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Gli amici di Jimin, seduti tuttavia su quella panchina, notarono il ragazzo dai capelli corvini ritornare dalla direzione in cui se n'era andato. Passando, quest'ultimo lanciò nella loro direzione uno sguardo pieno di odio e rancore. Si stupirono di quell'atto, ma subito dopo videro spuntare anche Jimin, con la respirazione affannata e la fronte imperlata di sudore.

«Jimin, che ti è successo?» domandò Hoseok visibilmente preoccupato. Il biondo non possedeva una bella cera.

«Nulla. Ho solamente fatto una corsetta!» inventò, ma gli altri due non se la bevvero come lui avrebbe sperato.

«Quello stronzo ti ha fatto qualcosa, vero? È appena passato davanti a noi e sembrava quasi volerci uccidere!» affermò Taehyung con un sottile velo di ribrezzo sul volto. Quel corvino non era di loro gradimento.

«No, n-non mi ha fatto niente. Non abbiamo neanche parlato!» mentì spudoratamente.

«Jimin stai lontano da lui. Non mi piace minimamente! Mi trasmette brutti presentimenti.» avvertì il castano.

«Sarà meglio entrare. Andiamo amici!» all'istante Jimin cambiò discorso, sorridendo falsamente e prendendoli sotto braccio per poi rientrare all'integrazione della scuola. Non sopportava il fatto che i suoi amici volessero sempre proteggerlo solo perché non era alto e muscoloso, ma piuttosto sembrava un marmocchio di secondo superiore. Aveva diciannove anni. Era maggiorenne e vaccinato, e di certo non avrebbe ascoltato i suoi amici stavolta. Avrebbe dimostrato che non era solo uno stupido ragazzo dal carattere buono e al contempo peperino.

[...]

Odiava quelle cicatrici.
Odiava soprattutto quella orripilante cicatrice sotto il suo labbro inferiore, che nascondeva in ogni momento con la sua mascherina rigorosamente nera: il nero lo faceva sentire protetto.
Odiava tutto ciò su era dovuto passare nel corso della sua vita, ma indietro non si poteva tornare, il passato non prevedeva alcun rimedio.
E questo Jeon Jungkook lo sapeva.
Quelle cicatrici sarebbero rimaste per sempre. Non sarebbero sparite. Avrebbero sempre ricordato lui la sofferenza, il dolore, la rabbia, l'impotenza e le lacrime che aveva dovuto affrontare.
Non era di certo colpa sua se il destino volle che sua madre fosse una sadica sanguinaria. Non fu colpa sua.

La ricreazione era già finita da un pezzo ed ogni studente si trovava nella propria classe per assistere alla lezione, ma Jungkook non rientrò come fecero tutti gli altri. Fece ingresso all'interno di quella maleodorante stanza e appoggiò il suo fondoschiena al bordo del lavandino.

Non riusciva a restare più di tanto tempo dentro la classe. Si sentiva osservato e soffocato da tutti quegli sguardi curiosi e malpensanti. Inoltre, la sua ferita sotto il labbro aveva ricominciato a pizzicargli il cuore e i ricordi. E oer evitare di reagire d'impulso, picchiando qualcuno dei suoi compagni per la forte rabbia che provava, preferì uscire.

Aveva compreso che la sua cicatrice si fosse riaperta nuovamente, forse per la temperatura o forse per il suo sudore a contatto con la mascherina. Bruciava. Era dolorosa. Respirò profondamente e girò il suo corpo verso lo specchio, reprimendo immediatamente la voglia di sferrare un pugno contro di esso.
Tolse il suo giacchetto di pelle e lo pose sul bordo del lavandino. Si guardò meticolosamente intorno per vedere se oltre lui ci fosse qualcun altro. E quando si accorse che poteva procedere tranquillamente, tolse anche la sua mascherina, lasciando alla luce quella tremenda cicatrice che detestava con tutto sé stesso.
Era scucita, sanguinava leggermente ed era accompagnata da una sostanza bianca, probabilmente infezione.

Faceva male.

