I feel the change coming on

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Zelda




Nessuno dei miei amici si è accorto della mia uscita notturna, o almeno credo.

Di sicuro mi avrebbero assalita di domande se mi avessero visto sgattaiolare fuori dal dormitorio nel cuore della notte. In compagnia di Eric, per giunta.

Immagino le loro facce sconvolte e rido sotto i baffi. A dire il vero, quando mi sono svegliata e mi sono ritrovata i suoi occhi grigi a pochi centimetri dal volto, ero convinta di sognare.
Ma mi sono accorta subito che non poteva essere: in un mio sogno, Eric sarebbe stato senza dubbio più gentile.

Scuoto la testa. Devo ancora riprendermi dallo shock.

Piazzo il mio vassoio su un tavolo a caso e mi siedo sulla rigida panca di legno. La mensa è pressoché deserta, fatta eccezione per qualche Intrepido che afferra un muffin al volo e scappa in velocità verso l'uscita.

Mi gusto la colazione con calma, mentre ripenso agli avvenimenti di questa notte.

Quando Eric mi ha fatta uscire a forza dal dormitorio, ho pensato che si trattasse di un'altra prova della tradizione degli Intrepidi. Invece era tutto il contrario.

Povero Ted. Al mio ingresso in infermeria i suoi occhi si sono illuminati come se, da semplice ragazza, mi fossi trasformata all'improvviso in un raggio di sole. Mi sono commossa, sembrava così felice di vedermi. I miei quattro fratelli messi insieme non avrebbero potuto trasmettermi nemmeno una briciola dell'affetto che ho sentito quando quel piccolo mi ha abbracciata.

La sua ferita non era grave, sono serviti solo alcuni punti: non gli rimarrà nemmeno la cicatrice.
Ma è bastata a mandarmi su tutte le furie.

Come si fa a portare un bambino a giocare con i coltelli?

Stacco un morso della mia brioche immaginando che sia la testa di quel James.
Spero davvero che Max lo appenda a testa in giù sopra lo strapiombo, se lo meriterebbe.

Mentre sono immersa in queste perfide fantasticherie, sento un brivido percorrermi la schiena, come se mi trovassi in mezzo ad una corrente di vento gelido.

Sento la sua presenza prima ancora di voltarmi, come se il mio corpo reagisse spontaneamente alla sua vicinanza. Non so se la cosa mi faccia piacere.

- Immagino di doverti ringraziare –. Eric mi guarda dall'alto con un sopracciglio inarcato. - Cominciavo a credere che fossi acida e scontrosa per natura, invece anche tu hai un lato gentile. Interessante -.

Il suo sarcasmo non mi fa nessun effetto. Bevo un sorso del mio thè tenendo lo sguardo puntato sulla parete. Se lo ignoro, probabilmente deciderà di andarsene e lasciarmi in pace.

Contrariamente alle mie aspettative, Eric si sposta e si siede di fronte a me. Quando appoggia tra noi il vassoio che gli avevo preparato, noto che i dolci sono ancora intatti.

- Avresti dovuto mangiarli – lo prendo in giro, afferrando uno dei biscotti. – Non sono l'unica acida a questo tavolo -.

Eric mi incenerisce con lo sguardo. Vuole mettermi in guardia, ma, invece di spaventarmi, la sua ira mi diverte. – Non mi piacciono i dolci – replica, col suo solito tono brusco. – Non metto lo zucchero neanche nel caffè -.

Indico la tazza vuota con l'indice. - Ah, quindi l'hai bevuto? Non avevi paura che stessi tentando di avvelenarti? -.

Lui si sporge verso di me. – Ammetto di averci pensato per un attimo – confessa, trattenendo un ghigno. – Ma poi mi sono detto che avevi avuto campo libero per tutta la notte: se davvero avessi voluto farmi fuori, avresti agito mentre dormivo -.

Il suo ragionamento mi fa ridere. - Acuta osservazione – mi complimento, alzando la tazza di thè come se gli stessi dedicando un brindisi.

Mi osserva in silenzio per alcuni minuti, poi indica con un cenno il muffin sul vassoio. – Lo vuoi tu? -.

