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Neanche lui sapeva perché provasse così tanto interesse per quel tipo irruento dalla chioma scura e mossa.
Aveva già scoperto varie cose sul suo conto: fumava erba vendutagli da un gruppo di senegalesi, aveva una cicatrice sotto le labbra e una sul collo. Aveva conosciuto anche alcuni lati del suo carattere, oltre all'aspetto fisico: manipolatore, freddo, violento, taciturno ma soprattutto bello da morire. Malgrado avesse visto quella brutta cicatrice sul suo volto, non aveva cambiato opinione perché quella ferita non storpiava la sua bellezza. Era meravigliosamente etereo e intrigante. E non sentiva alcun timore ad ammetterlo.

«Jimin a che stai pensando?» domandò Hoseok, accomodandosi a fianco a lui. I due erano seduti sulle grate in legno della palestra ad aspettare il loro turno per battere la palla. L'insegnante gli stava praticando la battuta di pallavolo.

«A nulla, tranquillo.» rassicura il ragazzo.

«Secondo me invece c'è qualcosa che non vuoi dire né a me né a Tae e centra sicuramente quel ragazzo che indossa sempre la mascherina. Lo stesso su cui ti abbiamo avvertito.» Jimin non diede alcuna risposta, preferì continuare a guardare un punto morto davanti a sé. «Chi tace acconsente, non lo sai per caso?» il biondo annuì, essendone perfettamente a conoscenza.

«Quello che tu dici è vero: sto pensando a lui.» ammise. «Vorrei essere suo amico, ma è così complicato quasi impossibile!» affermò con frustrazione. «Non credo sia così male come tutti dicono.»

«Hai già provato a parlarci?»

«Diciamo di sì, ma è un rifiuto continuo.» contestò, ricordando quando, qualche giorno prima, quel tipo gli aveva fatto provare quella robaccia dal sapore vomitevole. Rabbrividì al ricordo. «Neanche mi ha detto il suo nome.» fece promemoria.

«Oh, Jiminie-» sussurrò Hoseok con un sorrisino poco casto. «Io so il suo nome.»

«Davvero? Potresti dirmelo? Per favore.» supplicò il biondo, esibendo all'altro lo stesso più dolce e persuasivo che era capace di fare.

«Fammici pensare-» titubò un paio di secondi. «No!»

«Come no!?» si esaltò il minore.

«No, Jiminie!» Hoseok si alzò e scendendo le grate rapidamente, iniziò a correre per sfuggire alla curiosità del biondo. «Prof, io vado al bagno!»

«Prof, anche io. Jung sta male e ha bisogno del mio aiuto!» urlò il ragazzo dai capelli biondi che inseguì il suo amico. «Ti uccido, Jung! Fermati e dimmelo!»

«Provaci, Park!»

Jimin continuò a correre e a correre finché non cadde di fondoschiena sul pavimento, per via di una spinta che qualcuno gli aveva recato di proposito.

«Porca puttana, Jung. Sei un coglione!» vociferò con fastidio, ma quando puntò gli occhi in alto non vide Hoseok con il suo completo da ginnastica, bensì un pantalone nero e un paio di stivaletti del medesimo colore. Il ragazzo che rubava costantemente i suoi pensieri era lì, difronte a lui a braccia conserte. Come al solito, la sua espressione non era per niente amiche, ma realmente tutt'altro. «Sei stato tu?»

«Sì e quindi?» il moro sollevò un sopracciglio come se a lui non importasse nulla di tutto ciò che era appena successo.

«Mi hai spinto a terra, idiota!» gridò, rimettendosi faticosamente in piedi.

«Chi è il coglione che veniva correndo in modo sparato senza guardare dove metteva i piedi? Io o tu?»

«Evita le brutte parole che in questo momento non sono necessarie. Stavo soltanto rincorrendo il mio amico.» rispose anche lui braccia conserte.

«Hai visto? Sei solo un bambino viziato!» sogghignò il maggiore che gli diede le spalle e ricominciò a camminare.

«Tu invece sei un adulto solo perché non hai paura di fumare dell'erba, non pensando che questa possa nuocere alla tua salute? Sì, proprio un adulto.»

