Capitolo 18

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Due braccia forti mi sollevarono dall'acqua. Erano bollenti, nonostante si gelasse.

Ruslan.

In un attimo mi riportò su. Alla luce, alla vita. Gli occhi chiusi e il respiro spezzato, avevo perso conoscenza. Mi controllò il polso e ascoltò i battiti lenti del mio cuore. Mi premette sul petto, con ritmo metodico. Ma non mi svegliai. Avevo trovato conforto in un mondo caldo e accogliente e non avevo intenzione di andare via. Giacevo indifesa su quel prato.

E lui non si fermò, premeva e controllava, fino a quando non mi baciò per donarmi il suo ossigeno. Mi tirò via dal luogo sospeso e indefinito nel quale mi trovavo, mi riportò sulla riva.

Annaspai, aggrappandomi a lui per trovare il sollievo di cui avevo bisogno. Mi specchiai nelle sue iridi nere, perdendomi nel suo mondo ammaliante. Si accertò stessi bene e mi accarezzò le guance delicatamente, quasi avesse paura di rompermi.

<< Ruslan, è stato un incidente. Volevamo soltanto giocare >> si giustificò con accento fastidioso e tono gracchiante la sconosciuta.

<< Sì, è vero. E' lei che ha iniziato >> si alternarono le altre con fare allarmato, indicandomi ripetutamente, cercando la sua approvazione.

Approvazione che non arrivò.

Perché lui aveva capito, non importava la raffica di scuse che ci investì. Non distolse lo sguardo da me, mi teneva stretta al punto da farmi mancare nuovamente l'aria.

<< E scommetto sia stata sua l'idea di farsi annegare >> constatò spazientito e adirato. Non si staccò da me, osservava le condizioni in cui ero. Bagnata fradicia e con appiccicato alla pelle il bianco della mia vestaglia. Un panneggio invisibile che mi rendeva ancora più esposta e vulnerabile. Imbarazzata, serrai le cosce e coprii i seni con le braccia.

<< Ascolta Ruslan >> la voce familiare di Olya tentò nuovamente di convincerlo ma invano, perché lui era furioso, a tal punto da afferrarmi la vita. Mi prese in braccio per portarmi via. Via da loro. Via dai miei incubi. Fu seguito da quelle megere che elargivano moine e finti pentimenti.

Mi appoggiai al suo petto, abbassando la testa e concentrandomi sul suolo e sulle scarpe lucenti che lo calpestavano. Ruslan era impeccabile, come al solito.

<< Vi voglio fuori dai piedi, faremo i conti dopo >> sibilò. Spaventate, quelle ragazze si allontanarono in fretta, lasciandoci soli. Camminò in silenzio con passo veloce, ed io non proferii una parola. Mi cullai tra le sue braccia, ondeggiavo con lui ad ogni avanzare.

<< Grazie >> sospirai piano, mormorandolo più tra me e me che a lui.

Quando fummo a casa, mi lasciò andare. Ero un fascio tremante e volubile, sul punto di piangere. Il salone fece risaltare la bellezza senza eguali di Ruslan. Sembrava un principe, avvolto nel suo completo indaco in seta. Una figura statuaria, scolpita egregiamente dalla luce.

Avrei voluto baciarlo e ammirarlo nella sua perfezione, per l'eternità. Fermare il tempo, per non dover rinunciare mai al suo essere sublime.

<< Vieni >> il suo invito mi persuase, ero attirata da quell'uomo irraggiungibile come non mai. Mi condusse al primo piano, in una sala spaziosa e celeste. Era una sala da bagno. Dominava il centro una grande vasca bianca con i piedi in ottone. Le rubinetterie e i lampadari in cristallo contribuivano a rendere l'ambiente elegante e raffinato. Una finestrella permetteva di vedere le chiazze vaporose che andavano a formarsi nel cielo.

<< Spogliati >> e il mio mondo sembrò vorticare pericolosamente. Oh, mio Dio. L'espressione dannatamente seria, in attesa di una risposta, Ruslan disintegrava il mio autocontrollo. Esaminò il mio corpo in preda ai brividi, dopodiché annullò la distanza che c'era tra noi. Oscurò ogni cosa, avanzando a piccoli passi verso di me. Mi invase. Gli poggiai le braccia sul petto, indicandogli che necessitavo di più spazio. 