Stringo gli occhi. – Sai benissimo che detesto il cioccolato -.

- Già – fa lui, chinando il capo di lato. – Per via di quello scherzo al cianuro, giusto? -.

Caspita, ricorda proprio ogni particolare.

Faccio scorrere un dito sul bordo della tazza e sospiro. – Come mai questa curiosità? Stai prendendo ispirazione per una nuova punizione da infliggere? -.

Eric alza le spalle. – Qualcosa del genere – ribatte, in tono volutamente annoiato. Finge indifferenza, ma vedo nel suo sguardo che non si arrenderà facilmente. So bene che, quando vuole una risposta, la ottiene sempre. Non credo sia fisicamente programmato per accettare un rifiuto.

Alla fine non riesco più a sostenere il peso dei suoi occhi su di me, quindi cedo. - E sia – sbotto, appoggiando le braccia al tavolo. – Anche se non capisco perché ti interessi tanto -.

Prendo un respiro profondo e continuo. – Avrò avuto cinque o sei anni, non ricordo con precisione -.
Eric non perde una parola, mi guarda fisso come se riuscisse a vedere la scena proiettata sulla mia fronte.
– Mio fratello maggiore, Alfred, aveva approfittato dell'assenza dei miei genitori per entrare nello studio di mio padre. Non so cosa volesse fare, esperimenti credo -.

Afferro la panca con entrambe le mani per impedire loro di tremare. – Io stavo giocando in giardino quando lui mi ha chiamata. Mi ha messo tra le dita questa tazza di cioccolata, ordinandomi di bere -. Mi sta salendo la nausea, ma proseguo col racconto.
È quasi liberatorio poter dirlo finalmente a qualcuno. Anche se quel qualcuno è Eric.

- Ho capito subito che c'era qualcosa di strano. Il suo sguardo, il modo in cui analizzava le mie reazioni...sembrava uno scienziato alle prese con la propria cavia da laboratorio. Avevo la gola in fiamme, i muscoli contratti fino allo spasmo... -. Rabbrividisco al ricordo di quelle sensazioni. – Se mia madre non mi avesse trovata pochi minuti dopo, molto probabilmente sarei morta -.

Eric sembra sorpreso dal mio tono calmo e ragionevole. Probabilmente si aspettava che mi mettessi ad urlare come una pazza mentre rivivevo la scena nella mia mente. Invece il mio rigido autocontrollo riesce a nascondere bene il turbamento che mi scuote internamente come una tempesta.

Finisco di bere il mio thè con calma. Quando poso di nuovo gli occhi sul Capofazione, noto che non ha smesso di studiarmi con le sue penetranti iridi grigie. – Forse comincio a capirti – afferma dopo qualche attimo di silenzio. – Hai vissuto per anni con mostri molto peggiori di me, per questo starmi vicina non ti mette in agitazione -.

Tu non sei un mostro, vorrei dirgli, ma mi mordo la lingua prima di lasciarmi sfuggire quelle parole.

- Eri solo curioso di sapere perché non riesci a farmi paura? – replico, in tono lievemente ironico. – Cos'è, una specie di ossessione per te? Tutti devono temerti, altrimenti non dormi la notte? -.

Mi lancia un'occhiataccia, ma gli angoli delle sue labbra si piegano leggermente all'insù.
Riuscirò a farti ridere prima o poi.  Chissà che suono ha la sua risata divertita...

Eric si alza di scatto dalla panca e si china verso di me. I suoi occhi luccicano quando incontrano i miei. – Fra poco cominceranno le simulazioni – dice, in tono mellifluo. – Tieniti stretto il tuo sarcasmo, piccola. Ne avrai bisogno -.

Si allontana prima che possa trovare la voce per replicare.

Avevo ragione, credo proprio di essermi presa una cotta per lui. Bocca secca, mani sudate, imbarazzo dovuto alla sua vicinanza... i sintomi ci sono tutti. Alzo gli occhi al cielo. Sono una causa persa.

Continuo a fissare il profilo delle sue spalle muscolose, mentre lui si dirige verso il tavolo dei Capifazione. Max lo saluta con un cenno mentre prende posto al suo fianco, poi il suo sguardo scivola attraverso la mensa, giungendo fino a me.

