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마지막에 웃는 사람 / ..chi ride ultimo / the one who laughs last

Passarono degli altri giorni piuttosto tranquilli. Jisung e Minho uscirono insieme qualche volta, riuscirono ad iniziare ad abituarsi a vivere entrambi da soli, e al loro "orario" un po' ristretto e sofferente.

Minho osservò il cielo quasi totalmente sereno fuori dalla finestra, affacciandovisi un attimo. Era pomeriggio, e Jisung stava lavorando al momento. Lui avrebbe dovuto studiare, ma la sua voglia di fare era ridotta a zero. Sospirò, pensando che sarebbe stata una buona idea uscire per un po', dato che il tempo sembrava essere tornato ad essere bello, e non sapeva quanto sarebbe durato, né aveva intenzione di fidarsi di quelle nuvole visibili in lontananza.

Si mise le scarpe, afferrando il suo cellulare e uscendo di casa senza pensarci troppo. Non sapeva dove andare, non aveva alcun punto preciso in mente, ma probabilmente girovagare per un po' sarebbe andato bene. Chiuse la porta alle sue spalle, scendendo con calma le scale e socchiudendo gli occhi quando la luce all'esterno lo abbagliò.

Il sole brillava alto nel cielo, un venticello leggero gli faceva venire i brividi benché stesse indossando una felpa calda. Osservò i suoi dintorni mentre si decideva su quale direzione prendere, camminando per una strada poco affollata e godendosi la luce del sole.

Le sue scarpe premevano appena contro il cemento di un marciapiedi, il suo sguardo sempre in movimento, incapace di restare fermo su solo una cosa. C'era fin troppo che attirava la sua attenzione.

Si fermò a comprare una ciambella per strada, poi procedendo lungo la via, sporcandosi le labbra di zucchero e sorridendo per il gusto dolce della sua merenda.

Non poteva fare a meno di ritrovarsi a pensare su quanto la sua vita fosse migliorata, durante l'ultimo periodo. Se era mai stato in grado di comprendere cosa volesse dire "essere felice", sapeva che quella era la risposta. Era davvero felice. Era felice perché aveva finalmente la persona che più amava al mondo come suo ragazzo. Era felice perché aveva imparato cosa volesse dire amare qualcuno. Era felice perché le sue giornate erano tranquille, perché poteva passeggiare in quel modo senza preoccuparsi di nulla. Era felice, era semplicemente felice.

Si chiese se avrebbe dovuto comprare qualcosa per Jisung, già che era fuori, ma poi ricordò di quanto il ragazzo odiasse il suo utilizzo eccessivo dei suoi soldi su di lui. Minho aveva lavorato in passato, ma la maggior parte dei soldi che aveva erano dei suoi genitori e dei suoi nonni.

Nessuno nella sua famiglia desiderava vederlo bloccato in problemi economici, quindi lo fornivano di fin troppi soldi rispetto a quanto gli sarebbe servito. Minho sapeva di essere fortunato. La sua famiglia gli voleva estremamente bene, e lo faceva imbestialire pensare che non fosse lo stesso per altre persone, come anche Jisung. Cercava di non pensarci, ma non poteva fare a meno di cercare di dargli tutto ciò che i suoi genitori avevano deciso di non dargli.

Jisung era la felicità in sé per Minho. Non gli servivano così tanti soldi per essere felice. Non ne aveva bisogno. E quindi il pensiero di poter rendere felice l'altro ragazzo piuttosto, utilizzandoli per lui, sembrava un'idea innocua. Forse era un po' troppo entusiasta.

Perso nei suoi pensieri, non si accorse minimamente di essere quasi inciampato sui piedi di una persona seduta su una panchina ai lati della strada.

Si girò per scusarsi, ma rimase immobile a fissare il volto dell'estraneo.

No, non era un estraneo. Aveva già visto quella faccia, e non solo una volta. Più e più volte, fino a fargli venire la nausea.

–Tu..– mormorò.

of these chains | minsungWhere stories live. Discover now