Lo bramavo e ripudiavo al tempo stesso. 

<< Un bagno caldo è ciò di cui hai bisogno. Aiuterà a riscaldarti >> inarcò un sopracciglio, continuando a studiarmi. Ciocche ribelli nere gli ricadevano sul viso, impedendomi di cogliere del tutto le sue reali intenzioni.

<< E a profumarti >> scoprì i denti bianchissimi in un sorriso che detestai. Odiavo quando adottava quel tipo di ironia. Ero spaesata. Volevo mettere a tacere i mostri che correvano selvaggi nella mia mente, per dedicarmi a lui. Cancellare quello che era successo ore prima, per concentrarmi su quell'attimo. Per vivermelo a pieno. Per avere il controllo su di lui come lui lo aveva su di me. 

Ruslan riempì la vasca di acqua ed oli essenziali, controllando che tutto andasse bene.

Rimasi lì, con lui davanti, incapace di formulare una risposta. Poi, la mia audacia ebbe la meglio. Mi sbottonai il panno bagnato che avevo indosso, fino a far cadere quel velo pesante sul marmo immacolato. Lui indugiò su di me dolcemente, l'attenzione rivolta verso la pelle e i lividi e le ferite che la macchiavano. Mi fece cenno di accomodarmi verso la vasca ed io feci quello che mi chiese, con il cuore in tumulto.

Privata di ogni cosa, gli obbedii. 

Sussultai quando entrai in contatto con l'acqua, venendo pervasa dai vapori tenui e rilassanti. 

Fu terapeutico.

Lui rimase al di fuori, mi concesse qualche minuto per ambientarmi. Si spostò verso il grande cassettone all'angolo, aprendo e rovistando nel mobiletto ed io ne approfittai per studiare il suo corpo vigoroso. Notai il modo in cui il tessuto della giacca tirava sulla sua schiena possente, ed arrossii. Da sola e privata dei miei indumenti, mi ritrovai a desiderarlo in quella vasca. Desiderai mi stesse più vicino, chiusi gli occhi fantasticando su di lui, immaginandolo perdere il suo innato controllo. Quando li riaprii me lo ritrovai accanto, al di fuori della vasca, accovacciato per assistermi. Stringeva tra le mani una piccola spugna blu. La picchiettò sul mio corpo, insaponando e massaggiando. 

Inizialmente gemetti, turbata dal suo tocco esperto. Poi, man mano, mi lasciai andare. Il tempo era scandito dal mio respiro irregolare, il mio corpo era pervaso da uno strano calore, nonostante facesse freddo.

Ci guardammo per tutto il tempo, lui con aria grave ed io impacciata e in soggezione, come sempre.

Mi concentrai su quel mucchietto blu, poroso e soffice, che passò teneramente su di me. Divenne il mio centro vitale, la mia attenzione riservata unicamente sul suo tocco. Non volevo la smettesse. Sussultai quando quella spugnetta mi fu passata sul pube, d'istinto serrai le cosce e Ruslan avvertì il mio disagio. Scorsi in lui un debole sorriso o almeno, mi parve di vederlo, tanto fu impercettibile.

Quando finì di lavarmi, mi porse una mano per aiutarmi ad uscire da quel guscio di porcellana. Fui avvolta in un asciugamano, troppo grande per me.

Rimasi avvinghiata a quel panno asciutto e pulito, stringendolo con troppa forza. Il pavimento si costellava di numerose macchie d'acqua, e cercando una possibile via di fuga, dirottai il mio sguardo lì. 

Ero così intimorita, ciò nonostante non volevo mi lasciasse da sola. Lui aspettò diversi istanti, si ergeva dinanzi a me in tutta la sua fierezza. Mi osservò da capo a piedi, tentò di reprimere il sorriso che gli stava nuovamente nascendo sulle labbra. 

Mi sentii morire.

<< Ti aspetterò nella stanza degli specchi >> mi disse, prima di richiudere la porta.

RiflessiWhere stories live. Discover now