Carry on

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Zelda




Fisso la mia mano destra con sospetto, come se mi avesse appena ingannata e non volesse ammetterlo.

Traditrice, penso, con un sospiro.

Il braccio che Eric ha toccato non ha ancora smesso di formicolare, neanche mi avesse colpita ripetutamente con uno stimolatore di impulsi elettrici.

Mi sdraio sul letto a pancia in giù e mi copro la testa col cuscino.

Perché l'ha fatto? Perché mi ha aiutata?

Ma soprattutto, perché solo me?
Non ha degnato gli altri nemmeno di una misera occhiata, ha focalizzato tutta l'attenzione sul mio allenamento.

Quando ho sentito la sua voce fredda sbucare da quell'angolo buio - simile ad una presenza malefica giunta apposta per rompere il mio già precario equilibrio mentale - per un attimo ho creduto di avere le allucinazioni.

Lo fa apposta?

Non faccio neanche in tempo a rilassarmi e riprendere il controllo dopo i nostri battibecchi che subito me lo ritrovo davanti.

Il fatto allarmante è che ogni nuovo incontro con lui mi sconvolge più dei precedenti.

Quando mi ha preso la mano, ho sentito chiaramente il mio cuore mancare un battito.

Avrei dovuto tirargli una gomitata in faccia, ordinandogli di lasciarmi andare e di non azzardarsi a toccarmi ancora, ma il mio corpo non sembrava in grado di eseguire gli ordini impartiti dal mio cervello.
Ero come paralizzata.

Non me l'aspettavo, nemmeno in un milione di anni avrei pensato che mi avrebbe offerto il suo aiuto.
D'accordo, i suoi modi sono stati come al solito bruschi e freddi, ma in fondo fanno parte del suo carattere.

Tuttavia la sua presa su di me è stata gentile, ha guidato i miei movimenti con una pazienza che non gli avrei mai associato.

Sento che un po' dell'odio che covo nei suoi confronti è svanito e che comincio a vederlo sotto una nuova luce.
Certo, non potrò mai dimenticare la crudeltà con cui ha distrutto uno dei miei tesori più preziosi, ma non posso impedirmi di provare una sorta di attrazione per questo lato della sua personalità.

Accidenti a me!

Dovrei passare ogni minuto del mio tempo libero ad immaginare di appiccare fuoco al suo letto mentre dorme, o ad un modo per farlo inciampare e cadere nello strapiombo, invece mi ritrovo a pensare a quanto sia affascinante.

Deve esserci davvero qualcosa che non va nel mio cervello, Xavier ha colto nel segno.

Una voce allegra riesce a rompere il corso dei miei pensieri.
E' una sorta di corda a cui mi aggrappo per impedirmi di affogare del tutto nell'autocommiserazione.

- In piedi, gente! – canticchia Melanie, mentre afferra il mio cuscino e me lo toglie dalla faccia con uno strattone.
Alla mia sinistra, Leslie emette un gemito e capisco che l'Intrepida l'ha gettato su di lei. - Su, su, ragazze! Alzatevi, non fatevi pregare! –.

Apro gli occhi con un lamento.
Il viso di Mel è un millimetro dal mio e mi sta fissando con un tipico sguardo da cucciolo ferito. – Per favore – esclama, unendo i palmi delle mani in una muta supplica.

Mi passo una mano tra i capelli scompigliati e sospiro.
Non riesco a resistere quando qualcuno mi guarda in quel modo, è più forte di me.
Ho anch'io un lato tenero, dopotutto.
E questa volta ha la meglio su di me, perché mi ritrovo a borbottare: - D'accordo, ma dammi un secondo per rimettere in moto le articolazioni -.

Ricordo bene che ieri sera ci aveva chiesto di accompagnarla a fare shopping dopo gli allenamenti, così ne avrebbe approfittato per farci da guida attraverso la residenza.

Ora mi sto pentendo di aver accettato, vorrei soltanto rimanere sotto le coperte e dormire fino a domani.
Mi sento come se mi fossi appena lanciata a tutta velocità contro un muro: ho i muscoli a pezzi e le nocche mi bruciano in modo insopportabile.

Decido di accontentare Mel, così potrò fermarmi un attimo in infermeria e rifornirmi di pomata e bende.

Mi alzo in piedi e la mia schiena protesta con un sonoro scricchiolio.
Sgranchisco le braccia con lenti movimenti circolari, prima di infilarle in una maglia lunga e nera.

Melanie mi guarda inarcando un sopracciglio. – Per fortuna che ci sono io – dice, in tono di evidente disapprovazione. - Hai un disperato bisogno di vestiti nuovi. E di gusto per sceglierli -.