Aprì il rubinetto, bagnò le sue mani e sciacquò la sua ferita con acqua fredda. Bruciava, bruciava, quasi come il dolore di quel fatidico giorno.

Flashback

La lama dell'affilato coltello da cucina trafiggeva la sua carne. Dio se faceva male, Dio se bruciava. Era un incubo straziante.

«Amore passerà. È solo un gioco. La mamma sta giocando con te. Io mi sto divertendo piccolo mio, tu no.» parlava quella macabra voce, mentre rideva cinicamente.

«N-no. Mamma!»

Un'altra cicatrice.
Un'altra cicatrice era stata inflitta sul suo dolorante corpo.

Fine Flashback

Sciacquò più e più volte quella parte, volendo cancellarla, volendo non vederla mai più, ma era lì, impeccabile come sempre.
Strinse fortemente le sue mani sul bordo del lavandino, abbassò il suo capo e chiuse solo per un momento i suoi occhi, cercando di trovare un po' di pace, un po' di felicità o spensieratezza, ma i ricordi, il passato erano sempre presenti, segnati nella sua mente con un pennarello indelebile.

Indelebili come quelle cicatrici.
Indelebili come i suoi trascorsi.
Never forget your past aveva inciso sulla sua nuca.

Sbarrò nuovamente i suoi occhi, tentando di recuperare il giusto ritmo di respirazione. Prese poi una garzetta dalla tasca del suo giubbotto e lo scotch dal suo zaino. Con quest'ultimo fissò la garza sulla ferita, coprendola del tutto. Lavò le sue mani e si rimise addosso la mascherina e il suo giacchetto di pelle. Acchiappò la sua cartella e uscì dal bagno, ma rientrò pochi secondi dopo.

Un paio di occhi castani avevano assistito alla sua uscita e lui se n'era accorto proprio in quell'esatto istante. Jungkook si trovò faccia a faccia con Jimin, con il biondino dell'altra volta, che appena lo vide, tentò di fuggire, di nascondersi in uno dei cubicoli, ma il maggiore fu più veloce. Incollò la sua schiena contro la porta del bagno più vicina. Lo prese per il colletto della maglia e lo strattonò non delicatamente.

«Sempre in mezzo ai miei coglioni stai? Che ti avevo detto? Devi starne fuori. Devi starmi alla larga. La mia fottuta vita non ti deve interessare. Cos'hai visto stavolta? Rispondi, porca puttana!» parlò il moro con rabbia e odio. Sputava le parole con talmente tanta ira che Jimin maledisse mentalmente sé stesso per essersi interessato così tanto a lui. «Parla.» scandì la parola lentamente.

«Ero già in bagno quando tu sei entrato. Non volevo vedere le tue-»

«E perché non sei uscito quando mi hai visto?» domandò, continuando a stringere e tirare il colletto della sua maglia bianca.

«Io-»

«Io un cazzo.»
La mano del maggiore arrivò dritta dritta sulla delicata guancia del biondo, in uno schiaffo perturbatore e violento. «Vuoi che ti faccia una bella cicatrice simile alla mia, eh?» chiese sarcasticamente. Jimin morse il suo labbro per attenuare il dolore provocatogli da quel gesto barbarico. «Rispondi.» lo sbatté contro la porta.

«No.» sussurrò.

«Non ho sentito.»

«Ho detto no.»

«Perfetto.» il ragazzo si allontanò dal biondo che scivolò sul pavimento. «Un'altra cosa-» rammentò, sollevandogli il mento. «Ascolta i consigli dei tuoi amici e le voci di tutti quegli idioti che girano per la scuola. Allontanati.» si alzò in piedi e sistemando il suo giacchetto, varcò l'uscio di quell'ambiente poco igienico, ma non ritornò in classe.
Se ne uscì da una porta che aveva scoperto fosse anche un'uscita, andandosene così da quel posto che lui non sopportava.

Jimin rimase sul pavimento a toccarsi la guancia e a meditare, a metabolizzare tutto quello che era appena successo. Le sue domande crescevano a dismisura.

𝑪𝒊𝒄𝒂𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆𝒔 | 국민 Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora