Capitolo 7. Incidente

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ALVARO'S POV:

Quella giornata sembrava essere come tutte le altre: buia e vuota senza Itzi, non mi ero sentito di scriverle, le avevo concesso del tempo e non volevo cambiare la parola data. Mi ero interrogato su cosa fosse successo al parco, su chi fosse quell'uomo, cosa fosse successo prima, perché l'avesse chiamata una puttana: non mi aveva dato l'impressione di essere una facile o forse aveva smesso di esserlo da quando uscivamo insieme. Poi, a parte questi pensieri, ero contento che fosse martedì: magari l'avrei vista dai bambini e avrei potuto non so parlarle, se lei fosse stata pronta. La mattina come sempre ero in ansia, un po' distratto, mi chiedevo se lei stesse bene o meno, cosa stesse facendo, per questo in un secondo le scrissi di getto: <<Ciao Itzi, non sono morto. Solo avevo promesso di lasciarti tempo ed essendo un uomo di parola così ho fatto. Non so se oggi ci vedremo o no, se vorrai parlare o no, se starai bene o no, ma voglio che tu sappia che sarò sempre qui, non mi interessa nulla di cosa hai fatto - se hai fatto qualcosa - mi interessa solo che tu sia felice. Anzi ti dirò di più: voglio esserci la prossima volta che lo incontrerai per difenderti, voglio esserci quando starai male per consolarti, voglio esserci quando riceverai il prossimo premio per festeggiare con te, voglio esserci la prossima volta che sarai in imbarazzo per baciarti quelle guanciotte rosse, voglio esserci a capodanno per iniziare l'anno con te: perché ti amo Itzi, e lo so ci ho messo settimane a capirlo ma ora ne sono certo e non voglio perdere tempo. Anche se non sei pronta a parlare di lui non fa nulla ma ti prego proviamoci.>> Dopo una decina di minuti uno specializzando mi chiamò al cerca persone per un urgenza al pronto soccorso, arrivai all'ingresso delle ambulanze e lui mi disse: 'Donna sulla quarantina, con braccio e gamba fratturata, schegge di vetro nella testa. Ha perso conoscenza e ha avuto un arresto cardiaco' 'Perfetto' dissi e in quel momento arrivò l'ambulanza e la barella con l'ossigeno: non ero pronto a vedere che lì c'era Itzi. Quando me ne accorsi urlai: 'Subito in anestesia, dobbiamo rimuovere le schegge, voglio un uomo con il defibrillatore pronto. Cazzo Itzi, resisti ti prego, ti prego' Dopo averla anestetizzata iniziammo a toglierle i vetri dalla testa uno ad uno, stando attenti che non fossero ferite troppo profonde o che perforassero la scatola cranica. Dopo un'ora avevamo concluso e procedevamo con l'ingessatura del braccio poi della gamba. Stavano mettendo via tutto e uno di loro la stava portando in camera, ancora incosciente, dissi 'Lascia faccio io' e così presi la barella e la portai nella stanza libera al primo piano. Tra qualche ora si sarebbe svegliata e io avevo così tanto da dirle, così tante cose da sapere e discutere. Iniziai a parlare delle cose che volevo fare, i viaggi, le avventure, tutto quello che sognavo. Lei non sentiva e soprattutto magari non ricambiava e questo mi fece capire quanto io l'amassi, sì ero lì solo per quella cosa chiamata amore. Le guardavo il viso e mi perdevo nei suoi lineamenti, così perfetti, il suo sorriso accennato, tutto di lei mi piaceva. Ben presto si svegliò dopo che l'effetto dell'anestesia scomparve; quando aprì gli occhi sussurrò solo: 

'Alvaro...' 

'Sono qui Itzi - Sorrise - Come stai?' 

'Bene' 

'Senti male alla testa?' 

'No' 

'Ottimo e vedi bene?' 

'Sì ma cosa è successo?' 

'Ti hanno investita ad un incrocio, hai perso i sensi e hai avuto un arresto cardiaco ma per fortuna sei ancora qui' 

'Con un braccio e una gamba rotta' 

'Sì' 

'Alvaro, ho fame'

'Vado a chiedere il pranzo, aspetta' dissi. 

Scesi di corsa in mensa e presi ciò che mi aveva detto le piaceva. Presi il vassoio e lo portai al secondo piano, quando rientrai nella sua stanza aveva un sorriso dolce e gli occhi lucidi: forse aveva letto il mio messaggio, forse boh. La osservai mangiare, sorridendo 

'Perché mi fissi?' chiese ad un certo punto 

'Perché avevo paura di non poterlo fare più' Una lacrima scese dal mio viso ma lei l'asciugò prontamente, sorridendo disse: 

'Ora sono qui, non preoccuparti anzi mi porti dai bambini?' 

'Sei mezza ingessata cosa farai?' 

'Giocherò coi LEGO per terra, Alvaro per favore' 

'Va bene, vieni qua' dissi.

Lei si avvicinò al bordo del letto, così la presi e la misi sulla carrozzina. La portai in pediatria dove i bambini erano abbandonati a se stessi. Appena ci videro la loro gioia era incontenibile. Dopo i vari saluti,  presi Itzi in braccio e la deposi sul tappeto. Mi sedetti anch'io e così passiamo tutto il pomeriggio tra risate e affetto, qualche bambino andò a fare la chemio per poi tornare a casa mentre altri ritornavano a giocare con noi. Alle 8 circa tutti iniziarono ad essere stanchi, soprattutto Pablo, che aveva anche fatto le cure, si stropicciava gli occhi e sbadigliava 'Pablo vieni qua' disse ad un certo punto Itzi indicandogli le sue gambe. Si spostò e in meno di un secondo sprofondò tra le sue braccia con la testa a destra e i piedi a sinistra, dov'era ingessata. Si strinse al suo petto e al suo seno, sì, non ho potuto fare a meno di notarlo, e sembrava aver trovato la sua zona di comfort. A quel punto arrivarono le infermiere che provarono a prenderlo dalle sue braccia ma Itzi si rifiutava. 

ITZIAR'S POV:

Pablo era così sereno tra le mie braccia, si era addormentato tranquillamente; dopo l'insistenza delle infermiere chiesi ad Alvaro di poterlo mettere io a letto 'Solo questa volta' rispose, mi caricò sulla sedia e mi condusse nella sua stanza. Mi avvicinai il più possibile al letto e lo deposi per poi rimboccandogli le coperte 'Siete bellissimi insieme' notò Alvaro in un momento. Io mi limitai a sorridere: mi sa che mi stavo innamorando. Mi riportò in stanza e dopo avermi messo a letto, mi augurò una serena notte. La mattina dopo mi svegliai alle 9:30, gli antidolorifici facevano il loro lavoro e aprendo gli occhi vidi davanti a me una ragazza sulla ventina, probabilmente una specializzanda che stava guardando il mio monitor.


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