Alzo gli occhi al cielo. – Sentiamo, perché ne avrei bisogno? Questi sono perfetti per gli allenamenti -.

Lei mi gira attorno, esaminandomi con occhio critico dalla testa ai piedi.
Sbuffa, mettendosi le mani sui fianchi come se fosse un generale davanti alle proprie truppe. – Certo, ma conciata in questo modo non farai colpo su nessuno! -.

- E quindi? Non sono mica alla ricerca di un ragazzo -.

- Ovvio, l'hai già trovato – esclama Xavier, passandomi un braccio attorno alle spalle.
Sorride a Mel, che ricambia con un'occhiataccia. – Posso unirmi a voi, bellezze? -.

- Certo, tesoro – replico io, sbattendo le ciglia con fare civettuolo.
Se verrà con noi Melanie non potrà torturarmi più di tanto.

Lei mi fulmina con lo sguardo, ma alla fine si arrende.
Prende Leslie per un braccio e ci trascina entrambe fuori dal dormitorio.

Il Pozzo è gremito di gente, ci sono gruppetti di persone ad ogni angolo.
Alcuni cantano a squarciagola, altri improvvisano passi di danza acrobatici che mi lasciano a bocca aperta.

- Non credevo che anche agli Intrepidi piacesse ballare – mormoro, quasi tra me e me.

Xavier mi prende a braccetto. – Per chi ci hai presi? Nessuno balla bene come un Intrepido! – esclama, indicando un ragazzo che in quel momento esegue un perfetto salto all'indietro. – Facciamo anche delle gare ogni tanto, Felix è uno dei campioni in carica! Una sera vi portiamo con noi – aggiunge, mentre superiamo il gruppetto di ballerini.

Ci dirigiamo verso le scale di roccia che conducono alle gallerie piene di magazzini e negozi di ogni genere.
Melanie procede implacabile, a grandi falcate, finché non trova il posto giusto: con un gridolino si fionda in mezzo ai vestiti e inizia a rovistare in mezzo alle grucce.

Incrocio le braccia e mi appoggio alla parete, accanto a Xavier, lasciando le mie due amiche alle prese con tutta quella roba ammassata alla rinfusa.

Fare compere non mi è mai piaciuto, lo trovo una perdita di tempo.
Al quartiere degli Eruditi non rimanevo mai troppo tempo in un negozio: entravo, davo un'occhiata veloce e prendevo solo quello che mi serviva.

Mentre sto architettando un piano per fuggire e rifugiarmi in qualche sgabuzzino isolato, Mel torna da noi di corsa e mi sventola davanti al naso un pezzo di stoffa nero e striminzito.
Fatico a considerarlo un abito vero e proprio e faccio una smorfia quando lei mi invita a provarlo.

Insiste talmente tanto che alla fine sono obbligata a cedere.
Questa me la pagherà, poco ma sicuro.
La incenerisco con lo sguardo mentre mi infilo in un camerino.
Lei risponde con un sorriso angelico.

Avevo ragione. La cosa che sto indossando ora non può essere definita 'vestito'.

E' tutto nero, con dei sottili motivi geometrici color argento sul corpetto.
E' corto – a mio parere, ai limiti della decenza -, stretto e decisamente scollato, sia sul davanti che sulla schiena.

Farei prima ad andare in giro in biancheria intima.

Mi torna in mente l'abbigliamento volgare di quell'Intrepida dai capelli rossi e mi rendo conto di assomigliarle in modo raccapricciante.
Sento che sto per vomitare: io non sono quel tipo di ragazza.
– Te lo puoi scordare, Mel! – urlo, ai limiti dell'isteria.

Mi imbarazza uscire dal camerino conciata in questo modo, figuriamoci andare in giro per la residenza.

- Lascia giudicare a noi – risponde lei, in tono allegro.

Digrigno i denti, maledicendola in silenzio.
Sistemo la scollatura come posso ed esco senza nemmeno darmi un'occhiata allo specchio.
Ho troppa paura di quello che potrei vedervi riflesso.

Appena scosto la tenda, Xavier lancia un lungo fischio di apprezzamento.
Sento le guance diventare bollenti e tengo lo sguardo puntato sulle mie mani intrecciate.

Melanie mi esamina a lungo e poi annuisce. – Niente scuse, è perfetto per te – esclama, compiaciuta.

- Mi stai mandando fuori di testa, Zelda – rincara la dose Xavier, con un sorrisetto birichino sul volto.
Mi squadra da capo a piedi più volte, con sguardo a dir poco famelico, facendomi arrossire ancora di più.

