If you don't swim, you'll drown

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Zelda



Mi sveglio alcune ore dopo con un forte mal di testa.

Le tempie pulsano in modo insopportabile, ma mi farei tirare volentieri un altro pugno da Ian, se servisse a farmi perdere conoscenza di nuovo.
Sempre meglio che avvertire un acuto dolore alle costole ad ogni minimo movimento.

Mi passo una mano sul volto ed emetto un leggero lamento quando sfioro la guancia destra.

- Quel livido ti dona – sussurra una voce dal fondo del mio letto. – Avevo ragione su di te: sei una tipa tosta -.

Apro gli occhi di scatto e incrocio quelli di Quattro, che se ne sta seduto a cavalcioni su una delle sedie di legno.

Mi fissa con le sopracciglia aggrottate. – Come ti senti? -.

A disagio, vorrei rispondere. Il suo sguardo mi sta mettendo in imbarazzo, prego di non arrossire.

- Sopravvivrò. Non vi libererete di me così facilmente – replico, e gli strappo un sorrisetto. – Da quanto tempo sei qui? Sei stato tu ad accompagnarmi? -.

Quattro si incupisce. – No, è stato Eric -.

D'accordo, la botta che ho preso in testa deve essere stata parecchio forte. Ho pure le allucinazioni sonore, oltre a tutti questi lividi pulsanti. – Fammi capire bene. Lo stesso Eric che mi ha urlato addosso? Quell'Eric? – chiedo, con voce strozzata.

- Ne conosci altri? – rilancia il mio istruttore, sospirando. – Si è offerto spontaneamente, così l'ho lasciato fare. Sono venuto il prima possibile, per assicurarmi che tu stia bene -, alza un sopracciglio, - cioè, bene per quanto possano concederlo quelle ferite -.

Non so perché, ma la sua frase mi fa ridere. Me ne pento all'istante, perché il dolore al petto mi toglie il fiato. – Quindi adesso sono in debito con Eric – sbotto, pronunciando il nome del Capofazione come se fosse un insulto. – Fantastico -.

- Credo siate pari – mi corregge gentilmente Quattro. – Hai quasi rischiato di morire sotto la sua supervisione. Credo si sia preso un bello spavento -.

- Dubito seriamente che si spaventi per così poco -. Il mio tono è acido e sarcastico. – Dopotutto, iniziato più, iniziato meno, che differenza fa per lui? -.

- Gli altri non sono te ed Eric se ne sta rendendo conto – mormora Quattro, talmente piano che credo di aver capito male le ultime parole.
In caso contrario, cosa vorrebbe significare?

Preferisco cambiare argomento. – Ted dov'è? – chiedo, mentre perlustro la stanza con un'occhiata.

Quattro scoppia a ridere, come se avessi appena raccontato una barzelletta. – Se me l'avessero detto, non ci avrei mai creduto. Ma l'ho visto con i miei occhi – replica, guardandomi sbalordito. – Come sei riuscita ad addomesticare quel bambino? Nessuno tra gli Intrepidi riesce a tollerare la sua presenza per più di tre secondi -.

Mi scappa una smorfia. – Addomesticare? Cos'è, un animale? -.

- Poco ci manca – ribatte lui. – E' dispettoso, maleducato ed incredibilmente viziato. Quando Max ha deciso di affidarlo alle cure di Elizabeth, ho creduto che alla nostra povera infermiera venisse un infarto -.

- Non mi è sembrato così cattivo come lo descrivi. Per l'amor del cielo, è solo un bambino. Anche io alla sua età ero pestifera! – esclamo, piccata.

Quattro ride di gusto. – Va bene, ma Ted non lascia avvicinare nessuno, non si fa toccare da nessuno – continua, tornando serio. – Quando sono entrato e l'ho visto accanto a te, pensavo di avere le visioni -.
Affila lo sguardo e mi fissa intensamente. – Sei una strana ragazza. C'è qualcosa in te...non saprei come definirlo. Attiri le persone come se fossi una qualche specie di calamita. Nemmeno Eric può resisterti, per quanto si sforzi -.

Maledizione, la vuole piantare con queste frasi profetiche senza senso? Perché deve tirare fuori Mister Sguardo di Pietra ogni due secondi? Sto facendo di tutto per dimenticare che è stato lui a portarmi qui, che sono stata tra le sue braccia e che mi ha vista conciata così.
E Quattro decisamente non mi sta aiutando a farlo!

Ma poi, perché mi sento così in imbarazzo?
Mi importa qualcosa di quello che Eric pensa di me?
Di norma – e se fossi una persona coerente – la risposta sarebbe 'col cavolo che mi importa', invece mi importa.
Eccome se mi importa.

Voglio conquistare il suo rispetto.
Voglio che mi veda come una persona forte.
Che capisca di essersi sbagliato sul mio conto.
Che mi consideri come una sua pari, non solamente una fragile ragazzina.

La situazione è più grave di quanto pensassi.

Zelda, no, non puoi pensare a lui in quel modo. No, no, e ancora no!

Faccio finta di collocare questi pensieri pericolosi in una cella della mia mente. La chiudo e getto la chiave in qualche luogo oscuro in cui mi sarà impossibile ritrovarla.

