Like a satellite

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Eric





Alzo il mento e mi passo una mano sulla mascella, fissando la mia immagine riflessa nello specchio con cipiglio critico.

Dopo un'accurata analisi del mio viso abbasso gli occhi e sistemo nervosamente il colletto della giacca di pelle. Ispeziono rapidamente il resto dei vestiti per controllare di non aver dimenticato nulla di importante. Tipo i pantaloni.

Scuoto la testa ed esco dal bagno a passo pesante, spegnendo l'interruttore con fin troppa foga. Un rapido sguardo alla sveglia mi fa imprecare a mezza voce. Mancano ancora venti minuti a mezzanotte ed io sto già andando fuori di testa.

Mi butto a sedere sul letto e tento di rilassare i muscoli delle spalle muovendo piano il collo, avanti e indietro. Mi appoggio sui gomiti e faccio scorrere il palmo aperto sul lenzuolo immacolato, lisciando le lievi pieghe causate dai miei movimenti nervosi.

Il mio comportamento sta rasentando il ridicolo. Vorrei proprio sapere cosa diavolo ha innescato questa improvvisa metamorfosi della mia personalità.
Da Capofazione tutto d'un pezzo a sciocca donnicciola, un cambiamento a dir poco allarmante. Ci manca solo che mi metta a strillare come una ragazzina perché i capelli non stanno in ordine.

Lancio uno sguardo sconfortato al bersaglio appeso al muro di fronte al letto. Dov'è finita la freddezza che mi contraddistingueva, il mio marchio di fabbrica?

Probabilmente si è sciolta come neve al sole sotto le occhiate di fuoco che ti lanciava Zelda stasera a cena.

Stiracchio le labbra in un mezzo sorriso. La voce della coscienza sceglie sempre i momenti meno opportuni per tornare alla carica. Non si faceva sentire da un bel pezzo, mi ero quasi illuso che fosse scomparsa definitivamente. E invece eccola qui, pronta a fondermi neuroni e materia grigia in un colpo solo. Come se l'ansia che mi stringe il petto in una morsa non sia già di per sé umiliante da sopportare.

Non riesco a credere che una cosa semplice come un appuntamento riesca a mandarmi così in confusione, fatico a riconoscermi. Magari dipende dal fatto che si tratta del mio primo vero appuntamento con una ragazza.

Alzo gli occhi al cielo. Patetico è dir poco.

E Zelda non collabora proprio per niente.
Per colpa sua non ricordo nemmeno cos'ho mangiato a cena, né chi mi sedeva accanto sulla panca.

Ero troppo concentrato ad osservare i suoi movimenti e a rispondere alle sue continue occhiate velate di ironia e malizia. Ad un certo punto mi ha fatto una linguaccia degna di una bambina di cinque anni, intimandomi con un labiale difficilmente fraintendibile di smetterla di fissarla, e non ho potuto evitare di sorridere come un completo idiota.

James - che in quel momento si stava alzando dal tavolo dopo aver spazzolato ben tre fette di dolce una dopo l'altra - è rimasto a guardarmi con il vassoio a mezz'aria ed un'espressione sbalordita sul volto. Ho davvero temuto che stesse per formulare una domanda imbarazzante delle sue, in tipico James' style, invece si è limitato a scrollare le spalle, per poi andarsene a flirtare con l'Intrepida di turno lasciandomi, fortunatamente, una perfetta visuale sui tavoli degli iniziati.

Il sorriso mi è morto sulle labbra quando mi sono reso conto che la mia ragazza aveva approfittato del mio attimo di distrazione per svignarsela.

La mia ragazza. Ancora non mi sembrava vero di poterla considerare tale...

- Carina quella - aveva commentato allora un ragazzo appoggiato al tavolo dietro al mio.

A quell'esclamazione, l'espressione delusa scolpita sul mio volto aveva lasciato spazio ad un cipiglio assassino.
Ormai il mio radar personale era stato collaudato a sufficienza: sapevo anche troppo bene quante vittime potesse mietere il fisico slanciato di Zelda, combinato con la sua personalità magnetica. Non passava di certo inosservata quando girava per la residenza. Spesso mi ero dovuto trattenere a forza per non mettere le mani addosso a qualche giovane Intrepido che aveva commesso l'imperdonabile errore di guardarla una volta di troppo.

Burn in my frozen heart like a dancing flameDove le storie prendono vita. Scoprilo ora