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"도움"은 단어뿐 아니아 / "aiuto" non è solo una parola / "help" isn't just a word


Quando Jisung riaprì gli occhi, la luce che entrava nella stanza si era ormai trasformata completamente. Ora era chiara, viva, alcuni raggi del sole colpivano la parete che riusciva a raggiungere con il suo sguardo, e alcuni il viso del ragazzo che dormiva a qualche centimetro da lui, le dita della sua mano ancora intersecate con quelle di Jisung.

Jisung sbatté le sue ciglia un paio di volte, indietreggiando lungo la coperta su cui era disteso e lasciando andare la presa sulla mano di Minho, percependo uno strano senso al centro del suo petto, che si faceva più intenso quando inalava l'aria fresca che entrava dalla finestra ancora aperta.

Gli occhi di Minho si aprirono poco dopo, scrutandolo in silenzio mentre Jisung analizzava la sua mano, aprendola e chiudendola come se fosse stato il primo giorno in cui l'aveva utilizzata. Si prese uno spavento quando si accorse che Minho si era svegliato, e la sua espressione si trasformò da una calma e curiosa in una nervosa e impanicata.

–Non guardarmi così!– disse, scattando indietro e alzandosi in fretta, come se avesse qualche posto in cui andare, quando invece sapeva bene di essere bloccato lì dentro. Ma per quanto la realtà pesasse fin troppo sulle sue spalle il giorno precedente, ora riusciva malapena a sentirlo.

–Ora non posso nemmeno guardarti? Non posso parlarti, non posso guardarti, cos'altro ora?– chiese Minho, infilandosi una mano tra i capelli e cercando di fargli assumere una piega decente.

–Nulla. Stai lontano da me e basta.– rispose Jisung, "stirando" le pieghe che si erano formate sulla sua gonna durante quella notte. Era probabilmente inutile, ormai era ben più che piegata, ma si accontentò lo stesso.

–I tuoi capelli.– disse Minho, ridacchiando.

Jisung alzò le braccia istintivamente, toccando i suoi capelli con entrambe le sue mani. –Cos'hanno?– chiese, correndo verso la finestra e specchiandovisi. Minho lo raggiunse alle sue spalle, e mentre Jisung era perplesso poiché non capiva di cosa l'altro ragazzo stesse parlando, lui infilò le sue dita tra i capelli del ragazzo con la gonna e li spettinò il più possibile.

–Ti uccido.– mormorò Jisung, mettendosi a posto i capelli e squadrando Minho con lo sguardo.

–Provaci!– disse l'altro, aprendo le braccia all'aria e facendogli un ghigno.

Jisung non riusciva proprio a credere che quella fosse la stessa persona davanti a cui aveva pianto la sera prima. La stessa persona che lo aveva rassicurato, stringendogli la mano per tutta la notte e dormendo vicino a lui.

–Troppa fatica.– disse Jisung, chinandosi per afferrare una bottiglia d'acqua e prenderne qualche sorso, allontanandola dalle sue labbra quando vide Minho avvicinarsi nella periferia del suo campo di visione. –Stai fermo o ti bagno.

Jisung non sapeva che, in realtà, il motivo per cui a Minho piaceva così tanto tormentarlo e prenderlo in giro, era che lo vedeva sorridere ogni volta che Jisung tentava di far finta di odiarlo terribilmente per quello che gli faceva. Era un sorriso leggero, uno che forse avrebbe voluto nascondergli. Ma una volta ancora, Minho vedeva ogni dettaglio di lui.

E quindi scattò verso di lui, evitando lo spruzzo d'acqua che uscì dalla bottiglia di Jisung, continuando a girargli intorno e a sentirlo ridere finché il liquido non fu ormai tutto sul pavimento anziché su Minho.

–Hai finito le tue possibilità.– disse il ragazzo, agguantando la bottiglia vuota e scuotendola in aria, poi lasciandola cadere per terra.

Il suo viso era così luminoso, notò Jisung. Era come se avesse assorbito la luce di tutte le stelle che avevano brillato nel cielo quella notte, come se fosse lui il sole anziché quello fuori dalla finestra.

of these chains | minsungWhere stories live. Discover now