Capitolo 24

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Il freddo penetrò nelle ossa e nel cuore. Giacevo indifesa, esposta alle intemperie e ai pericoli del nuovo giorno. Sola e disarmata, contro i mostri che mi tormentavano. Contro l'incarnazione della Macchia Nera. Ruslan non era il mostro di cui si narra nelle favole. Era molto di più, un'ombra che non mi avrebbe mai lasciato andare. Per sempre, mi aveva condannato all'infelicità. Nemmeno la morte, avrebbe potuto separarmi da lui. Mi aveva mentito, tradito ed illuso. Mi aveva fatto male. Si era cibato della mia ingenuità, nutrito dei miei incubi.

Un vecchio lenzuolo fu posato su di me, mi riscaldò lievemente. Fermò per un attimo quel gelo avvilente. Controluce, riconobbi la sagoma di Ruslan. Sembrava preoccupato, appariva ignaro di tutto.

<< Ti ho cercata dappertutto >> ansimava ancora, ascoltai apatica il suo respiro irregolare.

<< Sono sempre stata qui >> farneticai, con occhi spenti e persi nel vuoto. Lui annullò la distanza che c'era tra noi. Si accovacciò per guardarmi, per capire quale fosse il problema.

Possibile non lo sapesse?

Necessitavo del mio spazio vitale, la sua vicinanza rendeva le cose più difficili.

<< India, guardami >> udii lo schioccare della sua mano, davanti al viso. Era tutto inutile, perché io ero assente. Niente poteva più farmi del male.

<< Fallo adesso, ti prego >> lo supplicai, volevo che quel tormento finisse.

<< Ma cosa... >> mi guardò perplesso, come se fossi matta. E forse, lo ero diventata davvero.

<< Cosa ti prende, per Dio? >> domandò sconcertato, impaziente di sapere. La sua voce mi lasciò intravedere la sua preoccupazione.

<< Guardami! >> inveì incredulo, contro di me. Mi scosse più volte ma non accennavo a dargli segni di vita. Passarono infiniti attimi, mi ridestai poco a poco da quel torpore.

Non appena incrociai il suo sguardo, decisi di affrontarlo. I miei occhi non erano mai stati così grigi e accesi, furenti di rabbia. Gli lanciai addosso il mio risentimento, rivelandogli cosa era successo quella notte, la motivazione del mio stato d'animo.

<< Ho visto... so tutto >> tuttavia quella frase non sortì l'effetto sperato, non si premurò di scalfire quel mostro di ghiaccio.

<< Cosa hai visto? >> domandò risoluto come sempre, scandendo ogni singola parola. Mi tormentai le mani prima di rispondergli, le unghie si conficcarono nella carne provocandomi un dolore acuto.

<< Kristina >> sillabai un semplice nome. Un nome che lo gettò nell'imbarazzo più assoluto.

Vidi poco a poco la sua armatura scalfirsi, il ghiaccio iniziava a sciogliersi per lasciare posto ad un uomo fatto delle sue debolezze.

<< Tu e lei >> continuai nella mia precisazione, ignorando l'umiliazione che mi opprimeva il petto.

Dovetti farlo, gli mostrai il mio risentimento. E Ruslan non poteva più scappare, almeno non dinanzi all'evidenza . Per tutto quel tempo, mi aveva fatto credere di essere speciale. Credevo di essere l'unica, avevo fantasticato sul nostro amore.

Invece, al di là delle illusioni, c'era un uomo subdolo, che illudeva e feriva.

<< Non tutte le cose sono per come appaiono >> sentenziò, con aria grave, rivestito della sua sufficienza. Nelle prime luci dell'alba, era la bestia più ammaliante. Il nero dei suoi indumenti si scontrava con il bagliore della sua pelle. Detestai la sua avvenenza, il suo essere sublime. Dotato di una bellezza meschina e ingannevole, mascherava dietro l'involucro le insidie più brutali. Il suo vero essere.

<< Devi solo fidarti di me >> fu la sua preghiera, un modo per attirarmi nuovamente nel suo incantesimo. Fasci di luce si riversarono poco a poco nel lago, rischiarando le sue dolci increspature. Gli occhi altrove, fissi su quel secondario incanto. Guardavo spaesata i fiotti dell'acqua infrangersi sulla sponda erbosa.

<< Prometti amore ad un'altra ed io dovrei fidarmi di te? >> la mente era sgombra dai pensieri, discutere con Ruslan mi faceva vorticare la testa.

<< Esistono tanti modi di amare >> fu la sua risposta. Semplice, spiazzante. Mi lasciai sfuggire una specie di risata, avevo i nervi a fior di pelle.

<< India, nutro davvero sentimenti di affetto nei tuoi confronti. Mi piaci >> disse prima di fermarsi. Mi guardò in un modo che mi fece desiderare di essere altrove.

Fece una pausa, per poi continuare il suo discorso. 

<< Così debole ed indifesa... ispiri protezione >> si intenerì nel guardarmi, e per un secondo, si soffermò sulle mie labbra. Me le morsi istintivamente, fino a farmi male. Rimasi ancorata ai suoi occhi, sperando di trovare la luce che avevo scorto nei giorni passati. 

Ma di quell'uomo sembrava non esserci più nulla, quegli occhi neri mi studiavano indifferenti.

<< Con te... con te è diverso, lo è sempre stato >> spiegò con una relativa calma. Il suo umore sembrava essersi incrinato, anche se cercava di non darlo a vedere.

<< Eppure... hai detto di trovarmi bella >> divagai, rivivendo quel ricordo.

<< Questo non cambia le cose. Non lo ha mai fatto >> lo sentii controbattere.

<< Per quanto tu sia desiderabile... non possiamo >> concluse, rattristandosi.

<< Questo significa che mi lascerai morire >> la mia fu un'amara constatazione.  Avevo provato a lottare, ma era stato impossibile. Ero fuggita, avevo provato ad irretirlo con le mie misere armi. Ma la verità era che lui aveva sedotto me. E faceva male, troppo. Mi scontravo con una persona più forte e caparbia. Avrebbe vinto altre mille volte, avrebbe vinto sempre. Non c'era più motivo di sperare, avrei atteso la mia fine.

<< Non ho scelta. Non l'ho mai avuta >> mi disse, chinando leggermente il capo. Rimase in silenzio. Sedette accanto a me, accovacciato sul piccolo mosaico di mattoni chiari e assaporò l'aria fresca della mattina. Immobile, mi strinsi nella coperta infeltrita. Calda e avvolgente, fu il mio piccolo scudo contro quel mondo ingiusto. Il mio scudo contro di lui.

Trovai conforto nelle mie lacrime. Mi rigarono il volto, bruciarono quello che restava della mia anima. Ero cenere e polvere, presto sarei stata dimenticata. I brividi si rincorrevano sulla pelle bianca, avvertivo freddo e calore, ma per le motivazioni sbagliate.

Mi ero ammalata, il mio corpo aveva iniziato a cedere. Sbattei la testa contro le robuste spalle di Ruslan. Ondeggiai con lui, camminò spedito tenendomi con cura. Divenni debole, non riuscii ad aprire gli occhi, talmente mi pesava. Percepii i suoi passi pesanti, il suo tenermi stretta a sé, il cigolio di diverse porte.

Mi abbandonai al nemico, fui stanca di combattere. Gli avrei donato la vita, mi piegai alla sua volontà. Mancava una settimana, avrei dovuto resistere per qualche altro giorno, cercare di non farmi prendere dalle sue bugie. Poi, sarei stata ricompensata.

Avrei accettato la mia morte.

RiflessiWhere stories live. Discover now