L'unica che mi viene in aiuto è Leslie. – Stai molto bene, ma se non ti piace possiamo cercare qualcos'altro – dice, beccandosi un'occhiataccia da Mel.

Quest'ultima si avvicina a me e fa scorrere un dito sul ricamo del vestito. – Fidati di me, Zelda. È perfetto – replica, fissandomi negli occhi.
Sembra stia cercando di inviarmi un messaggio silenzioso, ma non riesco ad afferrarlo.

Ritorno in camerino e me lo tolgo in fretta, gettandolo al di là della tenda senza troppa cura.
Quando esco, Melanie mi porge un pacchetto. – Sarà il mio regalo di benvenuto – sentenzia, con un tono che non ammette obiezioni.

Prendo l'incarto e la ringrazio in tono acido.
Lo seppellirò senza tante cerimonie sul fondo al mio armadietto.
Non vedrà mai più la luce.

Scendiamo le scale per tornare al Pozzo in fila indiana. Io tengo gli occhi puntati a terra, stando ben attenta a dove cammino.
Devo ancora abituarmi a questi passaggi sospesi, ho troppa paura di scivolare e cadere giù.

Mentre passiamo accanto alla ringhiera che da sullo strapiombo, sento qualcuno chiamarmi per nome.

Zeke mi saluta con la mano e, dopo avermi fatto l'occhiolino, mi invita a raggiungerlo.
Al suo fianco Quattro scuote la testa, esasperato.
Melanie e gli altri si fermano a chiacchierare, ma io tiro dritto, diretta in infermeria.

Ci arrivo senza perdermi nemmeno una volta, il che ha dell'incredibile visto il mio pessimo senso dell'orientamento.

Sulla porta è appeso un cartello scritto in maiuscolo che recita 'CERCASI ASSISTENTE', seguito da indicazioni su come formulare la domanda e le abilità richieste.
La scritta è sbiadita, quindi deve essere lì già da parecchio tempo.

Ovvio, nessun Intrepido che si rispetti prenderebbe in considerazione un impiego del genere.
Sarebbe più una mansione da Erudita. Io potrei facilmente svolgerla...

No, Zelda, mi ripeto con convinzione. Lascia perdere il passato e cerca di comportarti da Intrepida. La fazione prima del sangue, giusto?

Spingo la porta senza bussare ed entro.

L'infermeria è abbastanza grande: uno stretto corridoio centrale, affiancato a destra e a sinistra da brandine dall'aspetto scomodo, conduce ad un altro piccolo locale adibito a magazzino, dove sono collocati i medicinali e il vario materiale medico.

Mi schiarisco la voce con un colpo di tosse e da dietro la tenda bianca sul fondo della sala spunta una donna.
Il suo fisico slanciato è nascosto sotto un lungo camice bianco, che fa risaltare la sfumatura color petrolio dei capelli corti e lisci.

- Posso esserti utile? – esordisce, guardandomi con malcelata curiosità.

- Sono Zelda – rispondo, avvicinandomi a lei a piccoli passi.
Questa donna mi incute una sorta di strano timore: forse mi ricorda troppo i dottori che mi sono lasciata alle spalle. – Sono solo venuta a chiederle un po' di pomata e bende – continuo, mostrandole i dorsi scorticati delle mani.

Lei annuisce e apre uno degli armadietti.
Quando si volta di nuovo verso di me, sulle sue labbra sottili sboccia un sorriso contornato da piccole rughe. – Trasfazione, eh? Non preoccuparti, i primi giorni sono i più duri -.

- Me lo ripetono tutti – replico, afferrando al volo il tubetto di crema.
Faccio un sospiro prima di continuare a parlare. – Ma ho l'impressione che col tempo la situazione peggiori, anziché migliorare -.

Lei fa una roca risata. – L'importante è non mollare. Ciò che non uccide, fortifica -.

Sussulto e mi sfioro il polso quasi in modo automatico.
Sento il cuore martellare nel petto e il respiro accelerare.

La donna deve essersi accorta della mia strana reazione, perché mi rivolge uno sguardo perplesso. – Stai bene, cara? Sei pallida come un lenzuolo. Vuoi sederti? – chiede, in tono preoccupato.

Io scuoto la testa con decisione.
La ringrazio in fretta e scappo via veloce, come se avessi un branco di feroci lupi alle calcagna.

Mentre sfreccio verso il dormitorio, sento l'eco delle sue parole rimbombare tra le pareti del mio cranio.

Ciò che non uccide fortifica.


Burn in my frozen heart like a dancing flameTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon