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평화롭게 사으면 좋겠다 / vorrei che tu potessi vivere in modo tranquillo / I'd like for you to live peacefully


Jisung non sarebbe mai riuscito a descrivere come si sentiva stando fermo nel mezzo del suo appartamento, fissando gli scatoloni che contenevano le poche cose che aveva. Fortunatamente non aveva comprato alcun mobile, quindi non avrebbe avuto nessuna preoccupazione di quel genere, erano per la maggior parte solo vestiti e i suoi libri per l'università.

Quando qualcuno suonò alla sua porta, tornò alla realtà, dirigendovisi per aprirla e rimanendo immobile a fissare gli occhi castani del ragazzo che gli stava per offrire un posto in cui dormire, per chissà quanti giorni di fila. Come avrebbe fatto a non sentirsi un peso?

–Pronto per una nuova avventura?– gli chiese, alzando le mani a pugno verso l'alto con un sorriso sul volto.

–Avventura..? A casa tua?

Minho annuì, spiando sopra le spalle di Jisung le scatole che erano posate sul pavimento. –Oh, così poche?– chiese, entrando in quello che era stato l'appartamento di Jisung fino a quel momento e afferrando una delle scatole. –Non pesa neanche tanto.

–Cosa ti aspettavi? Almeno non ti riempirò casa con cose inutili.

Minho lo guardò con un'espressione triste. –Non sono inutili se sono cose tue.

Jisung ignorò ciò che aveva appena detto, osservando Minho per un istante. –Riesci a portarlo da solo?

–Penso proprio di sì.

Fecero un paio di turni a salire e scendere tra l'appartamento e l'auto di Minho, che aveva parcheggiato subito sotto il palazzo in cui Jisung aveva vissuto per più di due anni. Gli sembrava strano, andarsene in quel modo, ma quella sensazione era sommersa da altre migliaia di preoccupazioni, dunque riusciva appena ad accorgersene.

I suoi occhi erano persi a guardare gli edifici che scorrevano veloci intorno a lui; il vento, il quale entrava dal finestrino appena aperto, gli scostava qualche ciocca di capelli dalla fronte, spingendole indietro.

Era passato qualche giorno dall'ultima volta in cui aveva visto Minho, e non era riuscito ad insultarlo neppure una volta da quel momento. Non sapeva se sperare che il ragazzo gli parlasse e tornasse a dargli fastidio come al solito, così che la sua parte più irritabile saltasse fuori, o che continuasse a stare in silenzio, perché si sarebbe sentito troppo in colpa ad offendere la persona che lo stava aiutando.

Le sue dita presero a giocare con il tessuto dei suoi pantaloni, spostandosi a quello della felpa poco dopo.

–Siamo quasi arrivati.– lo avvertì Minho.

Il suo appartamento era molto più piccolo di quello che si sarebbe aspettato, ma chi era lui per giudicare? Sembrava comunque pulito e piuttosto accogliente, capace di ospitare effettivamente più di una persona in caso fosse necessario. La porta si apriva su un breve corridoio che portava poi direttamente alla stanza principale, una grande finestra che lasciava entrare la luce del sole, la quale colpiva le superfici opache di alcuni dei mobili della cucina, e rifletteva sulle piastrelle lucide. Il letto di Minho era situato in uno degli angoli della stanza, vicino alla finestra, ed era ricoperto di cuscini che sembravano estremamente morbidi. Notò anche un peluche di un gatto, nella grande pila.

Una tavola ben più grande di quello che sarebbe servito a una sola persona era situata al centro della stanza, accompagnata da delle sedie ricoperte di una qualche imbottitura e di un tessuto di colore menta. Uno strano colore da utilizzare in quella zona dell'appartamento, ma Jisung non era lì per giudicare le scelte di Minho, o di chiunque avesse abitato lì prima di lui. Il tavolo era in realtà occupato per metà da libri impilati l'uno sull'altro e un pc portatile sovrastante ad essi.

of these chains | minsungWo Geschichten leben. Entdecke jetzt