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Il giorno seguente Jimin dovette recarsi a scuola di fretta e furia. Quella che suonava imperterrita e rumorosamente all'interno della sua stanza era la quarta sveglia puntata sul suo cellulare. Si era addormentato e adesso rischiava di fare tardi.

«Merda e ancora merda!» esclamò il ragazzo correndo in bagno. Si fece una doccia veloce, si vestì, asciugò velocemente i suoi capelli, pose i suoi orecchini e mise lo zaino tra le spalle. Poi uscì di casa, arrivando di corsa alla fermata dell'autobus il quale ritardò di circa dieci minuti. «Fanculo, sono in ritardo!» maledì in un sussurro. Si sedette in uno dei sedili lato finestrino e adagiò il suo capo contro di esso, avendo la possibilità di osservare la strada e le auto passare con velocità. Gli mancava la sua, ma era dal meccanico e doveva per forza accontentarsi dei mezzi pubblici. «Ma questo rottame non potrebbe andare più veloce!»

«Non è una macchina, ragazzino! Ricorda che siamo più di 50 persone qui dentro!» sentenziò un anziano dietro le sue spalle.

«Al diavolo!» mormorò tra sé e sé.

L'autobus cessò la sua corsa all'ennesimo semaforo rosso.
Jimin sbuffò seccato per la situazione in cui era, ma ad un tratto la sua attenzione venne attirata come una calamita da una grande moto nera aldilà del finestrino. Fissò il motociclista, anch'esso vestito di colore nero, e non poté che compararlo a qualcuno di conoscente. Forse quel corvino misterioso?
E di questo ne ebbe la conferma, quando quello che pilotava la moto si voltò verso di lui e i loro occhi si scontrarono violentemente, visto che l'altro ragazzo aveva appena sollevato la visiera del proprio casco.
Uno sguardo rivoltoso e magnetico.

Jimin continuò ad ammirarlo finché il semaforo non assunse la luce verde e il traffico ricominciò a muoversi. Nel frattempo Jungkook mostrò il dito medio nella sua direzione e successivamente sfrecciò via.

«Vattene a fanculo, bastardo!» imprecò per l'ennesima volta e sfinito gettò la sua nuca sul sedile.

Una ventina di minuti dopo, l'autobus giunse finalmente alla fermata della scuola. Jimin scese frettolosamente e inspirò una grande quantità di aria fresca perché all'interno di quel rottame dopo un po' non si respirava più. Controllò il suo orologio e adesso sapeva che sarebbe dovuto entrare nell'ora successiva. In effetti fu così.
Il bidello, notando il suo tentativo di varcare l'ingresso, lo fermò all'istante e fece il suo solito segno: 'dopo entrerai'.

«Fanculo di nuovo in quest'ennesima giornata di merda!» sbottò Jimin con nervosismo, calciando via una lattina e sedendosi su uno dei gradini dell'entrata. Nel modo di sollevare il suo sguardo, vide che anche Jungkook fosse lì ad attendere la seconda ora. Lo stesso ragazzo che il giorno prima aveva avuto il coraggio di porre una mano su di lui e lo stesso che pochi istanti prima aveva mostrato il suo dito medio contro di lui.

«Che cazzo guardi?» il suo momento di studio anatomico venne interrotto dalla voce stizzita dell'altro.

«Sei sempre così scorbutico?» domandò Jimin con i nervi a fior di pelle.

«Con le persone che rompono e non si fanno gli affari propri, sì.» rispose freddamente.

«È stato un caso quello di ieri. Non l'ho fatto di proposito!»

«Sì certo come no! È stato un caso anche quando hai deciso di seguirmi e spiare quello ciò che facevo lì dietro!» ironizzò in modo tagliente.

«Era solo curioso.» Jimin fece spallucce a quel punto.

«La curiosità uccise il gatto, non lo sapevi? Vuoi conoscere la mia vita così da poterla sbandierare ai quattro venti? Sono un drogato, dei senegalesi mi vendono l'erba e ho una cicatrice sul volto che copro con una fottuta mascherina. Hai già detto tutto questo a tuoi stupidi amici, eh?» sputò acidamente per poi estrarre dalla tasca del suo giacchetto un pacchetto. «Vedi questo? È marijuana o droga, chiamala come vuoi. Ora ti farò vedere la grande persona che ha deciso di incuriosirti così tanto.»