È forse una scintilla di rispetto quella che vedo riflessa nei suoi occhi scuri? China appena il capo nella mia direzione ed io capisco che mi sta inviando un muto ringraziamento per essermi presa cura di Ted. Gli rispondo con un sorriso timido, prima di riportare l'attenzione sulla mia colazione.

Sbatto le palpebre per la sorpresa, quando un braccio tatuato entra nel mio campo visivo.
Xavier prende il muffin dal vassoio che Eric ha abbandonato sul tavolo e gli dà un morso feroce. – Buongiorno, dolcezza – esclama, mentre si accomoda al mio fianco. I suoi capelli chiari sono più spettinati del solito.

- Ti sei alzato presto – replico, scrutandolo da vicino. – Sei sicuro di sentirti bene? -.

Lui diventa serio tutto d'un tratto. – In effetti no – risponde, in tono cupo. – Il solo sapere che fra poco vedrò mai madre basta a mettermi in agitazione -.

La mia voce si addolcisce dopo quell'affermazione. – Posso chiederti perché? -.

Xavier fa un sospiro. – Tu puoi chiedermi tutto quello che vuoi, Zelda – dichiara, come se stesse confessando una debolezza imbarazzante.
Ruba un biscotto dal mio vassoio, lo lancia in aria e poi lo riprende al volo con i denti. – Il fatto è che mia madre si aspetta di vedere Felix e me nei primi posti della classifica. Non so come potrebbe reagire una volta scoperto che non siamo riusciti nemmeno ad entrare tra i primi cinque -.

Gli sistemo alcune ciocche bionde con le dita. – Siamo solo alla prima fase dell'iniziazione – dico, corrugando le sopracciglia. – Vi rifarete, siete in gamba -.

Xavier scuote la testa. – Non conosci mia madre. Lei vuole solo il meglio, si sentirebbe umiliata se i suoi figli non fossero all'altezza delle sue aspettative -.

- Beh – ribatto, con un sorrisetto furbo. – Puoi sempre presentarmela. Se la conversazione dovesse prendere una brutta piega, farò del mio meglio per distrarla da voi e dalla classifica -.

Lui soppesa le mie parole, poi mi getta le braccia al collo. – Zelda, sei la migliore – esclama, stringendomi in una presa soffocante. – Ti bacerei -.

Sento un colpo di tosse alle mie spalle. - Le vostre smancerie mi hanno fatto passare l'appetito – afferma Mel, con una smorfia, mentre fa il giro del tavolo per sedersi di fronte a noi.

Xavier mi lascia andare e si china con fare malizioso verso di lei. – Ah, sì? Pensa se l'avessi vista flirtare con Eric poco fa! -.

Mel si blocca con la tazza di caffè a mezz'aria e mi fissa a bocca spalancata.

Le mie guance scottano, credo siano diventate di un bel rosso acceso. – Ma che dici? – esclamo, fingendomi indignata. – Non stavamo affatto flirtando! -.

Xavier mi tocca lo zigomo con le nocche. – Allora perché sei arrossita? -.

Cerco di trovare una frase per replicare, ma Melanie mi precede. – Anche se fosse, non ci trovo nulla di male – dice, in tono rilassato. – Dopotutto, Eric ha un suo fascino -.

Annuisco senza rendermene conto. – Sì, è carino – ammetto a bassa voce.

Xavier guarda alternativamente Mel e me, scioccato. – Carino? Eric, carino?! – sbotta, prendendomi il visto tra le mani e guardandomi fisso negli occhi. – Ma si può sapere cos'ha che non va il tuo cervello?! -.

Credimi, me lo sto chiedendo anch'io.

- Tu sei carina, Mel è carina, io sono carino... -. Si blocca e fa finta di pensarci su. – A dire il vero, io sono molto più che carino, anzi sono un vero schianto e... -.

- Falla finita – lo interrompe Mel, con un gesto stizzito.

Lui le rivolge uno sguardo offeso, poi lancia un'occhiata verso il tavolo dei Capifazione.
Gli sfugge una smorfia. – A quanto pare, anche Eric pensa che tu sia carina – borbotta, infastidito. – Non la smette di fissarti -.







