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Namjoon passò immediatamente sotto casa di Jin, l'amico di Jimin e con Jungkook all'interno della macchina, si diressero velocemente verso la casa famiglia per capire cosa stesse succedendo con Hyun-San.

«Che state facendo? Perché volete portarlo via ?» urlò il corvino quando entrò dall'ingresso dell'edificio di fretta e furia.

Hyun-San era lì, tenuto fermo da due uomini mentre il suo sguardo era totalmente perso in un punto a caso della stanza ma questo svanì quando finalmente riuscì a vedere suo fratello maggiore.

«K-Kookie...» Il cuore di Jungkook si strinse e corse da lui per abbracciarlo, erano fortemente legati e solo un cieco non avrebbe notato questo legame. I tutori li lasciarono fare d'altronde non si sa quando si sarebbero rivisti.

«San, amore...» il piccolo lo abbracciò con forza mentre lui baciava caldamente la sua fronte.

Era la sua vita, la sua forza, non poteva vivere senza di lui, viveva, era fuori grazie a lui.

«Perchè volete portarmelo via? Lui ha bisogno di me ed io di lui... Non potete farlo... Non erano questi i patti» gli occhi del maggiore diventarono odio puro, rabbia, dolore, frustrazione.

«Jeon tu sai quello che tuo fratello ha, la sua malattia. Ha bisogno di una famiglia, di un posto accogliente e pieno di amore. Non può più continuare a stare in questa struttura! Ha bisogno di una famiglia!» spiegò l'altro tutore.

Jungkook li guardò con tristezza e la sua voglia di piangere aumentava di secondo in secondo. Pensava continuamente, perché a lui?

Quegli uomini avevano ragione. Il suo fratellino era affetto dalla sindrome di Down, aveva bisogno di una casa, di una famiglia, di cure, di amore... Di un padre, una madre... Era tutto così difficile e complicato nella sua vita e Hyun-San così speciale.

«Ma io come farò senza di lui... Non potete farmi questo... Io voglio stare con lui, è la mia vita...» le lacrime iniziarono a varcare il suo volto, era tremendamente ferito, arrabbiato con sé stesso, con la vita, con Dio per non aiutarlo nella sua esistenza così buia «Io ritornerò in g-galera...?» domandò singhiozzando.

«No, non ritornerai in galera e per questo devi ringraziare il preside della tua scuola che ha voluto prenderti in custodia insieme a Namjoon ma sei sempre a rischio. Sei supervisionato e alla minima cazzata sei dentro, lo sai» disse il tutore avvicinandosi ai due e poggiando le mani sulle spalle del piccolo Hyun-San.

«K-Kookie, t-ti voglio b-bene» parlo il suo fratellino con adorazione.

«Anch'io, te ne voglio ma tanto tanto. Sei il mio cuore, San» il volto del minore venne riempito dai baci pieni d'amore di Jungkook «Kookie ti ama tanto, non scordarlo» singhiozzò silenziosamente cercando di non farsi sentire ma in quel momento un altro suono si fece sentire. Il clacson di un auto che è stata appena parcheggiata.

«Sono arrivati...» disse il tutore.

«Jungkook-» provò a dire Namjoon ma io menzionato si negò.

«No, no vi prego. Ho bisogno di lui, non potete portarmelo via... Io non vivo più senza di lui» parlò con disperazione ma quegli uomini non lo ascoltarono e con forza strapparono Hyun-San dalle sue braccia mentre Namjoon tenne le sue «Vi prego... San...»

«K-Kookie, t-ti voglio bene!» esclamò il minore con un sorriso non capendo cosa stesse succedendo al suo intorno.

«Jungkook calmati!» sentenziò Namjoon.

«Come cazzo vuoi che mi calmi quando mi stanno strappando la mia vita? Quando stanno portando via la mia unica ragione di vita? Come cazzo vuoi che mi calmi? Porca puttana...» Jungkook corse fuori quando vide lo sportello della macchina chiudersi con all'interno il suo fratellino «San...» Namjoon lo rincorse e lo tenne nuovamente fermo mentre la macchina sfrecciava via portando con sé la sua unica famiglia.

«Calmati!» urlò.

«No, vaffanculo Nam. Ti odio, vi odio tutti» il suo pugno si sferrò contro la guancia del suo supervisore «Fanculo» le sue gambe iniziarono a correre e a correre senza una meta precisa, cercando di scappare da quell'inferno, cercando di scappare da quell'orribile vita che gli era toccata.

«J-Jungkook...» gridò Namjoon ma ormai il corvino era lontano.

Jungkook corse, corse fino a quando le sue gambe non furono stanche ritrovandosi contro un muretto dove posò le sue mani. Respirò con agitazione mentre i suoi occhi guardarono in basso, un fiume, un'occasione perfetta per farla finita dopo tutto quel dolore ma non poteva, non poteva permettersi di perdere la ragione.

Doveva lottare, lottare per Hyun-San.

«Perchè a me...? Sono stanco...» sussurrò con la sua voce totalmente impastata e rotta dal pianto accumulato che finalmente lasciò andare dopo pochi secondi «Perchè Dio? Ti faccio così schifo? Ti odio, odio anche te...» sputò con rabbia prendendosela con tutti, anche con i passanti che lo guardavano «Che cazzo avete da guardare, eh? Sono un povero orfano con una vita da schifo, che c'è?» le persone che prima lo fissavano allibiti aumentarono il passo a quelle forti parole.

Era in uno stato pietoso, occhi gonfi e rossi, tutto scompigliato e furioso con il mondo in intero.

Il suo telefono squillò e lui solamente lo guardò, era un numero sconosciuto.

«Lasciatemi in pace, cazzo...» sussurrò quando arrivò anche la terza chiamata ma alla quinta decise finalmente di rispondere «Chi cazzo sei? Che vuoi, maledizione?» urlò con disperazione al telefono.

«Jungkook sono io...»

«Non so chi sei, che vuoi? Perché continui a rompermi i coglioni?»

«Jungkook sono io, Jimin. Devi ascoltarmi»

«Non ho intenzione di sentire le tue cazzo di parole, mi hai rotto il cazzo, basta!»

«Ascoltami... Tuo fratello-»

«Perchè lo nomini? Non lo devi fare, hai capito?»

«Basta, Jungkook. Credo che il piccolino che i miei genitori hanno adottato per darmi una compagnia sia tuo fratello ma prima ho bisogno di sapere una cosa...»

«So già cosa vuoi dirmi, dannazione. Mio fratello è affetto dalla sindrome di Down! È lì da te?» parlò con più calma accompagnato da un briciolo di speranza.

«Si, è proprio lui. Vieni da me, ti manderò l'indirizzo»

𝑪𝒊𝒄𝒂𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆𝒔 | 국민 Where stories live. Discover now