Capitolo 46

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Godette di me fino a quando non fui esausta, si cibò dei miei umori e della mia essenza.

Entrambi avevamo dato sfogo ai nostri istinti primordiali, ci eravamo privati di quelle barriere invalicabili, delle sovrastrutture che ci componevano.

Avevamo ignorato ogni cosa: la nostra coscienza, la pioggia che aveva iniziato a bagnare insistentemente i nostri corpi avvinghiati, il ruolo che aveva l'uno nella storia dell'altro.

Ci eravamo privati delle nostre paure, ignorando il senso di colpa che soffocava la nostra libertà.

La libertà dell'essere noi stessi.

Distesi sul verde, avevamo riposato per riprenderci dal nostro rapporto proibito.

Ero imbrattata dall'erba e dal suo sperma, confusa e felice.


Ruslan giaceva accanto a me, pregno dei miei e dei suoi umori.
Mi aveva accarezzato più volte, sostituendo la brutalità con la gentilezza.

Il tempo sembrò assisterci, quel clima incerto sembrava aver benedetto la nostra unione.

Un sole caldo e piacevole aveva ricoperto la radura di Lys, riscaldava la pelle e gli animi.

<< Sarà meglio darsi una pulita >> osservò Ruslan, studiando il mio corpo.
Annuii e un tenue sorriso si insinuò sulle mie labbra.
Ero in leggero imbarazzo, pensai non mi sarei mai abituata ad avere i suoi occhi, su di me.

Ebbi paura mi stesse paragonando alle altre, paura di non essere abbastanza.

<< Sei sporco anche tu, sai? >> gli feci notare, coprendomi d'impulso i seni con le braccia.

Intuendo il mio disagio, mi prese in braccio cingendomi la schiena e le gambe e in un attimo, fummo nell'acqua.

<< Problema risolto, allora >> commentò sarcastico, ed io mi sforzai di non ridere.

Ero rimasta aggrappata a lui, mi lasciai cullare dalla corrente e dalle sue braccia.

E lui mi assecondò, rimanemmo in balia del silenzio e di noi stessi.

Sentendomi pronta, avevo deciso poi di liberarmi dalla sua morsa, di iniziare a nuotare liberamente.
Ci eravamo lavati a vicenda, le mie mani e le sue, avevano aiutato a ripulirci dalle tracce della nostra passione.

Avevamo riso e giocato, continuavo a gettargli sul viso schizzi d'acqua, a nuotargli intorno, a sfuggirgli nel momento nel quale aveva deciso di acciuffarmi, a ridere con lui quando avevano iniziato a ricadere quelle fastidiose e inopportune goccioline di pioggia.

Decidemmo di uscire, nonostante quella pioggia si divertisse solamente a solleticare la nostra pelle, già bagnata.

Ruslan si era rivestito svogliatamente, sembrava non volesse andar via.

<< Ti amo, India >> mi aveva sussurrato, guardandomi negli occhi.

Ero rimasta nuda a guardarlo, ammaliata dai suoi movimenti.

Mi morsi un labbro, incredula e in estasi per quella confessione.

Pensavo non me lo avrebbe mai detto, avevo creduto di essermi sbagliata.

<< Allora... sono io quella ragazza? >> gli chiesi, stupendomi per la mia audacia.

Lui inarcò un sopracciglio, chinandosi per raccogliere la mia fedele camicia bianca.

Me l'abbottonò con una lentezza snervante, sembrava non volesse lasciarmi andare.

<< Quale ragazza? >> aveva detto poi, con fare rilassato.

Alcune goccioline gli pendevano dalle lunghe ciglia, le fissai fino a quando non si abbatterono sull'erba.

<< La ragazza che sembrerebbe averti mandato in confusione, te ne ho sentito parlare >>.

Si fermò, gelandosi all'istante.

<< Che cosa? >> domandò, stranito.

Mi guardai intorno, la pioggia aveva iniziato a cadere incessante, un vento freddo e ostile aveva iniziato a scombussolare gli alberi, abbattendosi ferocemente su di noi.

Era alle porte un potente temporale, eppure io e Ruslan eravamo fermi su quella riva.

Immobili, dinanzi alla mia rivelazione.

<< So davvero tutto, Ruslan >> gli dissi, malinconica.

La tempesta che arrivava dall'orizzonte emulava il mio tornado emotivo, accolsi la pioggia e mi preparai ad uno scontro maggiore.

<< O forse dovrei chiamarti Dottor Kozlov >>.

E in un attimo, tutto cambiò.

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