* * *



Eric



Non riesco a concentrarmi su quello che sta dicendo Max.

Da quando mi sono seduto accanto agli altri Capifazione, non ho prestato nemmeno un briciolo di attenzione ai loro discorsi. I miei occhi sono rimasti puntati sul volto di Zelda per tutto il tempo.

L'ho osservata mentre scherzava con quell'interno – il più antipatico dei due gemelli -, sentendo la rabbia dentro di me salire a livelli epici. Ho dovuto stringere il bordo del tavolo con entrambe le mani per impedirmi di schizzare verso quell'idiota come un toro inferocito. Gli staccherei volentieri quei capelli tinti uno per uno, lentamente, con un paio di pinzette.

Oppure potrei rompergli entrambi gli arti superiori, così la pianterebbe di abbracciare Zelda in quel modo appassionato. Dannazione, non è mica la sua ragazza!

Se è per questo, nemmeno la tua. E poi come fai a sapere che quei due non stanno insieme?

Quest'ultimo pensiero mi provoca un vuoto allo stomaco. Mi concentro ad analizzare i loro movimenti. Zelda sembra rilassata mentre gli parla, lo guarda negli occhi e non sembra imbarazzata a stargli così vicino. Quando gli sfiora i capelli con le dita, digrigno i denti e la vena sulla mia tempia destra inizia a pulsare.

Pensa se si baciassero. Che faresti?

La mia coscienza la deve piantare di mettermi in testa certe idee!

Sono già abbastanza occupato a tenere a freno la mia furia, non mi occorrono altri motivi per voler togliere di mezzo quell'iniziato. Stringo i pugni, fantasticando di schiacciarlo tra il pollice e l'indice come se non fosse altro che una piccola pulce fastidiosa.

Mentre lo sto fissando con astio, il ragazzetto mi lancia un'occhiata. Da incuriosita, la sua espressione si fa infastidita, addirittura minacciosa. Dice qualcosa a Zelda e lei abbassa lo sguardo sul tavolo, come se fosse a disagio. Riesco a vedere chiaramente le sue guance colorarsi di un rosa intenso e batto le palpebre, confuso da quella reazione.

Cosa le ha detto quel tipo? Che la stavo osservando?

Beh, al diavolo. Io ho tutto il diritto di guardarla, se mi va.

Zelda sembra far di tutto per non incrociare i miei occhi. Si alza dalla panca e mormora alcune parole ai suoi due amici, prima di incamminarsi verso la porta a passo spedito.

Mi sforzo di lasciarla perdere, ma resisto solo pochi minuti. Mi invento una scusa e mi dirigo verso le cucine, dalle quali si può accedere all'uscita secondaria che sbuca direttamente al Pozzo.

Il mio inseguimento dura poco, localizzo la ragazza non appena metto piede nella grotta.
È poco distante dalla ringhiera dello strapiombo, accanto ad una coppia di Candidi che sta discutendo animatamente. Le famiglie degli iniziati sono riunite in piccoli gruppi lungo tutto il perimetro del Pozzo, in attesa di incontrare i loro cari figli.

Muovo qualche passo in direzione di Zelda, ma mi blocco non appena noto la sua postura rigida.

Ha i muscoli delle braccia contratti come se si aspettasse un attacco da un momento all'altro e, sebbene da qui io veda soltanto il profilo del suo volto, riesco a scorgervi un'espressione terrorizzata.

Ha lo sguardo puntato davanti a sé, non batte nemmeno le palpebre.

Cosa ha visto di così spaventoso?

D'un tratto, tre figure vestite di azzurro si staccano dalla folla e avanzano verso di lei.

Sono tre ragazzi, alti e slanciati. Sotto la luce delle lampade, noto le sfumature quasi bluastre dei loro capelli corvini, pettinati all'indietro. La somiglianza tra loro è evidente, non può trattarsi di una semplice coincidenza.

Sento la mia mascella contrarsi.

Quelli sono i Blackburn, i fratelli di Zelda.



Burn in my frozen heart like a dancing flameWhere stories live. Discover now