noi ragazze.

Leslie non ha ancora premuto il grilletto, nemmeno una volta, perciò posso solo immaginare le parole dure che lui le rivolgerà tra pochi secondi.
Io, almeno, sono riuscita a centrare il bersaglio al terzo colpo.

Devo escogitare un diversivo, almeno per distogliere l'attenzione da lei quando basta per darle il tempo di prendere coraggio.

Questo non è il posto adatto ai deboli, Zelda. Forse è arrivato il momento di farlo capire anche a Leslie.
Non sopravvivrà se continua a comportarsi come una bambina impaurita.


Do un calcio mentale alla mia coscienza, serrando i denti.

Potrà anche aver ragione, in un certo senso, ma io voglio bene a Leslie e non intendo voltarle le spalle proprio quando il gioco si fa duro.
Non sono mica crudele come Eric.

Quando lei incrocia il mio sguardo, vedo che ha la fronte ricoperta di sudore.
Mimo con le labbra la parola 'diversivo' e premo il grilletto proprio quando Quattro è a due passi da me, puntando la pistola contro la parete, senza uno scopo preciso.

In quell'istante, la porta del poligono si apre e sento una morsa di terrore serrarmi lo stomaco.
Non ho preso la mira prima di sparare, ma non credevo neanche che potesse succedere.

In una frazione di secondo, il mio proiettile colpisce la parete dietro ai bersagli e rimbalza più volte, finendo per conficcarsi esattamente sulla parte superiore della porta.

A due centimetri dalla testa di Eric.

Stringo convulsamente la pistola e inizio a prepararmi ad una morte lenta e dolorosa.
Questa volta non lascerà perdere, ne sono più che sicura.

La sua espressione è imperscrutabile.

Alza gli occhi verso il proiettile e poi li posa su ognuno di noi, fino a soffermarsi sulla pistola tra le mie mani.
Affila lo sguardo e incrocia minacciosamente le braccia. – Bene, bene – comincia, in tono abbastanza controllato.
La vena che gli pulsa sul collo dice tutto il contrario.

– Pensavo dovessi insegnargli a sparare, non riesci neanche a portare a termine un compito così semplice? – sibila, avvicinandosi a Quattro e guardandolo a due centimetri dal volto. – Mi aspettavo che perfino un buono a nulla come te riuscisse a controllare dei sedicenni, ma a quanto pare mi sbagliavo -.

Sputa fuori le ultime parole in tono acido e poi si volta e punta un dito contro di me. – E tu, ragazzina. Non provare a farlo di nuovo, se non vuoi che ti usi come mio bersaglio personale. Ti assicuro che mi divertirei -.
Ha gli occhi ridotti a fessure, sembrano lampeggiare di furia a stento repressa. – Per oggi avete finito con le armi. Nel pomeriggio comincerete ad allenarvi per i combattimenti corpo a corpo. Andate! – ringhia.

I miei compagni appoggiano le pistole sul tavolo al centro della stanza e sfrecciano oltre la porta.
Io so bene che non ha ancora finito con me, perciò rimango ferma dove sono.

I lampi prodotti dalle sue iridi grigie sembrano trapassarmi da parte a parte quando ricomincia a parlare. – Visto che ti piace così tanto giocare con le armi, rimarrai qui durante la pausa pranzo – ordina, indicando gli armadietti posti lungo il lato opposto ai bersagli. – Quattro ti mostrerà come fare. Pulisci ogni singola pistola, mi aspetto di vederle brillare -.

Io annuisco, non mi azzardo a rispondergli questa volta.
In confronto a questo, la sua reazione di ieri vicino alla ringhiera può essere definita come un dolce buffetto sulla guancia.

Ora so per certo quanto si è trattenuto. Ora ho davvero paura di lui.

Lui non sembra sorpreso dalla mia remissività.
Fulmina Quattro e me con un'altra occhiata furiosa e poi esce a grandi falcate dal poligono.

Mi lascio sfuggire un sospiro di sollievo quando la porta si chiude pesantemente alle sue spalle.
Adesso è il turno del mio istruttore, mi aspetta un'altra predica.

Tuttavia quando prendo coraggio e lo guardo in faccia, noto che sta sorridendo. – Dovrei sgridarti, Zelda. Lo sai, no? – chiede, alzando le sopracciglia fin quasi all'attaccatura dei capelli.

Io annuisco e abbasso gli occhi sulle mie scarpe.

- Bene – esclama lui di colpo, facendomi sussultare.

Rialzo la testa di scatto. Non ha smesso di ridacchiare. – Visto che sai di aver sbagliato, non serve che aggiunga altro. Vieni, ti mostro cosa devi fare -.
Si dirige verso uno degli armadietti e lo apre.

Io lo seguo. – Ma ho quasi colpito una persona – ribatto, perplessa. – Non dovresti punirmi, o qualcosa del genere? -.

Quattro non perde l'espressione divertita. – Ti è già stata assegnata una punizione, penso che possa bastare – replica, tirando fuori alcuni astucci e impilandoli uno sull'altro. – Inoltre, non stavi per colpire una persona -, il suo sorriso si fa più ampio, - stavi per colpire Eric -.

Calca il nome come se pronunciarlo gli lasciasse un sapore amaro in bocca.
Mi guarda con serietà, ora. – La prossima volta che vuoi creare un diversivo per proteggere la tua amica dai miei rimproveri e vedi Eric nei paraggi -, apre di scatto una custodia e mi passa l'arma, con un ghigno perfido sul volto – fammi un favore: assicurati di non mancarlo -.

Burn in my frozen heart like a dancing flameWhere stories live. Discover now