Jungkook cessò il proprio passo e al contempo strinse i pugni lungo i propri fianchi. In uno scatto veloce, si accostò nuovamente dinanzi al più piccolo, al quale afferrò minacciosamente il colletto della maglia. Quel biondino lo faceva uscire fuori di testa.

«Chiudi la bocca se non vuoi che ti tagli quella fottuta lingua! Non sono affari tuoi se voglio nuocere alla mia salute, d'accordo? Vuoi che ti p-» i suoi avvertimenti vennero stroncati dall'arrivo di qualcun altro vicino a loro.

«Jeon Jungkook.» il moro riconobbe all'istante quella voce e dovette lasciar andare il minore. «Fermati o dovrò chiamare le forze dell'ordine. Tu lo sai, prossima cazzata e sei dentro.» avvertì l'uomo dal figura slanciata e possente.
Kim Namjoon era il suo supervisore. Aveva il compito di controllare la sua condotta all'interno di quell'istituto. Se avesse sbagliato, avrebbe pagato.

«Vaffanculo, Nam!» sbuffò con pesantezza il ragazzo.

«Stai bene?» chiese il supervisore a Jimin. Doveva assicurarsi che le persone che andavano incontro al suo assistito stessero bene. «Ti ha fatto qualcosa?»

«No. Stavamo facendo solamente quattro chiacchiere» sorrise imbarazzato, mentre era attanagliato dallo sguardo fulmineo di Jungkook.

«Tenendoti dalla maglia?» indagò.

«Scherzava.» Namjoon fissò prima Jimin e poi Jungkook, al quale rivolse le sue parole.

«Va bene. Per stavolta la passi, ma la prossima sei dentro. Ti sto avvertendo, Jeon!»

«Questo fottuto bambino viziato mi sta sempre fra i piedi e sai che odio chi lo fa.» rammentò al suo supervisore con rabbia. Nel frattempo Hoseok ritornò da Jimin, avendo visto che quest'ultimo non era più dietro di lui.

«Jimi-»

«Shh!» lo ammutolì.

«Io lo capisco, ma non puoi sfogare la tua rabbia sugli altri! Pensa a Hyun-San! Non puoi finire nuovamente dentro! Lo comprendi? Magari Jimin vuole soltanto essere tuo amico!» controbatté Namjoon, usando lo stesso tono.

«Non voglio amici. Non voglio la pietà di nessuno. Non voglio che nessuno si intrometta nella mia vita e non devi nominare Hyun-San. Ti è chiaro?» Jungkook elencò le sue motivazioni, contandole con l'aiuto delle sue dita. Le sue pupille era vivacemente dilatate per colpa dell'ira e il suo collo variopinto di rosso e vene ingrossate.

«Lo nomino perché è grazie a lui se tu oggi sei fuori! Ragiona! Jimin qual è il tuo intento con Jungkook?» l'uomo spostò la sua attenzione sul minore, che nel frattempo era rimasto attonito da quella discussione.

«Volevo soltanto essere suo amico. Non ho nessun intento malefico.»

«No! Lui vuole solamente intromettersi nella mia vita come tutti gli altri idioti di questa dannata scuola! Visto che da quando sono entrato sono sulla bocca di ogni student! Detesto chi vuole farsi gli affari miei!» sbottò.

«Calmati, Jungkook. Ricorda che siamo sempre in un'ambiente scolastico e non a casa tua! Io vedo sincerità nelle parole di Jimin, anche se tu non gli vuoi credere.»

«Sai che non mi farò abbindolare né da te né da lui. Per me la conversazione finisce qua e il discorso non si riaprirà.» dichiarò per poi andarsene. Namjoon prima di seguirlo, si avvicinò al biondo.

«Jimin se non vuoi avere problemi, è meglio che rinunci e ti allontani, altrimenti dovrai avere pazienza e subire molto spesso la sua ira. Non è un ragazzo cattivo. È solamente un po' difficile.» disse Namjoon, imprimendogli una pacca di conforto sulla spalla.

«D'accordo.» rispose Jimin con il capo chino.

Altre mille domande frullavano in modo confuso all'interno della sua mente. Aveva appena scoperto che il moro si chiamasse Jungkook, ma la cosa che più lo intrigò non tale scoperta, ma chi fosse Hyun-San che entrambi avevano nominato. Chi era?

𝑪𝒊𝒄𝒂𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆𝒔 | 국민 Where stories live. Discover now