Jungkook iniziò a prepararla difronte agli occhi impavidi del biondino.

«Non l'ho detto a nessuno perché non sono affari miei se sei un drogato oppure no.» rispose brevemente, mentre imprimeva ogni mossa che compiva quel ragazzo nella sua mente.

«Volevi sapere la mia vita per un tuo gusto personale? Andiamo bene!» ridacchiò beffeggiandolo apertamente, ma nell'attimo seguente ritornò serio. Passò la sua lingua sull'estremità della cartina per sigillarla e mentre lo faceva, intensificò il suo sguardo su Jimin. «Non ti è bastato lo schiaffo di ieri? Da quanto noto è ancora visibile il segno.» istintivamente Jimin nascose la sua guancia con il palmo della sua mano. «Questo succede perché hai ficcato il naso dove non avresti dovuto. Sarei capace di molto di più, ma ieri ho preferito risparmiarti, anche perché di tornare in galera non ne ho voglia.»

Jimin dovette immagazzinare un'altra informazione sull'esistenza di quel ragazzo. Che altro c'era da scoprire? Inghiottì saliva e grattò la sua nuca con le pupille inchiodate sulle labbra del moro, le quali trattenevano un cilindro d'erba fumante.

«Hai ucciso una persona.» il corvino spinse fuori dalla sua bocca una fila di cerchietti di fumo, che si dissolsero una volta entrati in contatto con l'aria mite di quella giornata. Abbozzò un sorriso sardonico perché era riuscito nel suo intento.

«E tu, nonostante ciò continui ad interessarti a me? Da quanto vedo, un aspirante masochista a cui piace giocare con il fuoco.» aspirò nuovamente e Jimin notò un qualcosa di diverso in quel ragazzo, specialmente nei suoi occhi.
«Mi guardi in modo strano. Hai notato il rossore dei miei occhi? Ti incutono davvero timore?» chiese cinicamente.

«Sì, sono molto arrossati.»

«È l'effetto dell'erba: i capillari iniziano a rompersi e sembrano iniettati di sangue.» seguì dicendo il corvino.

«Perché lo fai?» questionò il più piccolo a seguito con curiosità.

«Cosa? Drogarmi? Mi fa stare meglio: sono rilassato e la mia voglia di picchiare qualcuno aumenta.» confessò, puntandolo direttamente e Jimin avvertì un tremore lungo tutta la sua schiena. «Vuoi provare, biondino? È fottutamente rilassante.» il corvino si mise in piedi e camminò lentamente verso di lui. «Su, prova anche tu e vedrai che cazzo vuol dire stare sulle nuvole.» rise.

«Non mi serve, tranquillo.» rifiutò sia con le parole che con le sue mani agitate.

«Hai paura? Sarà solamente un fottuto tiro» incuteva timore il tono con cui parlava e Jimin non poté tirarsi indietro, non aavrebbe di certo fatto la figura del ragazzo pauroso.

«Solo uno.» il corvino annuì velocemente. Tolse la canna delle sue labbra e lo pose fra quelle rosee e carnose del minore.

«Ti sentirai meglio, su!» Jimin inspirò e il fumo invase la sua gola insieme ai suoi polmoni. Tutto sotto lo sguardo derisorio del maggiore. D'un tratto iniziò a tossire fortemente perché quella cosa era uno schifo totale. Mentalmente si disse: mai più.

«Che merda è, porca puttana!» il corvino ghignò malamente.

«Che ingenuo del cazzo. Hai visto? Ti sei fidato di me e hai finito per drogarti anche tu!» le sue risate sarcastiche proseguirono e proseguirono. Jimin rimase a bocca aperta e con un'enorme senso di vomito nella gola. «Non sono una bella persona e per ciò non può interessarti a me. Ascolta i consigli dei tuoi amici, biondino.»

La campanella della seconda ora suonò e Jungkook entrò soddisfatto all'interno della scuola.

𝑪𝒊𝒄𝒂𝒕𝒓𝒊𝒄𝒆𝒔 | 국민 Where stories live. Discover now