Capitolo 9

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Il rumore secco e assordante della porcellana, ruppe lo stato apparente di quiete che circondava l'abitazione. Piccoli cocci si mescolarono alla miscela bollente che impregnava il pavimento.

In un attimo lui fu da me. A controllare che fosse tutto a posto. Ad assicurarsi stessi bene.

Ma io non stavo... bene. Mi sentivo così triste.

Annaspai, in cerca di una buona dose di ossigeno. La sua mano mi sfiorò la guancia, posandosi sotto il mento. Mi costrinse a guardarlo. I miei occhi azzurri lo persuasero.

Ci perdemmo nei nostri sguardi. Rimanemmo a fissarci, assaporando quel momento.

Avrei dato qualsiasi cosa per poter vivere quell'attimo infinite volte, per l'eternità.

Eravamo solo noi, nient'altro.

Ruslan era molto vicino, una vicinanza per me difficile da gestire. I nostri corpi si sfioravano ed era così avvilente. Perché forse volevo di più.

<< Sei molto bella >> sospirò.

Oh, mio Dio. Gli piacevo?

Nello stato in cui versavo, bella non era l'aggettivo adatto. Lui, invece, sembrava un guerriero dall'armatura invincibile, fiero e possente. Pronto a salvarmi e a portarmi via con sé.

Era divino, affascinante. Di certo, nulla a che vedere con me.

<< Scusami >> si corresse poi, in seguito alla mia espressione corrucciata.

<< Non avrei dovuto >> aggiunse, infastidito dal suo lasciarsi andare.

Le sue scarpe nere ed eleganti, invadevano il mio campo visivo. La testa bassa era un'attitudine che non apprezzavo. Tuttavia, in preda all'imbarazzo chinai il capo.

Era il mio scudo per combattere chi mi stava davanti. La mia armatura scintillante.

<< Vorrei che lo facessi più spesso >> farfugliai, emozionata per ciò che non potevo negare.

Il suo respiro scandiva il ritmo del tempo. Il suo petto si alzava e abbassava, al di sotto della camicia che completava il suo abito grigio.

Esitò, prima di rispondere.

<< Non posso >> le sue parole, pronunciate dopo secondi interminabili, mi contrariarono.

<< Questo non toglie che sono legato a te, in modo indissolubile >> moderò i termini, probabilmente per evitare fraintendimenti. Per non illudermi.

Eppure, quella frase significava tanto. Al di là di ogni cosa, eravamo come uniti da un filo eterno e inconsumabile, che ci avrebbe tenuto legati a prescindere da qualsiasi cosa sarebbe accaduta, dopo.

<< Quanto tempo manca prima della fine del mese? >> chiesi, nervosa. L'ansia di non riuscire a farlo restare, minacciava di occupare il mio petto.

<< Dodici giorni. Dopo dodici giorni, tornerò alla mia vita >> affermò risoluto. Quel muro invalicabile si era mostrato nuovamente nella sua durezza e tragicità.

<< Lasciandomi morire? >> incredula, lo guardai disgustata.

Se avessi potuto sarei corsa via, di nuovo. Invece, ero debole e disarmata. Impotente su quel divano. Viste le mie piccole dimensioni, sembravo a tutti gli effetti una bambola. Uno di quei giocattoli da maneggiare fino a quando non ci si stanca, perché paragonati infine al giocattolo nuovo, più desiderabile.

<< Non ho detto questo >> controbatté, seccato.

<< Ora, non ho intenzione di discutere con te. Almeno, non su questa cosa >>.

E proprio come se si trattasse di una bambola mi attirò a sé. Dolcemente.

<< Piuttosto, ti porto di sopra. A letto. Sono sicuro che andrà meglio, al caldo e sotto le coperte >>.

Sbiancai, fui permeata dalla paura.

Dispose del mio corpo sollevandomi. Mi feci pesante, ebbi infiniti dubbi.

Mi chiesi se fossi pronta per tutto ciò.
Mi chiesi se fossi pronta per Ruslan.

Salimmo le scale, il mio corpo gli ricadeva tra le braccia quasi come fossi stata priva di vita. Come fossi fatta di porcellana. Un gingillo di cui aver cura. Ma io non ero quello. Ero una persona in carne e ossa.

Mi aggrappai alle sue spalle, ebbi timore di cadere quando, terminati i gradini, svoltammo a destra. Il corridoio che ci si prospettò davanti era interminabile. Le pareti color pesca si adornavano di arazzi raffiguranti diverse storie. Tramite ampi telai messi in sequenza, si articolavano figure e paesaggi dorati.

I passi di Ruslan battevano sul marmo immacolato. Ondeggiai tra le sue braccia, lasciai che il suo profumo mi invadesse le narici. Fui stretta in presa così solida. La sua morsa mi fece male ma lui non sembrò interessarsi.

Spinse una porta in legno chiaro, situata vicino alla maestosa finestra, alta quanto le mura. Dava su un grande lago. Ce n'erano diversi, a Lys.

La camera nella quale mi introdusse odorava di lavanda. Aveva un grande letto rosa a baldacchino, situato al centro. Era confortevole. La massiccia cassapanca in legno, ai piedi del letto, si rifletteva nello specchio girevole semiabbassato. Il balconcino era in ordine, con un tavolo e delle sedie foderate rivolte verso l'enorme ammasso d'acqua.

Sprofondai su quel letto, Ruslan mi sistemò con cura sul piumone drappeggiato.

Proprio come una bambola...

Mi accarezzò i capelli sporchi, erano ingrovigliati e delle piccole ciocche aderivano sulle tempie. Dovevo avere un aspetto pessimo.

<< Davvero, vorrei che tu mi parlassi. Qualsiasi cosa ti venga in mente >> si ostinò. Voleva capire, saperne di più. Una velata insofferenza trasparì dai suoi occhi, il sentore della sua sfiducia si fece sempre più autentico.

<< Non ho niente da dire >> borbottai avvilita ed esausta.

Mi adagiai su quel cumulo soffice, chiudendo gli occhi per non vedere più nulla. Ero stanca e avevo bisogno di riposare.

Un suono che non seppi identificare e poi mi attirò a sé con tutta la sua veemenza. Il livello del letto si abbassò drasticamente, perché lui mi sedeva dietro, avvinghiandosi a me con le gambe massicce. La stoffa dei pantaloni graffiava in parte le mie gambe scoperte.

Una carezza rassicurante ai mei capelli mi portò in estasi. Ero alla sua mercé. Bramavo ogni suo tocco. Le setole morbide della spazzola in tessuto , riposta con cura sul mobile accanto al letto, districavano dolcemente gli innumerevoli nodi. Con pazienza, Ruslan mi pettinò fino a quando la mia chioma non acquistò la sua bellezza originaria. Onde bionde risplendevano uniformi, incorniciandomi il viso.

Fui invasa dal suo abbraccio. Mi strinse forte, rimanendo alle mie spalle. La mia schiena cozzò contro il suo petto di pietra. Ero così piccola e gracile, la sua presenza mi invalidò del tutto.

Cercai capire perché lo facesse, Ruslan mi appariva nella sua assoluta ambiguità.

In alcuni momenti, sembrava essere fatto di ghiaccio. Nei miei riguardi nessuna emozione, nessuna parola sincera.

In altri istanti la sua autenticità mi travolgeva come un fiume in piena. E io ero felice e grata di poter navigare nella corrente.

RiflessiWhere stories live. Discover now