Capitolo 44

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Erano passate diverse ore dalla mia assenza, gli orologi della casa segnavano le dodici della mattina. Erano le dodici dell'ultimo giorno del mese.

Il mio ultimo giorno.

Il sole rischiarava e confortava, i raggi penetravano dalle vetrate illuminandomi il cammino.

Intimorita e con il cuore in gola, la mente ordinò alle gambe di percorrere i numerosi gradini che mi separavano da lui.

Degli scalini piccoli, incastrati nella pietra scura e tra pareti opprimenti.

In basso e con la testa rivolta verso l'alto, vidi la porticina dietro la quale c'era l'uomo che mi aveva cambiato, per sempre.

Arrivata in cima, avvertii il mio mondo cadere in pezzi. Tremavo irrimediabilmente, la testa vorticava e doleva, le gambe e i piedi erano coperti dai lividi che mi ero provocata nella foresta.

Mi strinsi nella mia camicia bianca, dopodiché entrai.

La stanza degli specchi era avvolta da una luce violenta, mi coprii gli occhi, accecata dal tanto chiarore.

Le sculture di cristallo erano state distrutte, camminavo tra i loro frammenti che brillavano nella loro purezza.

Non c'era nessun elemento, statua o pendente che fosse rimasto integro.

Era stata demolita ogni cosa, mi addentrai nella disperazione più assoluta.

<< India >> mi chiamò Ruslan, a gran voce.

Era chinato sul corpo senza vita di una ragazza, una delle tante che avevo visto ore prima, con lui.

Per un attimo ebbi paura di essermi sbagliata su di lui, e che in realtà quella ragazza tanto discussa e frutto della sua infelicità, non fossi io.

Indossava un abito scuro, in raso.
La sua giacca gli fasciava il petto, i pantaloni gli ricadevano morbidamente sulle scarpe eleganti.

Quella ragazza era riversa sul pavimento, nuda e ricoperta di lividi.

I capelli biondi si adagiavano sulle braccia di Ruslan, che continuava a reggerla, invano.

<< C-cosa è successo? >> chiesi, con gli occhi fissi nei suoi.
Lui mi guardò cupo, non si aspettava fossi lì, non voleva guardassi quella scena orrenda.

<< India >> mi chiamò, scandendo piano il mio nome.

<< Ruslan >> ribattei, cercando di trattenere le lacrime.

Era tutto così chiaro, ormai.

Assistemmo insieme alla ripresa di quella ragazza, che lentamente tornò alla vita.
Guardai la giovane destarsi dalla sua morte apparente.

<< Oh, Ruslan >> mormorò la sconosciuta, attirandolo forte a sé e abbracciandolo felice. Piangeva e singhiozzava dalla gioia.
Lui ricambiò il suo gesto, le accarezzò i morbidi capelli sorridendole teneramente.
Si tolse la giacca per porgergliela, la vidi vestirsi di lui.

I suoi occhi erano rivolti a lei, cercai invano di nascondermi, dietro una statua rotta e opaca.

Ero così invidiosa, volevo che Ruslan riservasse quelle attenzioni soltanto a me.
Invece, era circondato da così tante ragazze che come me, avevano un debole per lui.

E quei gesti, così avvenenti e premurosi erano destinati anche a loro, ad ogni persona lui incontrasse.

Mi sentii vuota e triste, Ruslan mi aveva reso così dipendente, da lui.

Feci per andarmene, sentendomi profondamente a disagio.

Sentivo freddo, quelle scale ondeggiavano pericolosamente ed io mi sentii mancare, le gambe cedettero dopo poco.
Eppure ad attendermi non c'era la pietra fredda e pericolosa delle scale.

Ruslan mi aveva presa, mi stringeva furiosamente.
Respirai a fatica, invasa dalla mia Macchia Nera.

Mi abbandonai tra le sue braccia, piangendo e maledicendo le stelle.
Non avremmo mai dovuto incontrarci, non sarebbe dovuto accadere nulla tra noi.

Ma il destino era malvagio e spietato, aveva deciso fosse giusto così.

<< Io... >> feci per iniziare a parlare. Eppure, nel momento in cui i miei occhi spaventati avevano incontrato i suoi, tutte le mie certezze erano venute a mancare, di nuovo.
Mi strinsi nelle spalle, abbassando il capo e lasciandomi avvolgere dalla sua essenza, dal profumo inconfondibile della sua pelle. Lo avrei riconosciuto fra milioni.

<< Oggi è il nostro ultimo giorno, insieme >> Ruslan mi distolse dai miei pensieri e dall'incertezza che avevo nel rivelargli ciò che avevo scoperto.

Mi mancava l'aria, il cuore era lacerato dalle spine del mio tormento.
Non ci saremmo mai più rivisti, quel pensiero mi gettò in uno stato di angoscia, mi distrusse completamente.

<< Sono io quella ragazza >> avevo mormorato, in preda alla disperazione.

Piccole ciocche di capelli mi si erano appiccicate alla fronte, Ruslan me le scostò per guardarmi meglio.

<< Cosa? >> aveva detto, confuso.
Eppure quella ragazza dovevo necessariamente essere io, mi aggrappai a quella convinzione con tutta me stessa.

<< Sei innamorato di me anche tu >> dissi, ostinata.

Gli occhi incrociati ai suoi, in quel momento brillai della mia sicurezza.
Mi lasciò andare, accertandosi che mi reggessi ai gradini sottostanti.

Ruslan apparve combattuto, soppesò il mio bisogno di sapere.
In quella penombra, lo sentii sospirare più volte.

<< Ne abbiamo già parlato, India >> mi disse, accarezzandomi il viso con il dorso della mano.

Desiderai morire tra le sue carezze, crogiolarmi nella sua stretta per sempre.
Ma lui sembrava respingermi, allontanare ogni possibile entusiasmo.

<< Allora... le cose stanno così >> constatai, delusa.

Mi girai per andarmene, avvertii gli occhi di Ruslan studiarmi, sentivo il suo sguardo su di me.

I miei piedi entrarono in contatto con quel freddo familiare, mi aspettai di essere rincorsa, credevo che Ruslan sarebbe venuto a prendermi.
Al contrario, se n'era andato. Quando terminai di scendere le scale, mi ero voltata notando la sua assenza.

Così, aveva deciso di tornare da quella ragazza, lasciandomi assorbire la mia pena.

Vagai in quella casa sola, tramortita dalle mie emozioni.
Ero risentita, arrabbiata, grata... perché nonostante tutto, Ruslan mi aveva fatto riassaporare quella felicità perduta.

Mi sarebbe piaciuto continuare a stargli accanto, a vivere di lui.

La nostra storia era iniziata nel peggiore dei modi: avevo provato un'avversità che man mano si era trasformata in un sentimento troppo grande da gestire e troppo bello per essere vero.

Ruslan mi aveva reso consapevole, mi aveva aiutato a conoscermi meglio, a scoprire quei lati insoliti di me e del mio carattere, che erano rimasti assopiti per troppo tempo.

Mi aveva reso donna, in un certo senso.

Quella riflessione aleggiò pesante, dentro di me.

RiflessiWhere stories live. Discover now