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Era lì seduto da solo come ogni giorno. Non parlava con nessuno e nessuno gli parlava. A molti incuteva timore, a molti ancora incuriosiva e a molti altri ancora infastidiva.
Era arrivato da poco a scuola, ma aveva già fatto scalpore all'interno di quelle spesse mura di cemento.
Vestiva sempre di nero: maglie nere, giacchetto di pelle rigorosamente nero, pantaloni neri e scarpe del medesimo colore. Indossava costantemente un paio di orecchini a cerchietto che lo abbellivano senza ombra di dubbio. Possedeva dei tatuaggi sulle mani e sul petto che lasciava intravedere tramite le sue meravigliose t-shirt con scollatura a v. Inoltre il suo sopracciglio destro era perforato da un piercing argentato, ma la particolarità che lo caratterizzava più di tutte era un'altra: la mascherina che abbassava fin sotto il labbro solo se era costretto a parlare e quando fumava.

Park Jimin aveva proprio notato e memorizzato ogni singolo particolare di quel ragazzo dai capelli corvini da quando aveva fatto il suo ingresso a scuola. Lo incuriosiva, lo affascinava. Era accattivante ma allo stesso tempo misterioso. Aveva incrociato svariate volte i suoi occhi, i quali erano paragonabili a due iceberg di notte.
Al loro interno vi si leggeva solo tanto rancore e rabbia.

«Ha pure un piercing sulla lingua!» esclamò Jimin di colpo. Lui e i suoi amici si trovavano seduti su una panchina dell'atrio, ora di ricreazione, e a pochi metri di distanza appariva l'imponente figura del corvino, da solo con una sigaretta fra le dita. Aveva appena sbadigliato e Jimin poté aggiungere alla sua lista dei particolari di quel ragazzo anche quell'ennesimo piercing.

«Jimin non fissarlo troppo, sembrerai uno stalker.» avvertì Taehyung, uno dei suoi migliori amici con un sorriso di scherno.

«Non posso evitarlo. Mi incuriosisce. Mi attira come una calamita!» esclamò, notando il ragazzo con la sua mascherina alzata intento a dirigersi da qualche altra parte. Seguì la sua figura, con lo sguardo, finché non lo vide scomparire in mezzo alla folla imperterrita di studenti. Jimin instintivamente si mise diritto.

«Jimin dove vai?» chiese Taehyung palesemente confuso quasi infastidito dal suo comportamento che riteneva terribilmente infantile.

«Torno subito.»

Prendendo il suo zaino in spalla, il biondo si indirizzò a passo veloce verso la stessa strada che aveva imboccato quel ragazzo. Una volta schivata la folla, poté vederlo in lontananza, nel bel mezzo di una camminata tranquilla con le mani all'interno delle proprie tasche.

«Ma dove va? Dietro la scuola?» si chiese mentalmente.

La direzione del ragazzo era proprio quella a cui la sua mente era giunto. Ragionandoci su, Jimin pensò all'istante che stesse andando sulle scale antincendio, un posto desolato dove paradossalmente non c'era alcuna traccia di vita, un luogo piuttosto malandato e soprattutto fuori servizio: quelle scale antincendio erano inagibili.
Si domandava perché si stesse recando proprio lì, ma senza arrivare a nessuna risposta.
Pensandoci ancora più su, la sua mente ritornò a quelle voci che giravano per la scuola: a quanto pare dietro quelle spesse mura, dall'altra parte della strada, in un edificio abbandonato, esisteva una sorta di commercio di roba illegale, gestito da un gruppo di malavitosi senegalesi che vivevano esclusivamente di quello.

Jimin, purtroppo, era un tipo abbastanza curioso, conosciuto per la sua lingua lunga e per il suo carattere peperino, e morendo dalla curiosità su cosa stesse andando a fare quel corvino, lo seguì ancora e ancora fino a trovarsi al limite della parete nella quale vi si appoggiò. Sporse un po' la testa e lo vide lì, seduto sui uno dei primi gradini della scala antincendio.
Gambe divaricate, gomiti sulle sue ginocchia, dita scrocchianti e il suo bel volto etereo girato verso l'altra parte della strada.

«Ma cosa fa dannazione? È pericoloso!» pensò spaventato dall'idea che quel ragazzo potesse avere a che fare con quelle persone.

