Capitolo 22

67 1 0
                                    




Il tempo emulava la nostra tempesta interiore. Fuori, il nero e il freddo. Un altro temporale era ormai alle porte, pronto ad incombere su di noi.

Io e Ruslan eravamo nella biblioteca al piano inferiore, una sala accogliente colma di libri, polvere e scaffali. Le pareti gialle e sbiadite erano pregne di storia e segreti.

Il legno delle mensole, conferiva all'ambiente un aspetto confortevole, i libri erano disposti secondo un ordine impreciso.

<< Ma cos'é che mi vuoi far vedere? >> ero così in imbarazzo. Me ne stavo seduta sulle sue gambe, appoggiata al velluto rosso di una delle poltrone che ci ospitava.

La luce calda evidenziava i nostri profili, le sue linee scolpite alla perfezione riflesse sul marmo del pavimento.

Ero leggermente arrossita, dovevo ancora abituarmi al calore del suo corpo. A come il mio aderiva al suo. Serrai le cosce, in attesa delle sue rivelazioni.

<< Ancora un attimo e ci siamo >>. Percepivo il profumo della carta vecchia, il suono delle pagine che continuava a sfogliare.

<< Sono curiosa, Ruslan io... >> mi bloccai. Ruslan collocò sulle mie gambe un grosso volume illustrato. Un libro blu, fatto per lo più di immagini, raffigurazioni in bianco e nero di paesaggi e scorci di città incantevoli.

Quello che mi si prospettava davanti era lo schizzo di un luogo che pareva surreale. I minuscoli tratti, numerosi e incerti, gli conferivano un'aurea così magica e misteriosa. Un palazzo dalle dimensioni colossali e in stile barocco, si stagliava oltre un lungo corso d'acqua. Così maestoso e malinconico, era semplicemente divino, pervaso da una tristezza senza tempo.

<< Questo é il Palazzo d'Inverno, situato a San Pietroburgo in Russia >> spiegò Ruslan, accarezzandomi una guancia con il dorso della mano. << Io provengo da lì >> aggiunse, abbozzando un sorriso. L'aria concentrata, i miei occhi guizzarono verso quei fogli ingialliti. Volevo coglierne appieno la bellezza, cercando di non tralasciare il minimo particolare. Era magnifico.

<< Sei una specie di principe? >> domandai, confusa. Nella mia storia, avrebbe potuto esserlo. Un principe delle tenebre dall'armatura nera, venuto a prendermi sul suo cavallo, per portarmi via con sé. Quella visione mi fece sorridere. Ruslan era molte cose, per me. Poteva ricoprire infinite vesti, lo immaginavo anche in molte altre, più ambigue e ammalianti. La figura del cacciatore, ad esempio. Un personaggio complicato, pronto a stanare le sue prede per poi, delle volte, risparmiarle nel momento decisivo. Il suo comportamento era similare, destabilizzante. Speravo che alla fine della favola, sarei stata risparmiata dalla sua furia, in virtù di un finale migliore.

Il magone che avevo nel petto si fece più vivido che mai, una sensazione negativa si intensificò, dentro di me. Germogliava il mio pessimismo.

Non poteva farlo, io... non volevo pensarci.

<< Mi piacerebbe portartici, un giorno >> mormorò distaccato. Lo guardai spaesata, in cerca di risposte. Ma non osai chiedere, non ero pronta per quella verità. Non ancora.

Mancavano otto giorni e il nostro destino appariva così incerto, difficile stabilire cosa sarebbe accaduto poi.

Eppure, Ruslan apparì così sicuro e determinato. Riusciva ad essere lucido, a scacciare via gran parte delle preoccupazioni. Sembrava pensasse realmente di portarmici, che avremmo visitato il Palazzo d'Inverno, osservandone la magnificenza. Ma quella era soltanto un'illusione. Sapevamo entrambi fosse una bugia. Una grossa bugia. Perché io non avrei mai lasciato Lys. Non potevo, al contrario suo.

Cercai di scacciare l'ennesimo pensiero negativo, di godermi quel momento così intimo. Fantasticare mi permetteva di ingannare il tempo e lo spazio circostante, aiutava a tranquillizzarmi. Per questo immaginai me e Ruslan camminare insieme, mano nella mano, tra spazi indefiniti e strade piene di vita. Con lui al mio fianco, avrei voluto scoprire il mondo. Avrei vissuto nei suoi racconti e nella sua storia. La nostra storia.

Fuori, nella vita reale.

Invece, eravamo rinchiusi in una bolla dal nome Lys, e la cosa peggiore era che non potevamo uscirne. Almeno, non insieme. Avrebbe potuto Ruslan, per lui c'era speranza. Accettando di lasciarmi morire.

Era lui il cosiddetto fortunato, tra noi. Colui destinato alla vita. Se fosse rimasto... sarebbe stato destinato all'infelicità. Lo avrei confinato nella mia gabbia dorata. E per quanto potessero essere forti e sgargianti i colori dell'oro, si sarebbe ritrovato pur sempre tra le sbarre di una prigione invalicabile.

Non potevo permettere una cosa del genere, essere così egoista...

Trattenni le lacrime. Era così difficile, un'ansia sconsiderata aveva ormai messo radici nel mio cuore.

<< Ho detto qualcosa di sbagliato? >> la sua voce gutturale si mescolò con il fragore dei tuoni, si alternò con il rumore assordante della tormenta.

<< No, assolutamente >> esitai, prima di rispondere, sperando non notasse il mio cambiamento emotivo.

<< Dovrei smetterla di pensare così tanto >> ammisi, osservando le goccioline d'acqua abbattersi sul vetro opaco della piccola finestra nella stanza. Il cielo piangeva lacrime di desolazione, ed io con lui.

<< Dovresti rilassarti, cercare di goderti il presente >> Ruslan accantonò quel pesante ammasso blu, per dedicarsi a me. Completamente.

Mi invitò ad alzarmi ed io controvoglia lo feci, assecondando il suo corpo che premeva contro il mio.
Ci ritrovammo in piedi, al centro di quella sala antica. Mi mancò il respiro. Era tutto così insolito, per me.
Mi prese le mani per metterle sulle sue spalle, mi dovetti sollevare sulla punta dei piedi per poterlo osservare meglio. Mi ressi forte, le mie unghie sfregavano contro il morbido tessuto della giacca. Quando mi cinse la vita, mi credetti perduta.

<< Cosa stiamo facendo? >> chiesi, intimorita. Lo seguii flemmaticamente nei passi che faceva, ondeggiando tra le sue braccia.

<< Vivendo, stiamo vivendo >> mi guidò in una lenta giravolta, la schiena premette contro il suo addome di ghiaccio. Mi crogiolai in quella spensieratezza, in quel ballo scandito dal ritmo della pioggia.

Aveva un potere immenso, Ruslan. Quando ero con lui le mie ansie si affievolivano, mi ammaliava con il suo modo di fare, con l'innata tendenza che aveva nel rimanere calmo, nel trovare una risposta ai problemi. Amavo lui, la sua fermezza, la convinzione che aveva riguardo le cose. Pensava che tutto sarebbe andato bene e in alcuni momenti lo faceva credere anche a me. In realtà non ne sapevo abbastanza, ero tormentata dalle mie negatività. Di una cosa ero però certa: il mondo faceva meno paura quando eravamo insieme.

RiflessiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora