Capitolo 14

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<< Come hai potuto farlo? E' una cosa spregevole, per Dio! >> sibilai sconcertata, in presenza di un tale abominio.

Provavo una sorta di repulsione, un sentimento che andava ad intensificarsi con il passare dei minuti.

Senza rendermene conto mi accovacciai accanto alla creatura, che giaceva inerme con gli occhi aperti e... spenti.

La vita, ormai, aveva smesso di scorrere nelle sue vene. Un animale così bello eppure così vuoto. Vuoto, perché non avrebbe più corso né goduto di qualsiasi altra bellezza.

Semplicemente aveva smesso di esistere e dovevo accettarlo.

<< Non ho avuto scelta, ho dovuto farlo >> tentò di giustificarsi lui. Ma non c'era nessuna giustificazione valida che tenesse o che cambiasse l'evidenza dei fatti.

Ruslan era come un'ombra dietro di me, pronto a studiare ogni mia mossa. Piegata sulle ginocchia, avevo le braccia incrociate e il capo chino, come a scusarmi con quella bestiola.

Quando mi posò la sua mano sulla spalla, ci ritrovammo avvinghiati l'uno dietro l'altro. Sussultai per quel contatto inaspettato. Fu tremendo.

Tremendo, perché trovavo una sorta di conforto nelle sue braccia, malgrado ogni cosa.

Accovacciati entrambi, era come se la sua figura fosse pronta ad inghiottirmi. Ero troppo piccola, troppo debole ed impaurita per contrastarlo.

<< Sei un mostro >> sibilai, a denti stretti. Scossi la testa in modo meccanico, in segno di disapprovazione.

<< Era già morto, aveva una ferita alla gamba. In ogni caso ci avrebbe lasciato >> spiegò, stringendomi in modo eccessivo. Tremai tanto, ma non per le motivazioni giuste.

<< Gli ho solo semplificato le cose >> approfondì poi. Avvertii il calore del suo petto, le gambe serrarsi intorno alle mie. Ero combattuta, di nuovo. Come se la testa ed il cuore fossero scollegati. Se la testa mi negava di provare un simile piacere in sua presenza, il cuore fremeva per la passione che mi legava a quell'uomo così misterioso e affascinante.

Il mio cuore e il mio corpo.

Sentii gli appartenessero, comunque sarebbe andata a finire.

<< E a me, le semplificherai le cose? >> balbettai, in preda all'agitazione. Odiai l'effetto che aveva su di me, quel potere che aveva di intimidirmi.

<< Vedremo >> scandì. Accarezzò la folta chioma di onde che mi ricadeva sulle spalle, un gesto intimo che gli veniva naturale fare.

<< Con te... >> iniziò a dire, con la voce bassa e ammaliante. Ero ormai dipendente dalle sue parole, adoravo il suono che le scandiva, la dizione eccelsa che lo contraddistingueva. Lo avrei ascoltato per ore.

Sempre.

<< Con te, c'è speranza. Tu non sei ancora morta, almeno non del tutto >> confessò Ruslan.

Che?

Un lieve sorriso gli si pronunciò sulle labbra, senza coinvolgere gli occhi. Sembrava assorto nei suoi pensieri ed ebbi come la sensazione che questi, fossero rivolti a me.

Piccole bollicine comparvero su di me, la pelle d'oca rendeva chiaro il mio stato d'animo. Non volevo vedesse quanto fossi vulnerabile e la cosa peggiore era che non avevo scelta.

Avrei dovuto stargli accanto, solo così avrei avuto qualche possibilità.

Ruslan aveva cambiato qualcosa in me. Aveva riaperto quella voragine nel mio petto che speravo fosse chiusa.

Non avrei trovato riparo da lui nemmeno volendolo. Anche scappando, lui sarebbe rimasto con me, nei miei pensieri. Avrei continuato a pensarlo, a desiderarlo, ad amare come il mio corpo reagiva al suo.

Era una presenza importante nella mia vita, un'ombra troppo grande da sconfiggere. Potevo solo soccombere.

Le sue mani lavoravano i miei capelli, pettinandoli amabilmente. Somigliava ad un padre amorevole ed io alla sua bambina spaurita.

Ma lui non era un padre amorevole. Ed io non ero la sua bambina.

Come vittima di un incantesimo, rimasi in balia del suo tocco abile ed esperto.

<< Sono sicuro che, da brava, mi dirai quello che devi. A piccoli passi, chiaramente. Prenditi tutto il tempo che... >>

<< Io non sono morta e... sto bene così, g-grazie comunque >> lo interruppi, impacciata. Odiavo la sicurezza che aveva nel parlarmi, la totale freddezza che lo caratterizzava.

E mentre lui era un blocco di ghiaccio, io ero un'incendio divampante.

Perché ardevo violentemente. Ma a lui non sembrava importare più di tanto.

<< Lo sai cos'é che amo più di te? >> continuò ad infierire, distaccato. Ero come stregata dalle sue parole, avevo nel petto un magone troppo grande da gestire.

<< La tua totale ingenuità, è questo che ti rende così speciale >> finì per dire, con aria vagamente divertita.

Un uccellino si posò accanto a noi, osservando giacere il gigantesco cervo bianco che lo avvertiva a gran voce dei pericoli che avrebbe corso. Zampettò su di lui, perlustrando il manto morbido e delicato, fino ad arrivare alla pozza profonda e oscura che rivelava le sue carni. Si macchiò di quel sangue denso, sporcandosi il corpicino azzurro. Si colorò di morte e disperazione ed io lo osservai, come ipnotizzata.

Respirai debolmente, provata da ciò che vedevo. Ruslan capì il mio disagio e mi incoraggiò, sussurrandomi parole gentili.

<< Non finirai come quell'esserino, te lo prometto >> continuò a ripetermi. E io non sapevo se credergli. Avvertivo il suo profumo inebriante, la sua presenza dietro di me mi rassicurava e angosciava al tempo stesso. Perché non sapevo se fidarmi. Quelle braccia vigorose avrebbero potuto fare solo due cose: aiutarmi oppure... uccidermi.

Quando lo vidi riprendermi in braccio lo assecondai, come del resto avevo fatto nei giorni precedenti. Gli avevo donato la mia vita e spettava soltanto a lui capirne l'importanza.

Io non ebbi più la forza di lottare, almeno non fisicamente.

<< Non. Devi. Avere. Paura >> scandì e mi sembrò che me lo stesse ordinando più che suggerendo.

<< Se non ti lascerai andare, ne morirai. Te lo garantisco >> mi assicurò, brutale.

Non c'erano né bontà né gentilezza nella sua voce. Doveva essere esasperato e forse, aveva ragione. Stavo dando completamente di matto.

Ma non potevo farci nulla, non sarei riuscita a fare quello che mi chiedeva. Forse, non ero pronta per quel cambiamento. E in fondo, chi mai lo é davvero?

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