Capitolo 33

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L'incontenibile piacere della carne, eravamo diventati come animali. Il nostro istinto aveva prevalso sul resto. Ci eravamo svuotati delle nostre preoccupazioni, riempiti della nostra essenza. Quando era affondato dentro di me, mi aveva tolto e donato. Avevo perso la mia innocenza, la mia ingenuità, quella purezza nel vedere il mondo. Mi aveva donato una parte di sé, contaminato con il suo essere. Avevo accolto la sua rudezza, mi ero sporcata di lui.

Avevo smesso di essere una bambina.

Il mio mondo era cambiato, ero cambiata io. Perché vedevo con chiarezza le cose, percepivo la lussuria. Ero diventata uno di quei mostri che dominavano i miei incubi, mi ero macchiata di un peccato indicibile.

Ruslan si era insinuato nella mia mente e nel mio corpo. Mi aveva fatto sua. Tentato con il suo essere. Attirato nella sua trappola. Ed io ci ero caduta in pieno. Ma lo avrei fatto sempre, avrei scelto di vivere sotto il suo incantesimo, per l'eternità. Il desiderio aveva prevalso sul resto. Mi invalidava. Avevamo pensato a noi e al nostro bisogno, tralasciando le conseguenze. Vivevamo delle nostre debolezze.

Il mattino seguente pullulava di una naturale soggezione, avevamo dormito insieme, cullandoci nelle nostre paure. Mi ero svegliata prima del solito, carica di un'insolita energia, rimuginando sulla notte trascorsa. Riflettendo su quell'estenuante senso di colpa. Felice e combattuta. Una contentezza immeritata, eravamo esseri indegni.

Ruslan interruppe quella riflessione, mi sfiorò con le nocche il viso, accarezzandomi una guancia. Avevamo fatto una cosa ignobile, eppure... ne volevo ancora.

<< Qualcosa non va? >> domandò, intercettando la mia paura.

<< Abbiamo fatto una cosa spregevole, siamo degli esseri spregevoli >> mormorai, in preda alle riflessioni. La stanza era permeata dalla luce ovattata del nuovo giorno, delineò la mia espressione corrucciata. Avevo i capelli scompigliati, ed ero nuda, coperta solo dalla vergogna e da una quiete apparente. Mi portai il lenzuolo al petto, stringendolo forte.

<< Siamo esseri umani >> mi rassicurò, comprendendo il mio turbamento.

Con un gesto veloce e deciso, scostò il lembo che mi celava il seno e con una mano mi attorcigliò i capelli con vigore. 

Tremai per quel contatto inaspettato. Mi tirò i capelli ed io alzai la testa, offrendogli inconsciamente l'accesso al mio collo. Me lo baciò dolcemente, piccoli e teneri baci furono depositati sulla pelle in fiamme. Bruciavo per il troppo caldo, quel contatto ripristinò il fuoco incontenibile della notte trascorsa.

Condividevo il letto con un uomo talmente bello da non sembrare vero, Ruslan mi aveva portato a raggiungere il cielo, un cielo notturno e privo di stelle. Percepivo la tristezza di quel buio, l'entusiasmo nel navigare in quel mare inesplorato.

Ricambiai quei baci, ritrovai conforto nelle sue labbra.

Ci alzammo dopo molto, controvoglia. Ruslan mi offrì uno dei suoi indumenti, un'enorme giacca formale nera che mi arrivava a metà coscia. Fu strano indossarla, mi sentii così in imbarazzo.

<< Aspettami qui >> disse, lasciandomi da sola nella stanza.

Un lampo di luce invase il mio campo visivo, la piccola farfalla che avevo visto il giorno prima. Svolazzava velocemente, in modo convulso. Poi, le fu chiara la direzione. Si diresse al di fuori dalla camera ed io decisi di seguirla di nuovo.

Lungo le scale e il corridoio, nessuna traccia di Ruslan. Uscii di soppiatto da quella casa, inseguendo la scia che tracciava nell'aria.

Quell'esserino mi riportò nel luogo che avrei preferito dimenticare. La foresta nera rifletteva un orrore mai visto. La farfallina morì all'istante accasciandosi al suolo, le sue ali si disintegrarono in un nonnulla, il suo corpo mutò, divenendo disgustoso. La sua forma si allungò, divenne viscida. Osservai quella specie di serpente nero passarmi vicino, per poi confondersi nell'ambiente circostante.

Era un ambiente lugubre, sapeva di morte. La natura aveva un aspetto minaccioso, si contornava di nero, gli alberi e le piante versavano in uno stato di decomposizione. Sentii nell'aria una sorta di ronzio, come se vicino a me ci fossero dei nidi di vespe o degli animali simili.

Ero profondamente inquietata, quel luogo mi spingeva a tornare indietro. Iniziai ad arretrare, la paura ebbe la meglio fino a quando...

<< India, India! >> chiamò una voce familiare.

Brancolai nel terrore e nell'incertezza, mi mossi impaurita da ciò che mi stava intorno. Seguii il richiamo di Clara, decisa ad aiutarla.

Era avvolta dalla penombra. Intorno a lei, il serpente nero. Ma non era solo, sembrava essersi moltiplicato. Clara era accerchiata da una decina di quegli esseri. Vidi quei mostri strisciare, dimenarsi, avvicinarsi sempre di più a lei.

<< Sta' tranquilla. Ti tirerò fuori di lì >> le dissi sottovoce, per non aizzare le bestie.

Ma in realtà non sapevo come fare. Avrei dovuto farmi venire un'idea e subito. Altrimenti, avrei assistito alla sua morte.

Perché quelle belve non avrebbero esitato ad ucciderla.

RiflessiWhere stories live. Discover now