Capitolo 36

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Il buio é un nemico crudele, un ostacolo da superare. Correvo a più non posso, orientandomi nell'oscurità. Ferendomi e arrancando, avvertivo la stanchezza di quella corsa folle. Disperata.

Necessitavo di Ruslan e delle sue cure miracolose. Della sua calma. Della sua fermezza.

Sarebbe andato tutto bene, dovevo soltanto raggiungere quella casa.

Respiravo a pieni polmoni, ignoravo i dolori lancinanti che tormentavano il mio corpo. In prossimità del grande lago, tirai un sospiro di sollievo. Ero arrivata, ero a casa.

Aprii furiosamente la porta, ero a un passo dalla promessa fatta a Clara. Dovevo solo trovarlo.

<< Ruslan! Ruslan ti prego! >> chiamai a gran voce, nella penombra. Corsi verso le scale, diretta alla sua camera da letto.

A gran velocità, salii le scale. Per poco non caddi, quando le svoltai. La sua presa fu salda e determinata, mi fece male per quanto mi teneva forte, stretta a sé. Mi sentii mancare, Ruslan afferrò il mio volto, tenendolo su, per far in modo che lo guardassi.

<< Dove sei stata? >> il tono della sua voce lasciò trasparire una totale apprensione, nei miei riguardi. Me n'ero andata senza avvertirlo, appariva così preoccupato e... confuso.

Lo avevo lasciato senza dargli troppe spiegazioni, fuggendo, per poi tornare più agitata che mai.

<< Devi venire con me, c'é una ragazza... >> farfugliai, nervosa. Tra le sue braccia ero un fascio di nervi, mi accorsi di tremare solo quando mi tenne ferma, bloccandomi per le spalle.

<< Calmati, da brava >> mi intimò, volendo ripristinare l'ordine. Desiderava mi calmassi. Ma era difficile farlo, non con un peso così grande da portare.

<< H-ha bisogno del tuo aiuto, ti prego >> gli dissi,  sperando non facesse troppe domande. Non c'era tempo, dovevamo andare e subito.

Pensieroso e scettico nei miei riguardi, mi ordinò di fargli strada: << Portami da lei >>.

E così fu. Stremata, lo condussi nel punto in cui ebbi lasciato Clara, pregando e maledicendo il fato per essere stato così crudele.

Passo dopo passo, le lacrime iniziarono a scendere, pesanti. Sporcarono l'erba e il nero della mia giacca, imbrattarono ed imbruttirono il mio umore, già precario.

Ruslan era dietro di me, eppure... aveva percepito il mio dolore. Mi bloccò, le sue mani mi lambirono il torace. Rabbrividii, il mio corpo tremò vistosamente.

<< Andrà bene, te lo prometto >> lo sentii mormorare, stretto ancora a me. Avevo annuito, sperando fosse così.

Quella sera, fu lunga e difficile. Le stelle illuminavano e vegliavano su di noi. Il vento sibilava e scompigliava i pensieri, i nostri respiri si intervallarono in un canto disperato. Dovevamo arrivare e in fretta.

Tuttavia quando arrivammo, avrei desiderato tornare indietro nel tempo. Non essere più lì. Perché il dolore che provavo non era nulla, in confronto al nuovo sentimento che stava nascendo, dentro di me. Mi sentii dilaniata. Era come se le mie membra fossero state recise, come se non avessi più il controllo di niente, men che meno del mio corpo.

Mi precipitai oltre la riva del lago, bagnandomi e lottando, pur di arrivare in quel posto, nel punto in cui inconsapevolmente avevo dato il mio addio a Clara. Un addio inaspettato, perché lei non c'era più, al suo posto l'erba sulla quale eravamo state... amiche.

Ma cosa?

Mi guardai intorno, in cerca di una ragazza debole e malata. Eppure non c'era nessuno, eravamo da soli, io e Ruslan. Mi aveva seguito in silenzio, continuando a studiarmi nei movimenti.

<< No, no! >> furono le mie ultime parole, prima di perdere i sensi.

Svenni su quel manto erboso. Mi aspettai di cadere, facendomi male. Ma ad attendermi non c'era l'erba ispida e pungente. Riconobbi la morsa di Ruslan poco prima di perdere i sensi. Ondeggiai tra le sue spalle, immersa in un mare di sogni e incubi.

RiflessiWhere stories live. Discover now