- Che ore sono? – domando, mentre cerco di alzarmi dal letto. È stretto e scomodo, non voglio rimanerci un minuto di più.

Quattro scatta in piedi e mi afferra per un braccio. – Credo che faresti meglio a restare sdraiata. Puoi passare la notte qui -.

Neanche morta! – Ce la faccio – dichiaro, in tono risoluto.
Muovo due passi, poi sono costretta ad appoggiarmi a lui, senza fiato.

Il mio caro istruttore mi rivolge uno sguardo ironico.

- D'accordo, messaggio ricevuto. Ma non voglio passare la notte in infermeria – sbuffo.
Mi rendo conto di sembrare una bambina testarda e capricciosa, ma non me ne importa nulla.

- Scordatelo. Non mi assumo la responsabilità di portarti fuori di qui -.

- Per favore – supplico, sbattendo ripetutamente le ciglia.

Quattro scoppia a ridere. – Spiacente, ma con me quel metodo non funziona. Ti consiglio di usarlo su Eric, avresti maggiori probabilità di riuscita -.

- Sentiamo, cosa dovrebbe usare su di me? – esclama una voce fin troppo familiare dal fondo della stanza.

Eric ha aperto la porta senza emettere il minimo rumore e ci sta fulminando con i suoi occhi grigi.
Osserva il braccio che Quattro mi sta tenendo attorno alla vita come se volesse staccarglielo col pensiero.

- Nulla, era solo una battuta – si affretta a spiegare il mio istruttore. Però non riesce a nascondere un ghigno quando ricomincia a parlare. – Eric, ti dispiacerebbe accompagnare Zelda al dormitorio? Mi sono appena ricordato di avere un impegno improrogabile -.

Promemoria per me: strozzare Quattro alla prima occasione.

Eric alza un sopracciglio dopo quella richiesta a dir poco assurda. – Non dovresti rimanere qui? Sei conciata piuttosto male -.

Sento le guance riscaldarsi sotto il peso del suo sguardo, ma mi consolo pensando che il viola dei lividi nasconderà il rossore improvviso. – Sentite, voglio solo andare al dormitorio. E ci andrò, con o senza il vostro aiuto – borbotto, districandomi dalla presa di Quattro.

Riesco a fare solo pochi passi. Una fitta al fianco mi fa perdere l'equilibrio e devo afferrare lo schienale di una delle sedie per non cadere a terra.

- Ammiro la tua tenacia, ma credo che per oggi tu abbia corso abbastanza rischi. Non è il caso di sfidare la sorte – decreta Eric, in tono freddo.

Sto per ribattere con la giusta dose di cattiveria, ma lui non me ne da il tempo: con due falcate è già al mio fianco. Non riesco nemmeno a protestare, è troppo veloce. Mi prende in braccio con facilità, come se pesassi solo pochi chili, e, senza proferire verbo, si avvia lungo il corridoio che conduce al dormitorio.

Sono talmente sbalordita che non riesco nemmeno a salutare Quattro. Non che se lo meriti, vista la situazione imbarazzante in cui mi ha cacciato.

- Non dovevi disturbarti. Ce l'avrei fatta anche da sola – mormoro, evitando di guardarlo in faccia.
Il tocco delle sue mani mi mette abbastanza a disagio, non ho certo bisogno di lasciarmi confondere anche dai suoi occhi grigi.

– Come no – sbuffa, tra l'ironico e l'esasperato. – Eri uno spettacolo veramente penoso. Mi sono quasi sentito in imbarazzo per te -.

Incrocio le braccia con stizza, trattenendo un gemito quando una fitta mi percorre il torace.
Se il suo obiettivo è quello di insultarmi, non sono obbligata a prestargli attenzione. Che vada al diavolo.

- Che c'è, perché non parli? – chiede lui all'improvviso. – Hai paura di me? -.

La domanda è talmente assurda da farmi alzare gli occhi al cielo. - Al momento l'unica cosa di cui ho paura è di imbattermi in uno specchio –.

Eric non ribatte.
Mi decido ad incrociare il suo sguardo, tanto per sapere se l'ho offeso o fatto arrabbiare per l'ennesima volta. Incredibilmente, sembra che stia facendo di tutto per non ridere.

Ah, quindi sotto tutta quella freddezza glaciale si nasconde una scintilla di senso dell'umorismo. Interessante.

Il silenzio che ha accolto la mia battuta si protrae fino alla porta del dormitorio.
Eric mi rimette in posizione verticale, con una delicatezza che mi lascia senza parole.

Ma basta il suo abituale tono gelido a riportarmi alla realtà. – Pensi di riuscire ad arrivare incolume al tuo letto? – mi prende in giro, squadrandomi da capo a piedi e soffermandosi sulla ferita alla tempia.

- Farò il possibile – ribatto, aspramente. Quel suo tono condiscendente mi urta i nervi più di qualsiasi altra cosa. Proprio non lo tollero. – Grazie per l'interessamento -.

La mia rispostaccia non sembra offenderlo, anzi gli strappa un ghigno. - E' un piacere -.

Non aspetta che io entri. Si gira e si allontana senza aggiungere altro.

Burn in my frozen heart like a dancing flameWhere stories live. Discover now