Ad un tratto però la sua espressione intimorita cambiò per una esterrefatta. Nel suo campo visione, oltre al corvino, adesso vi era uomo dalla pelle scura con un berretto posto sul capo che si faceva strada verso quest'ultimo.

Il ragazzo si alzò in piedi ed estrasse la sua mano, lasciandola aperta agli occhi dell'uomo che, sorridendo cinicamente, consegnò, su quella superficie, un pacchetto contenente una sostanza verde. Erba? Marijuana? Droga? Probabilmente. Quella roba venne scambiata per soldi e subito dopo fu come se non si fossero mai incontrati. Il moro nuovamente sulle scale e quell'uomo sparito nel nulla.

«È un drogato, santo cielo...»

Il corvino uscì dalla sua giacca un altro piccolo pacchetto ed estrasse da esso una cartina trasparente, nel frattempo abbassò la sua mascherina e tra le sue labbra mise un filtrino bianco. Aprì il pacchetto d'erba e prendendone alcuni ciuffi, la pose sopra la cartina, mise il filtrino e dopo qualche secondo la portò alla sua bocca, passando la sua lingua per l'estremità in modo da sigillarla. Schiuse le labbra e pose la canna tra le sue labbra. Afferrò un accendino e l'accese per poi iniziare ad inspirare a fondo.

Il corvino gettò la sua testa indietro, esponendo così il suo pallido collo.
Del fumo bianco uscì dalla sua cavità orale e nel mentre Jimin poté notare una strana striscia rossastra all'altezza del suo incavo.
Una sorta di cicatrice.

«Vorrei proprio sapere che cosa sta cercando di fare!» improvvisamente il telefono del ragazzo squillò. Rispose, ma non lasciò la sigaretta, anzi si guardò intorno come se avesse capito di essere spiato da qualcuno, e Jimin non perse tempo a ritirare il suo capo, nascondendosi dietro la parete con la respirazione agitata. Diamine.
Dopo qualche minuto si affacciò nuovamente, non sapendo che proprio in quel millesimo di secondo in cui si era nascosto, il corvino se n'era accorto e aveva sorriso malamente.

«Che vuoi?» diceva quest'ultimo all'altro interlocutore. «Sì, l'ho ucciso ed è stato meraviglioso.»

Jimin ritornò con le spalle contro il muro e iniziò a sudare freddo. La sua voce così profonda e decisa e le sue parole lo avevano decisamente spaventato ma non poi così tanto.
La sua curiosità era in continuo aumento.

D'altra parte, il corvino si alzò in piedi con il cumulo di erba fra le labbra, dipinte da un sorriso sardonico per incamminarsi verso il biondo.

«Ha ucciso una persona? Bene, bene, è anche serial killer. Ma è normale?»

«Normalissimo» rispose una forte voce al suo fianco. Il biondo con i suoi occhi spalancati si girò lentamente nella sua direzione, ma non si sarebbe mai aspettato che quel ragazzo si ponesse davanti a lui per tappargli con forza la bocca. I loro occhi, entrambi castano scuro, si connessero e Jimin vi guardò all'interno: vuoti, rabbiosi, insensibili e privi di una qualche emozione. «So che mi stavi spiando, non passi inosservato. Se vuoi una scopata, io non te la darò. Mi bastano le mie puttane, capisci? Ora dimmi che cosa hai visto?» chiese, lasciando libera la sua bocca.

«Non voglio niente da te, stronzo e poi non ho visto assolutamente nulla» affermò, ma lui stesso sapeva che le bugie avevano le gambe corte.

«Non ti credo un cazzo, stai mentendo spudoratamente. Cos'hai visto?»

«Quando fumavi...»

«Poi?»

«Più nulla»

«Ho capito tutto» rise cinicamente. «Tu mi hai seguito sin dall'inizio: hai visto come quella merda mi vendeva l'erba, io che fumavo, la chiamata...» il corvino si allontanò. «Tu non hai visto un bel niente, hai capito? Non immischiarti perché non sono affari tuoi. Io e te questa conversazione non l'abbiamo mai intrapresa, sono stato chiaro?» Jimin annuì, mordendosi le labbra nervosamente.

Il corvino alzò la sua mascherina e se ne andò, lanciando per terra quella robaccia che aveva appena fumato.

«Fanculo»

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𝑪𝒊𝒄𝒂𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆𝒔 | 국민 Donde viven las historias. Descúbrelo ahora