Capitolo 45

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Guardavo la nostra casa, circondata dall'erba e dalla quiete più assoluta.

Il vento sibilava labile, il canto degli uccellini si udiva fragile e delicato.

Mi lasciai cadere nel verde, sedendomi sulla riva del lago per bagnarmi le gambe con l'acqua fresca e limpida.

Quel pomeriggio, il lago sfavillava come se avesse avuto imprigionate al suo interno migliaia di stelle.

Mi lavai aiutandomi con le braccia, sfregavo decisa le mani sulle mie gambe, lenendo e curando le ferite.

Un istinto primordiale mi suggerì non fossi sola.
Mi ritrovai a guardare Ruslan, dietro di me.

Mi studiava nell'oscurità, era rimasto avvolto dall'ombra e dagli alberi che celavano la sua figura.

Il vento scompigliava i pensieri e i capelli, ci invitava ad agire, prima che fosse stato troppo tardi.

All'orizzonte, nuvoloni carichi di pioggia erano pronti ad incombere su di noi.
Iniziò a fare freddo, d'istinto incrociai le braccia al petto.

Ruslan fece per venirmi incontro ed io di scatto arretrai, a pochi passi dal lago.

<< Perché? >> gli chiesi, esausta.
Avevo le gambe bagnate, la camicia che aderiva all'estremità, rivelando la pelle fradicia.

Tremavo in tutto il corpo, il cuore minacciava di cedere.

<< Così potrai prendermi nuovamente in giro? >> dissi ad alta voce.

<< India >> Ruslan continuò ad avanzare, con le mani in segno di resa.

<< Non possiamo, è una follia >> ammise, attirando la mia attenzione.

<< Cosa è una follia? >> gli andai incontro, furente di rabbia e di... desiderio.

<< Noi, tutto quanto >> constatò, finalmente.

Scossi la testa, trattenendomi dall'urlare.
Fui tentata realmente dal farlo: desiderai piegarmi a terra e gridare, fino a perdere la voce.
Eravamo davvero  troppo vicini, e così come lui mi invogliava a fare delle cose, anch'io lo sfidavo, invitandolo a reagire. Lo vedevo perdere poco a poco il controllo, abbandonare i dubbi e le incertezze.

Il cielo sopra di noi iniziò a piangere. Piccole e grandi gocce di pioggia caddero leggere, nella radura incantata.

<< Giorni fa mi hai detto di lasciarmi andare, di vivere il presente. Perché non proviamo a... >> non feci in tempo a terminare quella frase, perché Ruslan mi attirò forte a sé, afferrandomi i capelli e costringendomi a guardare in alto, verso di lui.

Gemetti.

Ma non ebbi il tempo di assimilare quell'emozione, Ruslan strappò via la mia veste, che sprofondò nell'erba sottostante.

Nuda difronte a lui, difronte la mia rovina.

Mi baciò violentemente.

Sembrava che la sua fosse un'esigenza che aveva da tempo, vidi Ruslan assaporare la mia pelle bagnata. Iniziai a sbottonargli i pantaloni, notando ancora una volta la sua erezione.

Mi fece sentire il suo vigore tra le cosce, ed io tremai per quel piacere inaspettato. Ruslan accarezzò il mio petto, indugiando sui miei seni, delimitando il contorno dell'areola e mordendo dolcemente. La sua mano scese fino ad arrivare alla mia cavità più nascosta.

Mise le sue dita dentro di me, ed io mi contrassi per quella piacevole tortura.

Ero oppressa dalla sua ombra, schiacciata da quell'uomo sublime che mi aveva rapito anima e corpo.

Sembrava un diavolo, per certi versi.

Un incantevole mostro che mi aveva condotto al peccato e alla rovina.

Fui brutalmente percorsa dalle sensazioni.
Dalla paura di star sbagliando, dal timore di pentirmene, in futuro.

Dipendevo dal suo tocco, ero una bambola nelle sue mani.

La sua bambola.

Mi accovacciai sull'erba ispida, mi aveva portato lui a farlo, premendo sulla mia spalla affinché andassi giù.

Ero in attesa della gioia e del calore, aspettavo di provare il piacere dell'essere dentro di lui.

Ci guardammo negli occhi, mi specchiai nelle sue iridi.

<< Hai paura? >> mi chiese, notando fossi lievemente pallida.

<< No, non ho paura di te >> sussurrai, abbassando lo sguardo.

<< Allora perché fermarsi adesso? >> domandò, con l'espressione corrucciata.

<< Non mi sono fermata, voglio che continui. Voglio farlo con te, di nuovo >> mormorai, con gli occhi incollati ai suoi.

<< Eppure, adesso hai scoperto chi sia realmente. Davvero tutto questo non ti fa paura? >> domandò, turbato.

<< Mi fa paura perderti, Ruslan >> e in un attimo, fu dentro di me.
Le sue spinte furono forti, al punto da fare male. Ed io assecondai la sua furia, mi persi dentro di lui.

Ad ogni affondo mi avvicinavo a quell'agognata libertà, ad un mondo utopico, nel quale io e Ruslan avremmo potuto stare insieme.

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