Capitolo 2

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La mia piccola ed esile corporatura si confrontò con la sua. Mi sovrastava per via della sua grandezza fisica. Gli arrivavo appena sotto il petto.

Torreggiava su di me ed io mi persi nella sua invadenza più totale. I capelli mossi ne incorniciavano il viso spigoloso, con il naso dritto, le labbra sottili e la mascella volitiva.

Gli abiti eleganti, una camicia bianca abbinata a dei pantaloni grigi e delle scarpe nere verniciate. Era bellissimo, io... non avevo mai visto nulla del genere in tutta la mia vita. Lo sguardo criptico, fisso su di me. Mi sentii esposta, privata della mia intimità. Lo detestai. Ero così vulnerabile, peraltro difronte ad un perfetto sconosciuto.

In fondo, eravamo questo. Nulla di più.

<< Sei davvero tu >> sussurrai, la voce ridotta ad un filo. Risultò difficile sostenere il suo sguardo, diveniva sempre più irritante. Sembrava gli piacesse vedermi così in difficolta. Lo osservai studiarmi, squadrò il mio corpo più volte rimanendo assorto nei suoi pensieri.

Poi, di nuovo quel sorrisino insopportabile.

<< India, il piacere é tutto mio >> fece per inchinarsi, un modo per ufficializzare la nostra conoscenza. O quello che ne sarebbe stata.

<< Sono felice di averti trovata così presto. In ogni caso non potevi sfuggirmi, immagino lo sappia >> proseguì nel suo discorso, ignorando la mia espressione sconvolta. Ero incredula e incapace di reagire. Mi racchiusi nel mio mondo sicuro, cercando di trovarne conforto. Ma la mia mente non riusciva a pensare ad altro, se non a lui.

Quell'uomo così misterioso mi avrebbe ammaliato semplicemente con il suo essere. E io sarei caduta, annegando nelle sue bugie. Perché non c'era cosa alla quale tenesse di più, che vivere.

Alla fine, non eravamo poi così diversi. Anche lui, era morto.

<< Volevo solo salvarmi la vita >> sibilai, a denti stretti. Avevo sperato, illudendomi. Perché lui mi aveva trovato e lo avrebbe fatto sempre, in ogni luogo. Non avevo scampo. Era stato addestrato per quello, ed era lì pronto a colpirmi.

Mi accasciai a terra, ai suoi piedi, trovando conforto nella natura. Dei fiori luminescenti blu rischiaravano l'erba, talmente erano accecanti. Ne staccai uno dal suolo, privandolo delle sue radici. Lo girai nelle mie mani incerte, ammirando il bagliore che emanava. Ruslan si inginocchiò, fingendo interesse per ciò che stavo facendo. << Non voglio farti del male, India >> spiegò, con assoluta calma.

<< Non. Ti. Credo >> annunciai, catastrofica. Era la verità e lo sapevamo entrambi. Ruslan avrebbe dovuto uccidermi. Solo così sarebbe sopravvissuto.

E avrebbe avuto un'altra opportunità, sulla Terra. Sarebbe tornato alla sua vecchia vita, dimenticandosi dell'accaduto. Doveva fare solo una cosa, entro la fine di quel mese.

Sbranarmi.

Coriandoli blu caddero poco a poco a terra. Mi ritrovai tra le mani frammenti color notte, rotti e luminosi.

<< Sei un bugiardo >>. Non mi ero accorta di aver iniziato a piangere. Probabilmente, quel mese avrei pianto tanto. Sempre se fossimo riusciti ad arrivarci, alla fine. In effetti, avrebbe potuto uccidermi in qualsiasi momento. Forse, non avrei visto nemmeno l'alba nuova.

Immaginai stesse leggendo i miei pensieri, quando anticipò le mie domande.

<< Non sarà doloroso ma dovrò farlo, prima o poi. Lo sai >> mi disse, soppesando le parole. Quello, non mi aiutava. Sapevo Ruslan lo avrebbe fatto. Ma forse i modi pacati e i toni gentili prolungavano l'agonia. Perché mi davano speranza. Mi facevano credere in un qualcosa che non sarebbe mai avvenuto.

Ruslan non mi avrebbe mai risparmiato. Quella nuova consapevolezza, si fece strada in me. Era pesante da accettare.

<< Sembri davvero molto giovane e forse lo sei davvero. Quanti anni avevi quando sei morta? >> domandò intrigato, per saperne di più. I suoi occhi erano rimasti a studiarmi, quasi come se il mio corpo potesse essere capace di fargli cambiare idea. Non sarebbe mai successo. Quell'uomo così bello da sembrare irreale non avrebbe mai potuto interessarsi a me. Avvertivo la sua ostinazione, la gioia nel sapere che ce l'aveva fatta. Per lui c'era un'altra occasione.

Così diversi, praticamente agli opposti, eravamo destinati a combatterci. Una lotta ridicola, perché lui mi avrebbe eclissato in un nonnulla, inutile sperare.

<< Venti >> pronunciai lentamente, la lingua faticò a muoversi, le labbra ad aprirsi. Me le torturai subito dopo mordendole, per stemperare quella tensione pesante da gestire.

<< Allora non mi sbagliavo >> commentò, tagliente. << Differiamo di una decina d'anni >> aggiunse poi, ridacchiando. E quella superficialità, mi disgustò. Provavo un sentimento di repulsione nei suoi riguardi, irritante com'era. A causa sua, avrei smesso di esistere. Per sempre.

Per me non ci sarebbe stato più nulla, nemmeno quella dimensione così ovattata e confortevole.

Entro la fine di quel mese, Ruslan mi avrebbe ucciso. In un modo o nell'altro, sarebbe ritornato a vivere. Perché quella che per me significava morte, per lui significava vita. Una nuova vita sulla Terra, la possibilità di ricominciare daccapo.

<< Perché non lo fai subito? >> gesticolai con le braccia, come ad invitarlo ad attaccarmi. Non volevo aspettare, non avrebbe avuto senso.

<< Adesso non sei ancora pronta. E poi, che gusto ci sarebbe? >>. A quelle parole sgranai gli occhi, incredula per tanta barbarie. Non riuscivo a crederci. Ruslan si stava prendendo gioco di me...

Mi avrebbe annullato, fisicamente e psicologicamente. Potevo solo soccombere.

RiflessiWhere stories live. Discover now