Looking for trouble

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All damn night and all day
Stay out of my way
I'm looking for trouble

(Divide the Day, Looking For Trouble)




Zelda


Mi vesto ed esco dalla stanza meno di dieci secondi dopo l'arrivo di Melanie. Corriamo insieme, a perdifiato, attraverso i corridoi silenziosi e oscuri della Residenza, senza indugiare lungo le rampe di scale che solitamente percorriamo con cautela per prevenire scivolate e conseguenti cadute nel vuoto. In questo momento potrei perfino camminare su un tappeto di spine e chiodi senza rendermene conto: sento l'adrenalina bruciare nelle vene come acido e il panico appannarmi la vista.

Non Eric. Non Eric.

Non Eric.

Continuo a ripetermi queste parole, una litania che non lascia spazio a nessun altro pensiero coerente. So bene quanto il mio desiderio sia egoista: gli altri suoi compagni, James compreso, potrebbero essere morti o feriti, stando a quello che Max ha riferito a Melanie. Lei stava tornando nella stanza che divide con Felix, quando si è imbattuta nel Capofazione che parlava concitatamente con un folto gruppo di Intrepidi, tutti armati fino ai denti. Non appena ha capito ciò che era successo, ovvero che la squadra di ricognizione notturna era rimasta vittima di un'imboscata da parte degli Esclusi, è corsa a chiamarmi.

Per favore, non Eric.

Il cuore rimbalza da una parte all'altra del petto, il suo pulsare è talmente forte da impedirmi di sentire qualsiasi altra cosa. Melanie mi supera nell'ultimo tratto delle gallerie, arrivando per prima alla porta dell'infermeria. Davanti all'uscio aperto ci sono Evan e William, entrambi scuri in volto, che si zittiscono non appena facciamo la nostra comparsa. - Dove sono? - chiede loro Melanie, la voce debole e ansimante per la corsa. - Stanno bene, vero? -. Più che una domanda, suona come una preghiera e il mio cuore manca un battito quando noto l'espressione costernata di William. Mi sento impallidire e mi appoggio al muro, colta da una vertigine improvvisa.

Non Eric. Non lui. No.

No.

William scuote la testa, ma non risponde alla richiesta disperata di Melanie. Le tiene aperta la porta, facendole cenno di entrare. Vedo la mia amica esitare, pallida come un lenzuolo; le prendo la mano e la sento tremare nella mia stretta. Varchiamo la soglia insieme, fermandoci attonite dopo pochi passi: ogni letto è occupato da un Intrepido, seduto o disteso. Nella penombra non riconosco nessun volto e rimango paralizzata in mezzo alla stanza, troppo spaventata per avvicinarmi alle brandine. Basta un'occhiata per constatare come molti di quei ragazzi siano in gravi condizioni: larghe chiazze scure coprono le bende e le lenzuola, e i loro respiri sono a malapena percepibili.

Al mio fianco, sento Melanie sobbalzare. Un singhiozzo le sfugge dalle labbra, mentre si avvicina ad una delle brandine. - Fratellone – mormora, toccando la mano immobile di James. E' steso sopra al lenzuolo, riconoscibile soltanto grazie ai tatuaggi che sbucano dalla maglietta ridotta a brandelli. Una spessa benda gli avvolge metà del viso, dalla fronte al naso, ma noto con sollievo che respira regolarmente.

Melanie posa la mano sulla sua e gli si siede accanto, il petto scosso dai singhiozzi. - Non lasciarmi, fratellone. Non lasciarmi sola – supplica, la voce che le si spezza sulle ultime sillabe.

Le lacrime mi scendono sulle guance e sul collo senza che me ne accorga, e non trovo nemmeno la forza per tentare di arginarle. Dovrei darmi da fare, cercare Eric e poi aiutare Elizabeth a controllare i feriti, ma sono paralizzata dalla paura. Un cieco terrore si è impadronito di me, rendendo le mie membra dure come granito. Sono un'infermiera, mi ripeto. Devo recuperare il mio solito, formidabile autocontrollo, altrimenti non mi ...

Burn in my frozen heart like a dancing flameWhere stories live. Discover now