Capitolo 35

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Un amore proibito. Impossibile. Era questo il mio triste destino: amavo incondizionatamente un uomo che non ricambiava.

Avevo scelto di rimanergli accanto, di rischiare la vita, di donargli la mia.

Rimanevano quattro giorni alla fine del mese e mi chiesi cosa avrebbe fatto Ruslan. Ebbi paura mi lasciasse morire, da sola. Ma soprattutto, ebbi paura di non rivederlo più. Quel pensiero mi spaventò terribilmente.

Aveva detto di volermi portare a conoscere la sua città natale, in Russia. Confessato di amarmi, anche se in una forma diversa. Avevamo riso, discusso, condiviso momenti che non avrei mai dimenticato. Dei momenti che forse, sarebbero stati gli ultimi.

Clara aveva ascoltato paziente il mio racconto, senza mai intervenire.

Quel giorno, mi confidai con lei. Le spiegai del mio rapporto con Ruslan, le dissi che probabilmente sarei stata uccisa dall'uomo che amavo.

<< E' più dura di quanto pensassi, dovrai star soffrendo molto >> disse, preoccupata per me. La vidi incupirsi, i suoi occhi si fecero più spenti e malinconici.

<< Deve essere difficile, mi dispiace >> aggiunse, turbata dal mio racconto.

Stava iniziando a fare buio, presto il cielo si sarebbe coperto di stelle. Avremmo dovuto trovare un riparo per la notte, forse avremmo potuto raggiungere la mia nuova casa, il mio rifugio.

<< Mi ci sono abituata, credo >> dissi alzandomi, cercando di ripulire la mia giacca dai numerosi filamenti d'erba.

Clara mi seguì, spaesata.

<< Andiamo già via? >> mi chiese, rattristata e delusa. Ed io non capii il perché di quella reazione. << Sì, pensavo di tornare a casa >> annunciai, decisa. Ed ero realmente intenzionata a fare ritorno a casa, da Ruslan. Poi, vedendola nuovamente corrucciare il volto, aggiunsi: << Puoi venire anche tu, se lo desideri. Potrei... presentartelo >> quello fu un invito sincero, volevo davvero venisse con me.

Era come se quella ragazza mi desse una forza straordinaria, mi fidavo di lei. Mi fidavo ciecamente. Non c'era malizia nei suoi occhi, soltanto una sincera voglia di aiutarmi.

Sentivo mi voleva bene.

Ero curiosa di sapere cosa ne pensasse di Ruslan.
Probabilmente, vedendolo si sarebbe fatta maggiormente un'idea. Durante il mio racconto, non aveva espresso un vero e proprio parere, sembrava anche lei molto combattuta.

Semplicemente, mi aveva ascoltato in silenzio.

<< Vivete insieme? >> i suoi occhi si fecero più grandi, sbiancò leggermente in viso. Mi prese entrambe le mani, guardandomi fermamente. Sembrava avvilita.

<< Sì >> annuii. << Lo stargli vicino rende le cose meno difficili, mi aiuta ad accettare meglio il mio destino >> le spiegai. Avevo bisogno di rimanergli accanto, per comprendere le sue scelte.

Quel giorno avevo capito quanto fosse importante per me. Quanto avessi bisogno di lui. Quanto mi sentissi sola, in sua assenza.

Ruslan aveva colmato il vuoto invalicabile della mia vita, messo la mia esistenza in discussione. Grazie a lui, riuscivo a dare un senso alle cose.

<< Vieni con me >> cercai di convincerla, stringendo le mie mani alle sue. << Mi piacerebbe se vi conosceste, mi piacerebbe tanto >> ammisi, speranzosa.

Vidi i suoi occhi impaurirsi, il suo corpo si irrigidì in modo convulso e inevitabile. Le nostre mani si separarono, Clara crollò bruscamente a terra, sofferente. Si premette le mani su di un fianco, cullandosi per sopportare meglio il dolore.

<< Clara, Clara! >> mi chinai con lei, cercando di capire la causa scatenante di quel male. Inorridii, quando la vidi. Scostando il suo abito chiaro, la pelle era di un colore violaceo, con sfumature tendenti al nero. Quella macchia le partiva dalle cosce per arrivarle appena sotto il cuore. Ne ricopriva il lato sinistro, era un minaccioso presagio di morte.

<< Aiutami, ti prego... >> farfugliò lei, angosciata. << Non voglio morire >>. La vidi piangere, le lacrime sgorgarono incessanti, nel silenzio clamoroso della notte.

L'oscurità aveva preso il sopravvento, la penombra spaventava e rendeva inquieti.

Una sensazione di impotenza mi rese inerme. Mi pietrificai dinanzi a lei, cercando di trovare una soluzione.

Il mio piccolo fiore non poté nulla, il suo male sembrava incurabile. Iniziava ad estendersi sempre di più, la sua colorazione aumentava man mano di intensità.

Udii il suo respiro farsi debole, spezzato.

<< Andrà tutto bene >> la rincuorai, nonostante i miei dubbi. Nonostante tutto, volevo si sentisse al sicuro. Illuderla che ce l'avremmo fatta, nuovamente.

<< Respira, coraggio respira >> le sussurrai, iniziando ad inspirare ed espirare profondamente, sperando mi imitasse. Insieme, in quell'oscurità, provammo ad ingannare il tempo, a ritrovare una sorta di serenità.

Quando il suo respiro tornò regolare, la rassicurai: << Dobbiamo tornare a casa, Ruslan potrà darci una mano >>.

Ruslan. Lui avrebbe potuto curarla, ne fui sicura.

<< No! >> si irrigidì, notai che aveva ripreso a tremare.

<< Non riesco a muovermi, non posso >> mi avvertì, singhiozzando.

Le scostai una ciocca di capelli, per vedere meglio il suo viso. << Allora andrò a chiamarlo, lo porterò qui >> fui irremovibile, era quella la cosa giusta da fare. Ruslan l'avrebbe aiutata, esattamente come aveva fatto con me, infinite volte.

Crebbe in me la rabbia, desiderai possedere il dono della velocità quando la sentii mormorare: << Fa presto, ti prego >>.

La sua voce era un labile sussurro, si dissimulò nel vento.

La guardai un'ultima volta, poi mi voltai e... iniziai a correre.

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